Il terremoto, l’emendamento e il mezzo pasticcio del Pd

La proposta dei democratici, pur riconoscendo il contributo di ricostruzione agli immobili condonati, sembra “dimenticare” la procedura della legge 47/85 per la definizione delle stesse istanze, rendendo più arduo, se non impossibile, il raggiungimento della sanatoria

La recente proposta di emendamento lanciata dal Partito Democratico al decreto legge del 24 ottobre 2019, n.123, recante “disposizioni urgenti per l’accelerazione e il completamento delle ricostruzioni in corso nei territori colpiti da eventi sismici”, è stata accolta con pareri contrastanti. Soprattutto, il punto più sensibile riguarda la possibile “riforma” di quanto previsto dal famoso articolo 25 della legge di ricostruzione post sisma. Finora, gli sforzi delle amministrazioni locali erano state tese a ottenere, nell’ambito degli edifici danneggiati dal sisma, la parificazione tra gli immobili legittimi e quelli legittimati da una successiva sanatoria ottenuta con istanza di condono. Lo scopo è evidentemente quello di consentire anche ai titolari degli immobili condonati di percepire il contributo di ricostruzione, in quanto dopo aver pagato gli oneri di sanatoria non è pensabile che i cittadini avessero tali e tante risorse per ricostruire senza un aiuto.

L’altra questione focale riguarda l’applicazione dell’articolo 17 comma tre della legge sulla ricostruzione n.109/2018. Con l’ordinanza commissariale numero 7 si riesce a finanziare la ricostruzione nelle zone dove non è necessaria la pianificazione. Invece, laddove tale necessità è presente, come nelle nostre zone rosse, l’ordinanza in questione aveva previsto una norma in linea di massima analoga a quella applicata nell’Italia Centrale, con la previsione di un organismo (che recepisce le direttive commissariali) chiamato a coordinare le attività di pianificazione, sempre sotto il controllo del Comune e della Regione.

La mancata previsione della procedura semplificata stabilita dalla legge “sul primo condono” complica enormemente l’iter per ottenere la legittimazione dell’immobile, requisito necessario per il contributo di ricostruzione, di fatto negandola in moltissimi casi

Adesso, abbastanza inaspettatamente, è arrivata la “proposta emendativa” dei democratici. Il problema, per così dire, di questa proposta è che si perderebbero tutti i benefici previsti dalla legge condonistica n.47 del 1985. Tra mille polemiche, l’isola aveva ottenuto che per tutte le tipologie di istanza di sanatoria (ai sensi delle leggi sul condono del 1985, del 1994 e del 2003) venisse utilizzata la procedura semplificata prevista nel 1985. Nella proposta PD, scompare questo riferimento alla legge 47/85, rendendo dunque molto più difficoltosa la possibilità di ottenere il condono per un numero rilevante di persone. Le procedure dell’85 consentivano di superare i problemi relativi alle difformità paesaggistiche, mentre quelle previste nelle leggi successive non lo consentono.

In sostanza, mentre da un lato si consente a coloro che hanno ottenuto il condono di essere parificati ai titolari di immobili legittimi e di poter così accedere al contributo economico di ricostruzione, dall’altro lato paradossalmente viene reso difficilissimo, quando non impossibile, il raggiungimento della sanatoria. Praticamente una previsione finirebbe per vanificare l’altra. È stata una manovra espressamente voluta, oppure si tratta di una disattenzione, magari dovuta alla non perfetta conoscenza della intricata materia?

Schilardi: «Nel testo si evince la buona volontà degli estensori, che hanno previsto il versamento del contributo anche ai “condonati”, ma paradossalmente sembrano aver dimenticato di fornire i mezzi ai cittadini per raggiungere la sanatoria»

Interpellato, il Commissario delegato alla ricostruzione Carlo Schilardi, esclude ogni malafede: «Nella proposta si evince la buona volontà di raggiungere uno degli obiettivi a cui da sempre stiamo lavorando, cioè far ottenere il contributo anche ai “condonati”. Tuttavia, senza accorgersene, hanno saltato il riferimento alla legge del 1985, proprio quella che consente di arrivare alla sanatoria. Sarebbe come dire a un cittadino: “ti verso il contributo se raggiungi il condono, ma poi allo stesso tempo non ti fornisco gli strumenti per arrivare al condono”». Una situazione paradossale, che ricorda lo spunto che diede vita al romanzo (e poi al film) “Comma 22”. Ci sono comunque altri aspetti che lasciano perplesso il commissario: «Nella proposta si parla di uffici per il terremoto, di personale da assumere, di decentramenti territoriali. Sembra che abbiano confuso le esigenze di tre paesi dell’isola d’Ischia con quelle di intere regioni dell’Italia Centrale: parliamo di dimensioni completamente differenti. Quella dell’isola è una realtà molto più piccola, dove ciò che serve essenzialmente è che i Comuni si organizzino per risolvere i problemi di programmazione. Se poi servono regole più efficaci perché si è in presenza di complicazioni dovute ad esempio ai vincoli, si può interloquire con Governo e Parlamento per chiedere poteri di programmazione». Il commissario comunque ribadisce che gli estensori dell’emendamento hanno sicuramente agito “a fin di bene”: «Soltanto, non hanno tenuto conto di una serie di problemi e controindicazioni». La priorità dunque per l’isola è quella di non perdere i benefici della norma dell’85 per le procedure semplificate, mentre per le opere di programmazione necessarie nelle aree vincolate, come la zona rossa sull’isola, è sufficiente riprendere le norme semplificatorie previste per l’Italia Centrale. Adesso comunque la partita si sposta in commissione e in aula, dove questa proposta, ma anche altre, dovranno essere discusse.

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