DI ANTIMO PUCA
In certe occasioni occorre far abbassare la temperatura della stanza prima di entrarci, attendere che diminuisca il clamore intorno all’oggetto da discutere. Con pazienza, aspettare l’attimo fecondo per il pensiero. Così ho fatto passare alcuni giorni – per alcuni di festa, per altri di rammarico – prima di tornare sull’argomento Sant’Anna. Non è mio interesse in questa occasione rintracciare estetiche e mettere a confronto personaggi o scuole di pensiero. Proverei invece ad aprire una discussione sul futuro dell’identità di un popolo. Esiste un patrimonio storico culturale legato al nome di Ischia. A quanto pare buona parte dei cittadini si sarebbe aspettato qualcosa di livello per l’evento di intrattenimento più atteso dell’anno. La crisi amministrativa ed il rimpasto in giunta non bastano come giustificazione. Al cittadino interessano i fatti e non le querelle politiche. La festa a mare agli scogli di Sant’Anna è, insieme alla sfilata di sant’Alessandro e alla festa del Porto, l’evento più atteso in tutta l’isola, che costa alle casse e comunali e statali. Dovremmo cominciare ponendoci qualche domanda. Quale sarebbe il ritorno economico per l’isola se la programmazione è praticamente assente? Come creare interesse nei pochi turisti di élite che ancora approdano ai nostri luoghi? Vale la pena investire cifre importanti per avere risultati minimi? È questo il modo di accogliere i nostri ospiti? È questo il modo di servire i cittadini che ancora ripongono speranze nelle Amministrazioni? È questo il modo di fare attrattivo e dare vita ai nostri luoghi, al nostro borgo?! Quesiti questi meriterebbero delle risposte. Come anche qualcuno dovrebbe spiegare ai cittadini perché a Ischia si ha la sensazione che sia dato una sorta di “monopolio” a persone a cui poco o nulla importa delle proprie viscere e radici. Della memoria storica e della tradizione secolare autoctona. La gente è stanca e soprattutto i giovani non nutrono più alcun interesse verso le attività culturali proposte. Una sorta di Natale estivo, portatore di “doni” per i pochi. Un Babbo Natale al Comune di Ischia, carico carico di… !! Nel mentre si riempiono le stanze dei soliti noti alberghi pluristellati circostanti di fronte a cui si concorda di sparare i fuochi per arricchire economi ed amici degli amici a mó di un solito rondeau per i soliti pochi della oligarchia contemporanea.
Dispiace notare uomini di cultura agire in modo totalmente opposto alla conservazione della integrità e della dignità del proprio popolo di appartenenza. In modo opposto alle proprie radici, al proprio sangue! “Ischia merita di più” si legge in uno dei tanti commenti sui social di cittadini indignati. “Basta, basta.” echeggiava la baia. Sant’Anna dovrebbe rappresentare un momento di concordia civica e di riaffermazione identitaria del senso di appartenenza ad un’isola che si trasforma nelle sue fondamenta e si riappropria dell’importanza che merita nel contesto regionale e nazionale. Una occasione favorevole per rafforzare il rapporto con le tradizioni e rinsaldare sempre più l’amore per la propria Terra. Sant’Anna ci rappresenta tutti come un’unica comunità isolana. Un unico cuore pulsante che batte per Ischia, la propria amata. Questo è il miracolo che ogni anno si manifesta, che noi concittadini dovremmo leggere come segnale dell’unicità che ci contraddistingue. Sant’Anna è di tutti gli isolani. Per questo ci vorrebbe la compartecipazione di tutti i Comuni. Al centro la ‘Ndrezzata, “Me voglio fa ‘na casa” (Donizetti), caponata, alici marinate, vino, fichi secchi con noci o mandorle, uva, migliaccio, sanguinaccio, il coniglio. Chitarre, taverne e cantine. E basta con i posti numerati e conservati. Si ritorni tutti assiepati tra gli scogli. In una isola come la nostra, alle prese con grandi riforme “storiche”, ma cosi tradizionalista e conservatrice, soprattutto in tutto quello che è “pubblico”, pensare che anche le tradizioni debbano cambiare sembra essere l’ultimo dei problemi. E forse lo è. Ma la realtà ci dice che, se il nostro sistema organizzativo non cambierà, nulla potrà sopravvivere. Sant’Anna rappresenta un enorme tesoro dal valore incommensurabile. Un “forziere” pieno di pepite d’oro: la tradizione locale, il folklore, la sagra, la cultura, il patrimonio immateriale, il turismo. Un tesoro che, se non sarà adeguatamente valorizzato e protetto, rischierà di scomparire per essere sostituito da grandi bugie. Il rispetto delle regole, l’accettazione della burocrazia, l’investire in qualità e tipicità, tutelare il patrimonio immateriale e culturale, quello nascosto, rivalutare la cultura popolare, la sopravvivenza economica sono tutte tappe che dovrebbero permetterci di sopravvivere là dove si tende a far scomparire. Seppellire. Una Sant’Anna che stimoli il dibattito, che ci appassioni nonostante le diverse posizioni. Che diventi trasparente e chiara nei meccanismi – ché l’etica dovrebbe muoversi prima nei territori della cultura per sedimentarsi poi nel resto della società –, capace di andare oltre la mera funzione valutativa per tramutarsi invece in un momento in cui radice e memoria tornino a essere centrali nella comunità.