IL PUNTO Abbiamo perso il senso della pietà e il valore della solidarietà

Ero al Rizzoli per una visita di condoglianze a miei carissimi amici e parenti e sono rimasto sconcertato nel modo e negli spazi in cui vengono riposte le salme ed accolti i parenti. Mi spiegavano sperando che non capiti ce ne siano più di uno e che ci sia la possibilità di trasferirli quanto prima in qualche chiesa. Immagino ci potesse essere un modo per organizzare i lavori rispettando tutte le evenienze, anche quella che in un ospedale si può morire ed il dolore merita di essere vissuto dignitosamente, almeno quello.

Ma non era meglio risolvere l’emergenza del crollo e calendarizzare i lavori quando si poteva disporre di tutti gli spazi???

Ovviamente il tutto nel silenzio più assordante della politica, assente e connivente, come lo è per i ritardi nel ripristino della situazione ante crollo e la stanza di degenza in chirurgia interessata dall’evento ancora chiusa. Per non parlare delle riduzioni di posti nella rianimazione delocalizzata, sono solo 2!!!

Ergo non si può morire, ma neanche provare a salvarsi.

C’è il numero chiuso al Rizzoli!!!

Oltre la pagliacciata delle inutili delibere in consiglio comunale, alla quale, ammetto, ho partecipato anche io, nessuna novità!!!

Tutti i reparti a rischio di “sopravvivenza”, dalla cardiologia all’ortopedia, per non parlare della pediatria.

L’Ospedale sopravvive solo grazie all’eroismo degli operatori sanitari ed alle dinamiche costosissime delle prestazioni in autoconvenzione, che per alcuni reparti non garantisco un’adeguata continuità assistenziale.

Ma tanto è che non c’è pietà per i morti e non c’è rispetto per il dolore, non c’è solidarietà per le vittime di terremoto e frana.

Ma come fanno cittadini, anche anziani, ad osannare opere estetiche di dubbia opportunità e priorità quando ci sono loro concittadini, anche coetanei, che vivono, praticamente, da deportati, che non invecchieranno nelle loro case e nel loro quartiere, come si fa ad essere felici e cantare e ballare ed applaudire e speculare su di un’Isola dove ci sono ancora cumuli e cumuli di macerie e di sofferenza, dove ci sono bambini che non cresceranno nelle loro case e sono stati costretti a cambiare scuola, abitudini, vita e la loro casa è ancora ed ancora macerie che sporcano le nostre coscienze e difficili da nascondere sotto lo zerbino del nostro egoismo?

Questa non è la mia Isola, non è la mia gente, ma sono convinto che vale ancora la pena dare un senso alle nostre vite provando, almeno, a non far finta di niente, a non lasciarsi tentare dal piacere delle cose inutili.

Non è il tempo e, per qualcuno, neanche l’età!!!

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