Il presepe di Antonio Lubrano esempio di arte presepiale con le pecorelle di lana e la natività con la creta del nilo
DI MICHELE D’ARCO
Natale senza il presepe non è Natale. In casa Lubrano, ancora di più. Una tradizione familiare che dura da oltre cento anni (1905), ereditata dai fratelli Antonio, Michele e Giovan Giuseppe, non solo macina record su record, ma si abbellisce, anno dopo anno, di nuovi motivi decorativi che vanno ad arricchire lo straordinario complesso presepistico. La storia inizia in Egitto dove il capo famiglia Giovanni Lubrano, è dirigente presso la Compagnia Universale del Canale di Suez. Di origine procidana, porta con sé tutti i valori della fede tramandatigli dai suoi genitori e dall’ambiente religioso nel quale si è formato. E’ lì che per Natale, insieme alla sua consorte ischitana Antonietta Ungaro trasforma la sua bella casa in un angolo dove la tradizione del presepe si sposa all’ambiente locale, l’Egitto ed assembla materiali provenienti anche dalle rive del Nilo. La fuga in Egitto della famigliola di Nazareth, di cui parlano i Vangeli, diventa un motivo di struggente riflessione per la comunità italiana che per Natale si riunisce attorno al simbolo della Natività. Tornati ad Ischia, i Lubrano vanno ad abitare in una casa nel centro del Borgo Antico di Ischia Ponte dove la tradizione del presepe, da secoli, è motivo di impegno e di ricerca di novità da esporre a familiari ed amici. Le chiese, gli angoli caratteristici di Ischia Ponte e la plurisecolare dedizione dei suoi abitanti alle attività legate alla religione, diventano incentivo e stimolo a fare sempre più belli i vari presepi. Già dagli inizi di novembre parte il via vai che prelude alla realizzazione del presepe che deve essere pronto per le attese novene. Il papà Giovanni, aiutato dai figlioli che crescevano, iniziava i preparativi per la consueta realizzazione che doveva presentare sempre novità che lo rendevano felice. Questi i motivi fondanti intorno ai quali Antonio principalmente e fratelli, raccolto il testimone del padre prematuramente scomparso (1955), iniziarono quella che sarebbe diventata, non solo una tradizione, ma anche esempio di arte presepiale, che negli ultimi decenni, ha visto cimentarsi nell’isola, una nutrita schiera di appassionati che hanno conquistato posizioni di vertice a livello nazionale. La caratteristica che più salta all’occhio del visitatore è la policroma moltitudine dei pastori che arricchisce la scena. Sono statuine collezionate, non solo secondo la tradizionale del settecento napoletano, ma provenienti dalle più disparate località dei vari paesi visitati dai Lubrano. Vi sono pastori del periodo egiziano, altri raccolti in California, Messico, Argentina e dalle tante altre località visitate. Il tutto, pur nella diversità stilistica, diventa un unicum armonioso che colpisce il visitatore. Il colpo d’occhio, specialmente per chi viene in visita per la prima volta, è abbagliante. Ogni angolo ha il suo rigoroso significato che si innesta nella tradizione dell’arte presepiale. Le scene sono quelle tipiche del presepe napoletano che diventa spettacolare quando abbraccia, inserendoli nel contesto, anche ambienti e personaggi provenienti da lidi lontani. Dal particolare all’universale, riassumendo il concetto dell’universalità del messaggio del Redentore che si fa bambino. Ed è festa, non solo per i bambini, perchè davanti al presepe anche gli animi più scettici vengono coinvolti nell’atmosfera che da esso promana. E’ il mistero del Natale che continua e conquista. Ma Antonio Lubrano non si ferma qui. Seguendo le antiche tradizioni familiari persegue un programma che prevede momenti significativi delle varie fasi in cui si articola la rievocazione del mistero del Natale. Allo scoccare della mezzanotte della vigilia, presente l’intera famiglia, tra suoni ed incensi, viene deposto il Bambino nella mangiatoia. Passata, poi, l’Epifania, con la partecipazione di S. E. il Vescovo e di un nutrito gruppo di amici, viene riposto,il Bambino che attenderà l’anno successivo per la nuova edizione. Auguri ai Lubrano ed a quanti portano avanti con impegno questa bella tradizione che, pur nella sua candida semplicità, diventa il simbolo del mistero del Natale.
Michele D’ Arco