Il comportamento passivo-aggressivo: cos’è e come difendersene
Torno a parlare di rabbia e di comunicazione, ma stavolta lo faccio per introdurvi un tema nuovo: quello del comportamento passivo-aggressivo. Ne avete mai sentito parlare? Si tratta di un modo deliberato e “mascherato” di esprimere sentimenti di rabbia, presente in ogni cultura e ad ogni livello socio-economico (Long, Long e Whitson, 2008). Chi comunica utilizzando questa modalità esprime in modo indiretto e velato la propria aggressività, ma con comportamenti socialmente accettabili. In questo modo riesce a colpire e ferire qualcuno, anche se sembra che non lo stia facendo. Gli strumenti utilizzati sono il sarcasmo, l’ironia, i complimenti ambigui o l’uso strategico delle omissioni e della procrastinazione.
Facciamo qualche esempio. Un complimento ambiguo è “Stai bene con questo vestito, nonostante la pancetta” oppure “Sei molto intelligente per essere uno che ha solo il diploma”. Queste frasi appaiono come complimenti solo superficialmente, ma contengono una frecciatina neppure tanto velata. Questo permette di esprimere l’ostilità o il disprezzo, ma in modo parziale e indiretto. Un altro strumento a disposizione è l’ironia: “Ecco che arriva la principessa!” è un modo velato e mascherato di esprimere una critica e lamentarsi di qualcosa. Di fronte ad una eventuale reazione negativa dell’altro, la persona passivo-aggressiva si giustifica dicendo che si trattava di un semplice complimento o di uno scherzo, e non è il caso di prendersela tanto. Non solo, potrebbe anche contrattaccare esclamando “Mamma mia, quanto sei permaloso/a! Non si può nemmeno scherzare ora?”, facendo passare la vittima per colpevole. Insomma, questo tipo comportamento garantisce una “scappatoia” per mettersi al riparo nell’eventualità in cui l’altro reagisca arrabbiandosi. Un altro comportamento di tipo passivo-aggressivo è la procrastinazione, ovvero il rimandare deliberatamente lo svolgimento di un compito per danneggiare l’altra persona (“Non posso farlo ora. Lo farò quando avrò tempo”) o fingere di dimenticarsi (“Ti serviva entro oggi?! Oops!”). Talvolta si cerca di esprimere la propria ostilità attraverso modalità che potremmo definire quasi infantili, come mettere il broncio, non salutare, girarsi dall’altra parte, fare i dispetti, fare la vittima.
Insomma, il comportamento passivo-aggressivo è un modo indiretto di esprime la rabbia in modo da togliersi qualche soddisfazione, ma senza assumersi la responsabilità del proprio operato. Perché alcune persone si comportano così?
Origine del comportamento passivo-aggressivo
Utilizzare queste modalità in modo sporadico e occasionale può succedere a tutti e questo non ci rende delle persone passivo-aggressive. Alcune persone però si comportano in questo modo in maniera costante e continua, con un minimo grado di consapevolezza. I motivi sono diversi: prima di tutto, nella nostra società la rabbia è considerata un’emozione negativa e la sua aperta espressione è considerata sconveniente o da evitare. Inoltre, molti di noi sono cresciuti con l’idea che dichiarare apertamente una critica o la propria rabbia porti a conseguenze pericolose, come una terribile vendetta o l’umiliazione. Altri ancora credono che esprimere la rabbia li faccia apparire malvagi, crudeli, cattivi o, peggio ancora, pazzi. L’espressione moderata, parziale, velata e camuffata della rabbia invece è concessa, garantisce soddisfazione ed evita il conflitto aperto. Il prezzo da pagare, però, è che a lungo andare le persone intorno si stancheranno di questo atteggiamento e lo scontro tanto evitato si verificherà.
Cosa possiamo fare per difenderci dalle persone passivo-aggressive?
Prima di tutto, anche se è estremamente difficile, non bisogna rispondere alla provocazione. Il passivo-aggressivo, come abbiamo visto, è abilissimo nel capovolgere la situazione e farci apparire pazzi o permalosi. Dunque, facciamo un bel respiro e cerchiamo di farli venire a contatto con la loro emozione: “Mi sembri arrabbiato, è così?”. Il passo successivo è dare validità alla loro emozione: “Capisco che sei arrabbiato, succede anche a me”. A questo punto esprimiamo le nostre emozioni: “Quando fai così, io mi sento arrabbiato/triste/offeso”.
Evitiamo toni accusatori e aggressivi, cerchiamo di essere chiari e calmi. Comunichiamo assertivamente esprimendo ciò che vorremmo: “Se non vuoi aiutarmi, preferirei che me lo dicessi apertamente”. In questo modo offriremo anche un modello di comunicazione assertiva, chiara ed efficace, Ovviamente, tutto questo va fatto se a noi interessa preservare quel rapporto o se siamo obbligati ad avere a che fare con quella persona, ad esempio a lavoro. Se non dovesse interessarci quella relazione o se anche i nostri tentativi di migliorare la comunicazione dovessero fallire, l’unica cosa da fare è stabilire dei confini salvifici, ovvero delle distanze che limitino i nostri contatti allo stretto indispensabile. Ricordiamo sempre che non abbiamo il potere di cambiare le persone, e talvolta allontanarsi con consapevolezza e serenità è l’unica possibilità che abbiamo per preservare il nostro benessere.
Dott.ssa Tiziana Di Scala
Psicologa-Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
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“Liberamente” è curata da Ilaria Castagna, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi de L’Aquila, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva Comportamentale di Caserta A.T. Beck
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