IL COMMENTO Salvaguardare le risorse ambientali
DI ANTIMO PUCA
La natura è una macchina perfetta. Prevede una eccezionale attività per tornare in tempi più o meno brevi nelle situazioni di partenza. Questo perché i sistemi ambientali tendono in modo ciclico verso situazioni stabili che periodicamente vengono disturbate da eventi. Un ecosistema è dinamico. Il recupero di una pineta risulta molto più articolato in quanto si tratta di una formazione artificiale di valore non solo ambientale, ma anche storico e paesaggistico. La natura nei suoi progetti non può prevedere il recupero di una pineta monumentale artificiale. In parole molto semplici, esiste una vegetazione reale, quella che vediamo sul posto in tempo reale, che può essere anche di origine artificiale, come nel caso della pineta, appunto. Esiste poi la vegetazione potenziale, e cioè quella che ci dovrebbe essere naturalmente in quell’area senza nessun intervento dell’uomo. Quello che torna a proporsi in modo naturale è proprio la vegetazione potenziale, ovvero quella in linea con le caratteristiche climatiche, litomorfogiche e floristiche del luogo.
Quell’area di base caratterizzata da elementi della macchia mediterranea e della lecceta, con il Corbezzolo, l’etica arborea, il Lentisco, i Cisti, il Mirto, l’Alaterno, la Fillirea ed altre ancora. È lecito porsi domande in merito alle tecniche e all’obiettivo stesso dell’intervento di ripristino o di recupero ambientale. È opportuno prima di tutto parlare di “riqualificazione ambientale”. È fondamentale disporre e organizzare uno specifico piano ed investire sulla vigilanza. Noi ischitani dovremmo essere attivamente coinvolti ed esserne messi a conoscenza. La gestione colturale delle pinete è elemento fondamentale del nostro patrimonio e deve essere reso pubblico. È fondamentale rendere pubblica la eventuale mappatura dell’area così da programmare in modo adeguato le operazioni di bonifica e i successivi interventi di ricostituzione. Lasciare a terra i tronchi di pino domestico tagliato favorisce la ricolonizzazione delle comunità xilofile e di quelle della lettiera. Sicuramente quello che c’è da fare è la messa a dimora non solo di pini, ma anche di querce e di arbusti tipici della macchia mediterranea. Nel periodo della riproduzione dell’avifauna selvatica, marzo – luglio, non dovrebbero effettuarsi tagli senza aver prima verificato l’assenza di nidi. Infatti, l’art. 5 della direttiva 2009/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica esecutiva in Italia con la Legge n. 157/1992 e s.m.i. comporta, in favore di “tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri” , art.1 della direttiva, “il divieto: – di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva;..” Si rende necessario piantare alberi tipici della macchia mediterranea, soprattutto pioppi,le cui radici assorbono metalli pesanti in profondità, cospargere i terreni di compost arricchiti con batteri capaci di metabolizzare gli idrocarburi. Affinché gli alberi diventino un bosco fiorente di animali selvatici ed uccelli. Al termine dell’intervento si avrà così una pineta mista in cui prevale il Pino domestico con nuclei di macchia mediterranea. Tutto questo richiede naturalmente un’analisi è un monitoraggio ambientale accurato, così da intervenire subito nel caso si osservino dinamiche non favorevoli al recupero stesso.
Ci vuole una volontà politica forte e che mai si lascia comprare da favoritismi. Certi tipi di investimenti, purtroppo, hanno effetti successivi alla durata di un mandato elettorale. Piantumare alberi di altra natura e non appartenenti al paesaggio locale vuol dire andare contro il patrimonio arboreo oggi autoctono e paesaggistico, quindi culturale. Battersi per il ripristino dei pini nei loro luoghi naturali di appartenenza è senso civico. Amministrazioni e Sindaci dovrebbero essere attenti tutori del nostro patrimonio arboreo per preservare la cultura arborea e protrarla in un lungo futuro piuttosto che abolirla e sostituire con alberi del terzo tipo e far sì che le pinete ischitane siano soltanto un lontano ricordo. Chi in diverse occasioni si è riempito la bocca di ritorno alla memoria storica e paesaggistica dovrebbe battersi in prima linea per tutelare il nostro patrimonio arboreo costituito in linea di massima da pini e querce piuttosto che fingere di divulgare il verde con piantumazioni di alberi di quart’ordine dal gusto mediocre e dal dubbio valore, svalorizzando, in questo modo, l’identità isolana la cui essenza è il pino.
Salvare le alberature pre-esistenti è un obiettivo prioritario rispetto a quello di piantare nuovi alberelli, considerando il carattere di emergenza che investe una percentuale altissima del patrimonio arboreo costituito dai pini domestici, soprattutto le pinete. Noi ischitani dovremmo avere il coraggio di uscire dalle nostre paure e batterci per ciò che è nostro e quindi, considerarlo “caro”. La natura non ha voce alcuna se non la nostra. Assumere questa coscienza consapevole vuol dire ridare dignità si nostri luoghi. Si rende necessario attivare tutte le Istituzioni preposte, in primis il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ed il Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo. Salvare ciò che ci caratterizza ed identifica è indice civiltà. È importante indagare i caratteri litomorfologici e idrogeologici dell’area. Come conoscere fauna, flora e vegetazione.
Imprenditori, commercianti e albergatori locali, principale e fondamentale macchina motrice del turismo, dovrebbero fare ascoltare forte il proprio ruggito a proposito della conservazione ed esaltazione dei nostri inestimabili Beni ambientali, culturali, artistici e paesaggistici al cospetto di politici che ormai sono cancro intestino presso le nostre sedi Comunali, al fine preservare i simboli autoctoni e identitari, preservando di conseguenza la qualità turistica. Il coinvolgimento della cittadinanza è importante così come è importante amalgamare il sapere tecnico con il sapere locale. Non ha senso pensare di riuscire a proteggere e tutelare le pinete senza migliorare contemporaneamente il tessuto sociale e culturale che le circonda. Le pinete del nostro territorio rappresentano un polmone verde, una difesa ambientale contro il degrado, la cementificazione selvaggia e contro l’inquinamento.Noi ischitani dovremmo sentirci personalmente oltraggiati ogni qual volta viene ferita, offesa,oltraggiata l’identità dei luoghi che ci distinguono e ci caratterizzano come popolo e dovremmo ribellarci e chiedere i danni.
Le Amministrazioni Comunali degne di questo incarico dovrebbero rendere conto alla popolazione, ben sapendo e ricordando che il popolo è parte attiva e integrante di ogni attività Comunale. Il Covid ci insegna che il turista tende a tornare a tutto ciò che è salute, benessere e natura. Imprenditoria e politica sono chiamati a conservare e guardare le nostre bellezze identitarie con occhio vigile e specialissimo piuttosto che continuare a deturpare, violentare, oltraggiare ciò che ci è più caro in quanto salute, lavoro, vita stessa. Bisogna provare a costruire un modello di risanamento della nostra isola in maniera seria, attenta, naturale, avendo anche il coraggio di mettersi contro il grande potere, quello riservato al circuito chiuso tra i pochi (oligarchia contemporanea). Giù le mani !