Il silenzio che vuole fare rumore
Noi ragazzi dell’”Istituto F. Caracciolo-G. da Procida”, in accordo con il CPS (Consiglio della Consulta Provinciale degli Studenti), abbiamo scelto di protestare in silenzio, indossando un segno rosso sul viso, per tracciare simbolicamente i segni della violenza di genere
Di Michela Taliercio
C’era una volta una principessa molto intelligente e sensibile di cuore. Chi la conosceva diceva che aveva il sole negli occhi, i quali erano clorofilla per le piante e spensieratezza per le persone del villaggio nel quale abitava. Avrebbe dovuto essere incoronata con l’alloro; nel villaggio non si parlava d’altro, era l’orgoglio di tutti. Un giorno però, percorrendo il cammino della sua vita, incontrò Barbablù e se ne innamorò. Così, come tante altre donne, anche lei divenne una sua vittima: fu rinchiusa nel suo castello e uccisa, accoltellata alla testa e al collo. La notizia non fu facile da digerire: il suo villaggio natale e quelli adiacenti, vissero una perpetua eclissi solare, e mentre giorno per giorno altri angeli senza ali morivano, Barbablù diventava sempre più forte e nonostante l’umanità cercava di scovarlo, lui era diventato una cosa sola con la sua ombra.
Per scrivere questo racconto purtroppo, non mi ha ispirato una pennichella finita male, ma un fatto di cronaca vera: la principessa infatti è Giulia Cecchettin, ragazza ventiduenne, dapprima rapita e poi uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, un Barbablù come altri, alcuni giorni prima di discutere la propria tesi di laurea. È proprio per ricordare Giulia, l’ennesima donna vittima di femminicidio, che noi ragazzi dell’”Istituto F. Caracciolo-G. da Procida”, in accordo con il CPS (Consiglio della Consulta Provinciale degli Studenti), abbiamo scelto di protestare in silenzio il 21 Novembre, indossando un segno rosso sul viso, per tracciare simbolicamente i segni della violenza di genere. È un gesto silente che per molte donne è come inchiostro invisibile, un inchiostro a volte chiamato simpatico e che si rende visibile solo a contatto con il calore; eppure, nella maggior parte dei casi, noi vediamo i segni solo quando molto donne non sono altro che cenere.
Con questo piccolo gesto, speriamo in una sensibilizzazione sul tema della violenza di genere, augurandoci di estirpare a poco a poco Barbablù, la radice morbosa della società patriarcale, una società che quasi sempre trasforma le carnefici in colpevoli, e i colpevoli in un Adamo misericordioso indotto a peccare da Eva. È esattamente nella genesi della prima donna fra tutte, che risiede l’uguaglianza donna-uomo: «La donna è uscita dalla costola dell’uomo; non dai piedi perché dovesse essere calpestata, né dalla testa per essere superiore ma dal fianco, per essere uguale; un po’ più in basso del braccio per essere protetta; dal lato del cuore, per essere amata». (R. Benigni)