«Il turismo cambia e farà selezione naturale»
Meno italiani (e meno turismo di prossimità), più stranieri e un’inversione di tendenza sempre più marcata per Ischia. Ma la qualità che si alza a discapito della qualità rischia di mettere fuori gioco molte aziende isolane: di questo e di (tanto) altro abbiamo discusso con il presidente di Federalberghi Ischia, Luca D’Ambra
In un mese di agosto in cui negli ultimi decenni siamo stati abituati a parlare soltanto di turismo cafonal, ecco confermato il trend dell’estate 2023. Meno turismo di prossimità, più stranieri (anche giovani), insomma la marcata sensazione che il vento stia cambiando. E, ciliegina sulla torta, domenica mattina anche l’arrivo di una leggenda come Robert De Niro. Quali sono le prime impressioni?
«Beh, non posso negare che quanto hai appena esposto corrisponda al vero. Effettivamente siamo davanti ad una constatazione, quella di un mercato internazionale in continua crescita e di un mercato nazionale che continua a far registrare il suo calo. La logica conseguenza è che adesso, dinanzi a questi scenari, noi operatori dobbiamo modificare il nostro modo di ragionare e fare i calcoli sull’Adr, ossia sulla redditività della camera e non più sul numero di presenze che arriva sull’isola. Un numero che, appare evidente sin da adesso, a fine stagione farà registrare qualcosa in meno in termini di saldo rispetto allo scorso anno, ma è rappresentato sicuramente da un pubblico con una maggiore capacità di spesa. Il turista italiano purtroppo non soltanto in questo momento può spendere di meno, ma può permettersi anche un numero minore di pernottamenti. Quella attuale è una situazione chiara e cristallizzata. Adesso tocca a noi…».
In che senso?
«Questo dato, questo nuovo scenario, deve essere guardato con estrema attenzione ed è un qualcosa su cui noi dobbiamo lavorare con serietà. Molte strutture si sono già aggiornate e si stanno aggiornando in questa direzione, perché chiaramente c’è bisogno di investire e di migliorare sulla qualità dell’offerta. E, sono sincero, chi è riuscito a farlo sta già iniziando a raccogliere i primi frutti e risultati. Inoltre, anche la presenza sul territorio da parte di personaggi glamour o del jet set fanno il loro gioco e incidono favorevolmente non soltanto sul mercato turistico ma anche sull’immagine di Ischia».
Mi consentirà una domanda o meglio una riflessione un po’ provocatoria. Ci sono meno turisti, e questo lo si nota ad occhio nudo anche quando di passeggia la sera per strada. In molti, lei per primo, sostengono che si sia alzato il livello qualitativo. E allora mi domando e le chiedo: gran parte delle strutture ricettive isolane fin qui ha vissuto di quel livello che con la qualità appena descritta aveva marginalmente (se non nulla) a che fare. Andando dritto al nocciolo della questione, quanto rischia oggi chi non si adegua?
«Partiamo innanzitutto da un dato di fatto: oggi come oggi l’ospitalità rappresenta una autentica vocazione, se non ce l’hai nelle vene e nel dna non riesci a creare il prodotto, specialmente in una società come quella odierna che vive principalmente di emozioni. Chiaramente il mercato sarà spiegato, parliamo di un qualcosa che cambia e muta peppe costantemente, quindi non occorre la sfera di cristallo per capire che a breve termine ci ritroveremo davanti ad una inevitabile selezione naturale. Però…».
Però?
«Confido comunque in una generazione giovane che secondo me avrà la possibilità e la capacità di aggiornarsi. Ecco, forse potrà incontrare una maggiore difficoltà nell’imporsi all’interno di aziende familiari caratterizzate da vecchie logiche e parametri, ma questa la vedo come l’unica strada da percorrere perché allo stato attuale – e mi scuserete se mi ripeto – fare ospitalità vuol dire davvero sacrificarsi tanto. Attenzione, si badi bene: non voglio dire che fino a ieri sacrifici non ne siano stati fatti, ci mancherebbe, ma oggi è tutto profondamente diverso perché occorre cambiare pure la proprie mentalità di servizio. Insomma, per farla breve cose che fondamentalmente i nostri genitori ritenevano magari superflue, assumono adesso una valenza straordinariamente importante. E attenzione, il cliente (specie quello più giovane) spesso la ritiene pure sottintesa. Lo dimostra anche il fatto, testimoniato da numeri e statistiche, che il nostro target di ospite si sia sensibilmente ringiovanito: fino a pochi anni fa magari sull’isola avevamo la percezione che il senior fosse l’unica persona che riuscisse ancora a viaggiare e invece – contrariamente a tutte le previsioni – notiamo una percentuale che a volte arriva ad attestarsi anche tra il 25 e il 30 per cento».
In che cosa Ischia adesso più che mai deve essere pronta a svoltare e cambiare rotta?
«Ci sono delle necessarie riformulazioni da fare: bisogna in primis tenere in debita considerazione il fatto che il cliente oggi non sceglie l’albergo ma la destinazione, il territorio. Quindi è fondamentale che in questo momento il comparto turistico pungoli e faccia da traino verso le amministrazioni locali che purtroppo in questo momento continuano a prediligere la cura e la conservazione del consenso locale del cittadino anziché ragionare su un’economia turistica che poi è quella che ci fa andare avanti. Insomma, si lavori anche su una stagionalità che debba essere più ampia e magari pensiamo a spalmare gli eventi lungo periodi meno intasati. E dare anche un tocco diverso a questi appuntamenti rendendoli più internazionali. Un’ultima osservazione: in giro continuo a non vedere mai locandine in due lingue (quindi almeno anche in inglese) ma solo in Italiano. E questo oggettivamente lo trovo paradossale».