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Il grido di dolore di Napoleone: «Noi, vittime dimenticate del Covid»

Il titolare della nota agenzia di viaggio Avet Aenaria esamina la crisi del settore a causa della pandemia, a cui si aggiungono le disparità di trattamento nell’erogazione dei contributi da parte dello Stato

Il Covid ha quasi ucciso il turismo nelle sue varie declinazioni. Posso chiederle cosa è cambiato anche nell’outgoing per le agenzie di viaggio?

«Per quanto riguarda l’outgoing, i clienti isolani ha dovuto subire in sostanza un blocco totale. Innanzitutto perché quando è iniziata l’emergenza sanitaria, alla fine dell’inverno scorso, si trattava ancora di un periodo in cui gli ischitani spesso vanno in vacanza, prima della riapertura generale delle attività turistiche sull’isola. La pandemia ha quindi impedito ai clienti isolani ogni possibilità di vacanza. Successivamente, con la fase 2 e l’arrivo dell’estate, molti ischitani hanno iniziato a lavorare. Infine, dopo il periodo estivo, nel momento in cui timidamente si vedevano segnali di ripresa, è arrivata la seconda ondata pandemica che ha nuovamente bloccato tutto, in quanto gli spostamenti all’estero sono preclusi, eccetto che per validi motivi di lavoro o salute. L’aeroporto di Napoli è quasi chiuso: sono rimasti pochissimo voli nazionali, alcuni da e per la Germania e qualche altro Paese europeo. Di fatto le uniche persone che si muovono in questo momento sono i cittadini extracomunitari che lavorano sull’isola e che tornano nei Paesi d’origini per timore che scatti da un momento all’altro un nuovo lockdown. La sfiducia è comunque generalizzata: una volta arrivavano quintali di materiale pubblicitario, mentre da marzo in poi è tutto praticamente azzerato. Anche in terraferma la situazione è simile, quasi la metà dei colleghi ha chiuso».

In termini di fatturato, qual è stato il calo?

«Sarebbe stato molto più opportuno disporre già ad ottobre la chiusura totale, per poi ottenere un positivo giro d’affari a dicembre, come da tradizione. Invece le contestazioni di alcune categorie e le esitazioni del governo porteranno a un lockdown tanto inevitabile quanto tardivo, con grave danno per l’economia»

«Semplice: per l’outgoing il calo è stato del 100%. Non il 90%, ma proprio il 100%. A livello di vacanze, tutto ciò che è rimasto in piedi consiste in due navi della Msc e due della Costa Crociere, che hanno messo in atto il protocollo ministeriale di sicurezza in maniera direi perfetta: dal tampone prima dell’imbarco a tutte le altre misure a bordo, con le varie tappe solo in Italia, le visite guidate a terra con rigidi controlli, e chi si allontana dal gruppo non viene poi riammesso a bordo. Si tratta di crociere sicurissime a poco più di 200 euro, eppure non ci sono clienti. Il clima di incertezza ha dunque indotto le persone a evitare di muoversi, anche quando possibile

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In quale settore si è registrato il calo più vistoso?

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«Purtroppo il calo è generalizzato, perché tutti gli aspetti della vacanza sono connessi. Persino Eurodisney, dopo decine di anni, è chiuso, e le migliaia di persone chi ci lavoravano sono a spasso. È solo un esempio per spiegare lo tsunami che ha investito tutti i settori: dai classici alberghi delle capitali europee dove alloggia chi si sposta per lavoro, alle semplici località turistiche, Canarie o paesi caraibici. Fra l’altro, proprio tra questi ultimi vi erano le località coi maggiori flussi turistici, ma adesso figurano nella lista dei Paesi “vietati”».

Avete ricevuto aiuti di qualche genere dallo Stato o il vostro settore è stato sempre ignorato?

«Gli aiuti ci sono, ma a causa di una serie di meccanismi ci sono agenzie come la mia che non ne hanno beneficiato. Talvolta quelli della burocrazia sono ingranaggi perversi: in questa seconda ondata, ad esempio, io e altre agenzie siamo stati completamente esclusi dai ristori previsti. Circa il 70% degli operatori ha ottenuto qualche contributo, ma il resto sono rimasti a secco. Il sistema di calcolo escogitato dai burocrati ministeriali, che non conoscono di fatto come funziona il settore, ha generato questa disparità di trattamento: c’è chi fattura solo il compenso, e chi fattura l’entrata lorda, una differenza che ha creato l’esagerata sperequazione nei ristori. I tour operators della terraferma, parliamo di colossi come Alpitour, Settemari, hanno percepito cifre che in certi casi superano il milione di contributi, mentre molti dei “piccoli” sono rimasti a bocca asciutta».

Vede possibile una sia pur parziale ripresa, e quando?

«Guardi, è dalla metà di ottobre che auspicavo una chiusura generale. Se si fosse attuato già allora il lockdown totale a livello nazionale, ci sarebbero state ottime possibilità di poter riaprire moderatamente a dicembre, un mese tradizionalmente molto proficuo per le vendite. Invece, molti non hanno compreso tale convenienza, come dimostrano le proteste di piazza di molti colleghi impegnati nel commercio, che si sono opposti alle misure restrittive pur di mantenere aperte le attività. So che molti non sono d’accordo, ma sono convinto che un lockdown immediato, a ottobre, avrebbe salvato l’enorme giro di affare di dicembre. Adesso, invece, saremo comunque obbligati alla chiusura totale, visto che gli ospedali ormai sono pieni, ma con un ritardo ormai irrecuperabile, che provocherà una enorme perdita nel periodo pre-natalizio. Verrà a mancare quella “euforia” che arriva dopo il prudenziale periodo di chiusura, quando la gente ha voglia di ripartire e l’economia in parte si rimette in moto».

Quindi non sarebbe contento con una “zona arancione”.

«Al contrario, l’arancione è la peggiore delle zone, molto meglio la zona rossa. Con la zona arancione i confini comunali non possono essere oltrepassati, e per chi come me opera in più comuni isolani sarebbe una iattura ancora peggiore. Ripeto: senza un periodo di lockdown totale, non ci potrà essere una ripresa, nemmeno parziale. D’altronde, lo specchio della situazione è indicato bene anche dalle condizioni in cui versa il settore dei trasporti: i collegamenti marittimi sono fortemente ridotti, a carichi dimezzati, mentre a livello nazionale compagnie come Italotreni hanno soppresso il 90% delle tratte, Trenitalia il 50%. Le prospettive a breve non sono rosee».

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