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Ischia, dal Tar stop alle pretese creditorie sul patrimonio del Comune

Una sentenza che potrebbe segnare una significativa inversione di tendenza, quella emessa dall’ottava sezione del  Tar. Il Comune di Ischia, difeso dall’avvocato Agata Banfi, ha visto riconosciuta l’improcedibilità di un ricorso inoltrato da un creditore dell’ente che puntava a ottenere la possibilità di aggredire il patrimonio comunale per veder soddisfatta la propria pretesa, nonostante  quest’ultima fosse relativa a una fattispecie antecedente alla dichiarazione di dissesto. L’ente di via Iasolino, come si ricorderà, negli anni ’90 aveva dichiarato il dissesto finanziario. In casi del genere, fino a tempi recenti la possibilità di aggredire le risorse della gestione ordinaria del patrimonio veniva spesso e volentieri accordata dalla magistratura amministrativa: diverse volte infatti il Comune di Ischia era stato condannato a pagare taluni creditori, per delle somme che riguardavano il dissesto. Alcune sentenze del Tar, risalenti agli anni 2011 e 2012, avevano infatti stabilito che il dissesto era da considerarsi chiuso, e che quindi fosse nuovamente aggredibile il patrimonio dell’ente, e non solo la massa passiva.  Di segno completamente opposto la sentenza che andiamo a illustrare. L’avvocato Banfi con un articolato studio  aveva accuratamente ricostruito e dimostrato come il dissesto del Comune tecnicamente non possa affatto considerarsi chiuso, e che quindi i creditori del dissesto non possono aggredire l’ente come è avvenuto in passato.

Il creditore in questione aveva inoltrato ricorso due anni fa affinché il Tar ordinasse al Comune di dare esecuzione a una sentenza del 2003 emessa dal Tribunale di Napoli con cui l’Amministrazione comunale era stata condannata a pagare in suo favore la «somma di € 21.225, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza sino al soddisfo, nonché al pagamento degli interessi legali sulla somma di € 13.134,62 con decorrenza dal 12.2.1993 sino al soddisfo, nonché al pagamento della somma di € 14.413 con gli interessi legali dal 12.2.1993 sino al soddisfo». Febbraio 1993, per inciso, è la data del dissesto.  Da parte sua il Tribunale amministrativo ha ritenuto ammissibile il ricorso. Il Comune di Ischia, tramite il proprio legale di fiducia, depositò una memoria difensiva che dimostrava come la procedura di dissesto sia tuttora aperta. Nel 2006 la gestione del dissesto era passata al Comune, ma ciò non significava affatto che l’ente fosse tornato “in bonis”, anche perché presso lo stesso ente è stato poi istituito l’Ufficio Gestione Stralcio della Liquidazione del dissesto, che continua tuttora ad operare, fino all’approvazione del rendiconto di gestione. Che non è ancora avvenuta. Il punto focale è proprio questo: il Testo unico degli enti locali stabilisce che «dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione».

La finalità della disposizione, che regola le conseguenze della dichiarazione di dissesto, è proprio quella di paralizzare, sia pure temporaneamente e fino a quando non sia maturato il presupposto di legge (cioè l’approvazione del rendiconto), le iniziative esecutive dei singoli creditori che possano determinare un’alterazione della “par condicio credito rum”.  Il giudizio di ottemperanza proposto dal creditore,  secondo il Tar è equiparabile al giudizio di esecuzione e pertanto rientra nell’ambito di applicazione della  procedura di dissesto, dove la tutela della concorsualità blocca anche il ricorso di ottemperanza, che costituisce misura di soddisfacimento del singolo creditore. Nel caso in questione, il credito è relativo a  una fattispecie antecedente rispetto alla dichiarazione di dissesto, e il Tar ha quindi ritenuto che non è consentito al creditore dell’Amministrazione di agire in sede giurisdizionale con le “azioni esecutive”, in quanto la sua soddisfazione deve aver luogo nell’ambito di una procedura amministrativa concorsuale, dichiarando  l’improcedibilità del ricorso.

La sentenza  costituisce un importante precedente giurisprudenziale: d’ora in avanti le casse del Comune saranno protette da ogni contenzioso inerente la massa del dissesto. Il Tar Campania ha dunque cambiato orientamento, mentre in passato aveva spesso e volentieri “bacchettato” il Comune, come aveva fatto ad esempio con la sentenza n. 2819 del 2011 e la n. 5132 del 2012. Un mutamento  oltremodo significativo, perché potrebbe avere ripercussioni anche negli altri Comuni alle prese col dissesto, primo fra tutti quello di Lacco Ameno, che ha dato mandato ai propri legali di agire contro il tesoriere che aveva liquidato alcuni debiti che erano da ascrivere alla massa del dissesto.

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Francesco Ferrandino

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