CULTURA & SOCIETA'

Ischia bella ma anziana e malata, che premio per Marco Trofa

Il giovane studente ischitano tra i premiati al concorso denominato “Città e Lavoro: le mie idee” con un racconto breve dedicato all’isola: il bando di concorso era stato promosso da Orientasud in collaborazione con Italia Education

Il giovane studente ischitano Marco Trofa ha conquistato un prestigioso premio nell’ambito del concorso denominato “Città e Lavoro: le mie idee”. Lo ha fatto con il suo racconto, breve ma particolarmente significativo dal titolo “Ischia: una bella signora, ma anziana e malata”. Il bando di concorso era stato promosso da Orientasud in collaborazione con Italia Education  ed era rivolto agli studenti delle classi IV e V di ogni ordine e grado della Regione Campania. L’obiettivo era quello di invogliare i giovani a riflettere e manifestare le loro idee ed aspettative in relazione ai temi del lavoro e del territorio di appartenenza. La commissione esaminatrice ha vagliato gli elaborati ed ha premiato i primi quattro con una borsa di studio di 250 euro, ebbene il primo classificato è risultato essere proprio il racconto di Marco Trofa, il cui risultato è stato dedicato all’amico compianto Michele Monti, scomparso in occasione della drammatica frana del 26 novembre 2022. Ecco il testo integrale del racconto del giovane studente ischitano:

ISCHIA: UNA BELLA SIGNORA MA ANZIANA E MALATA 

Racconto breve di Marco Trofa, IV A AFM I.T.S. “E. Mattei”- Casamicciola Terme, Ischia.

“Per benedire questo paese, le sue vendemmie e agli uomini Che lo chiamano casa loro Sebbene non sempre si possa. Ricordare esattamente perché si è stati felici. Non ci si dimentica di esserlo stati.” Wystan Hugh Auden, 1958, da “Addio al Mezzogiorno”

Si pensi oggi ad Ischia come una bella signora che conta nella sua storia una miriade di episodi, tanto da far invidia al mondo intero. Fece innamorare di sé gli antichi Greci che, nel VII secolo a.C., la elessero come loro primo insediamento nell’Italia meridionale, il primo della Magna Grecia. Ischia ha viaggiato nel tempo e nello spazio. Lo ha fatto: con i Greci vestendosi di Πιθηκοῦσσαι, con i Romani cambiando in Ænaria, con i turchi facendosi saracena, con i francesi rendendosi angioina, insieme agli spagnoli mutando in terra aragonese, sposando Napoli diventando borbonica, con Garibaldi unificandosi al Regno di Savoia, con il Duce indossando la camicia nera e facendosi bombardare dagli inglesi durante la guerra. Poi l’ultimo capitolo: i partigiani, la Repubblica, la democrazia, la libertà; il capitolo di adesso. Non si è fatta mancare nulla, tanto da far arrivare a scrivere di lei nell’agosto del 1954 di essere la “nuova Milano in miniatura”, cedendo alle mode, al boom economico, alla dolce vita. Si è fatta culla, trampolino di lancio e palco per Peppino Di Capri, Fred Buongusto, Modugno, Mina e Battisti. Si è interessata anche al cinema di quegli anni con Gassmann, Visconti, De Sica e Totò. Ha pensato a chi votare ascoltando chiacchierate e comizi di Andreotti, Leone, Colombo, Moro e altri ancora.

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Ha dato il pane quotidiano ai suoi figli, li ha svezzati con un ottimo bicchiere di Biancolella, li ha saziati con il coniglio alla cacciatora alla domenica. È stata inferno: la peste, le eruzioni, i terremoti che l’hanno fatta odiare da Benedetto Croce, preoccupando finanche Giuseppe Verdi, e, non ultime le frane che l’hanno ricoperta di fango. Ha profumato di santità facendosi scegliere da Santa Restituta come porto sicuro dopo il martirio, rendendo un suo umile figlio un santo, Giovan Giuseppe, e ospitando addirittura un Papa. Chiunque al suo posto si sentirebbe ricchissima: non c’è cosa che questa signora non possa raccontare di sé. Bisognerebbe utilizzare le parole di Battisti per fare una domanda severa ad Ischia: “Come può uno scoglio arginare il mare? Come può mai Ischia sottrarsi al mare di problemi che la circondano?” Saggiamente risponderebbe che, forse, sottrarsi totalmente alle controversie è impossibile, ma per certo queste possono essere debellate, se prese in considerazione con il dovuto anticipo. Di certo avrebbe tanto altro da aggiungere alle sue parole. Ischia oggi direbbe, nella lingua che ha imparato con i Borbone, che ‘na mamma campa ciento figli e che ciento figli nun campano ‘na mamma. Lo direbbe ormai stanca. Lo direbbe ormai anziana. Lo direbbe ormai malata. Ischia chiamerebbe il 118 consapevole di avere una sanità agonizzante, ipocritamente rianimata da promesse elettorali fatte in suo nome; sanità che davanti ad un tumore dimostra di non avere tutti i mezzi per assicurare delle giuste cure.

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Anzi che non vede altro se non personale che scappa, che va e viene, sostituito dopo appena un paio di mesi. Racconterebbe di un coma che rischia di diventare irreversibile per l’unico suo ospedale. Ischia scriverebbe in un tema sull’istruzione di sentirsi un po’ analfabeta, fortemente penalizzata da un’istruzione che soffre una carenza di docenti di ruolo, per non parlare, poi, della tragica condizione in cui versa l’edilizia scolastica. Ci racconterebbe che l’estate per gli studenti isolani è più lunga, perché la scuola inizia a pieno regime e con l’organigramma dei docenti al completo solo verso dicembre-gennaio e prima o sono supplenze o uscite anticipate. Ischia reciterebbe una severa arringa citando in giudizio quel che resta del suo tribunale. Avvalorerebbe la sua tesi menzionando udienze rinviate, giudici che non assicurano una continuità processuale, cancellieri assenti e l’esodo di avvocati e assistiti sulla terra ferma per elemosinare giustizia, un servizio essenziale. Ischia avrebbe il mal di mare nel raccontare dei trasporti marittimi che la collegano con il resto del mondo. Soffrirebbe per quel mare che è sua ricchezza e, al contempo, sua dannazione. Riconoscerebbe i professionisti e quanti, sacrificandosi quotidianamente, provano a darle l’indispensabile linfa vitale. Vergognandosene mostrerebbe la sua alopecia: la sua flora, il suo verde ammazzato dal cemento, a volte anche abusivo, e di pinete fantastiche abbandonate alla misericordia di un Dio che se n’è stufato anche lui. La fu “Isola Verde”, che di verde ne conserva ancora solo il suo tufo. Bestemmiando rinfaccerebbe l’assenza di buonsenso nel viverla. Mostrerebbe quella ferita che non si rimargina mai: le morti per incidenti stradali. Piangerebbe, ancora più forte di quanto già non faccia, contando i 120 morti sulle sue strade. Centoventi, ben 11 volte una squadra di calcio: uno sterminio firmato “Ischia”. Rimprovererebbe all’ischitano l’essere dannatamente “Cicero pro domo sua”, condizione che lo logora e distrugge. Ischia, senza vestire colori o ideologie politiche, tirerebbe in ballo rogne del calibro di aspettative per il futuro, di mondo del lavoro, di scelte politiche e coraggiose, di norme e fondi straordinari, di stabilizzazione al posto di proroghe e di un ritorno all’epoca della “nuova Milano in miniatura”, ma con il mare e il paesaggio che Milano non ha.

Tutto questo direbbe Ischia: tutto quello per cui dovrebbe combattere da tempo ogni ischitano. Ischia e i giovani ischitani, sempre per riprendere lo stile milanese, devono desiderare “un nuovo miracolo italiano” ma solo per l’Ischia del domani, per il loro futuro. Non più un’isola fruibile per i turisti solo in estate, ma un nuovo Eden da apprezzare, che riesca a nutrirsi dei frutti dei propri alberi. Un’isola che diventi vivibile anche nella stagione invernale per i suoi figli, senza lasciarli cadere nel baratro delle droghe, solo per provare quell’adrenalina e quello svago che la loro terra non riesce a garantirgli. Devono sperare in un’isola che faccia tornare a ballare i suoi figli riaprendo le discoteche che 50 anni fa, e più, hanno contribuito a scrivere la storia del by night ischitano. Devono volere, fortemente volere, degli stipendi che riconoscano il sacrificio e che incentivino la venuta dei professionisti sanitari, giuridici e dell’istruzione. Ad Ischia è necessario iniziare un lavoro per fare delle sue sei stoffe, ovvero dei sei comuni isolani, una veste unica, quindi un sistema di Comune Unico per tutta l’isola, suddiviso in sei municipalità.Altra esigenza è l’unificazione dei servizi e l’abbattimento delle frontiere amministrative sul territorio isolano che, ad esempio, fanno schizzare i prezzi delle tariffe dei taxi alle stelle o che paralizzano in parte il servizio di Polizia Municipale a causa di carenza di personale. Infine, bisogna chiedere la stabilizzazione di servizi come la giustizia e il potenziamento della principale struttura ospedaliera isolana. La politica, i sindaci, avvertono l’esigenza di fare fronte comune contro quel mare che cantava Battisti: che uno scoglio da solo non può arginare. L’ischitano deve volere, però, anche il suo cambiamento: un cambio di direzione rispetto alla mentalità ottusa del “si è sempre fatto così” o del “non cambierà mai niente”. Deve, in aggiunta, mettere in discussione il suo essere cittadino di una delle più belle isole al mondo. Amare Ischia. Questo deve fare l’ischitano. Che sia questo l’atto d’amore più romantico per Mamma Ischia: una bella signora, ma anziana e malata.

LO STUDENTE

MARCO TROFA

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