Il populismo nostrano
Nell’attuale momento storico è sempre più palese che l’autoreferenzialità, l’egoismo, la supremazia dell’Io sul Noi racchiudono in se la forma più espressiva e saliente del percorso quotidiano della nostra esistenza. La genialità antica di Fedro ha fotografato le radici di tale atteggiamento nella favola delle due bisacce in cui Iuppiter (Giove) ne ha una davanti una con i vizi e i difetti altrui, l’altra dietro con i nostri che non vediamo. E qui sfidiamo ciascuno (compreso noi stessi) a riflettere su che accade alle nostre spalle
Anche la nostra cara “polis micaelica” è assalita dal mondo capovolto dell’”egoismo populista” così ci si può imbattere con varie “maschere” da capopopolo dietro le quali, per esempio, si intravedono i profili di amministratori pubblici, di operatori sanitari, che gridano contro il degrado del servizio socio-sanitario, senza interrogarsi, seguendo Fedro, se ci fosse qualche loro responsabilità in ciò che denunciano. Parimenti si incrociano quelle degli “urlatori” contro l’alto tasso di inquinamento che colpisce la salute dei cittadini, con un particolare, le grida provengono da coloro i quali da mane a sera scorrazzano per mare e per terra con scarichi perniciosi. Si potrebbe continuare della “doppia morale” entrando nei meandri delle relazioni sociali, politiche, culturali, etico-religiose, familiari, economiche che spesso assumono forme talmente violente da correre il rischio di frantumare la libertà e la democrazia.
Quale cammino, quindi, bisogna seguire per uscire da codesto cieco labirinto? Ce lo indicano, dalla notte dei tempi, Aristotele e Platone. Il primo con il dire che nessun individuo è autosufficiente perché la “polis” esiste naturalmente, lo precede e gli offre la ragion d’essere del proprio vissuto quotidiano. Il secondo con l’ammonizione: o uomo meschino la tua presenza è tutta dentro un intimo rapporto orientato verso il tutto, per cui diventi giusto se ti affidi alla universale armonia. Postilla finale. Il voto in Sicilia e ad ostia, in cui una notevole maggioranza di cittadini non ha partecipato al voto, denota l’estrema precarietà in cui si trova la tenuta democratica della nostra società per il crollo dei valori fondanti che ci hanno indicato i grandi filosofi.
Michele Romano