IL COMMENTO Referendum? I problemi della politica non sono i costi
La celebrazione del referendum confermativo sulla riduzione del numero di parlamentari in Italia offre una buona e bella occasione per aprire un dibattito serio su politica, democrazia e partecipazione. Spero sia colta, anche se in questo Paese negli ultimi tempi sembra che tutto passi nella indifferenza più assoluta. Ho difficoltà a comprendere la ratio di questa decisione, se non nel tentativo, sterile ed inutile, di una forza politica priva di storia, argomenti, cultura, formazione e, soprattutto, idee a convincere i cittadini che i problemi nascono dai costi della politica! Come se i costi della politica e della pubblica amministrazione derivino dal numero dei parlamentari, di consiglieri comunali, “metropolitani” (?) o regionali e dai loro compensi. La verità è che questo teorema serve solo a nascondere che i costi veri ed insopportabili sono frutto di scelte sbagliate per dolo, di connivenze, di ignoranza, di incompetenza, di incapacità di vivere il proprio ruolo nel segno e nel rispetto di quella che dovrebbe essere l’accezione più autentica della politica, quella di confrontarsi con la realtà e cambiarla e migliorarla, quella di dare risposte serie e concrete ai bisogni dei cittadini, rispettando i loro diritti a cominciare da quello di essere degnamente ed adeguatamente rappresentati nelle sedi dove si formano e dovrebbero concretizzarsi le risposte alle loro aspettative.
Il debito pubblico figlio di imbrogli e malaffare, di sprechi operati a fronte di servizi pessimi offerti ai cittadini, di un sistema Paese che non funziona, anche per la incapacità di dare il giusto valore ed indirizzo alle tante risorse ed ai tanti giacimenti di cui dispone, non può trovare giustificazioni credibili nei costi della politica e risposte serie nel taglio di deputati e senatori. La riduzione del numero di parlamentari, a maggior ragione senza una seria riforma elettorale ed istituzionale, non solo non concorre a ridurre i costi della politica, ma determina un evidente deficit di democrazia, almeno in termini di rappresentanza, partecipazione, ma anche di controllo da parte dei cittadini. Ed inquieta ancora di più se si pensa alle dinamiche interne alle aule parlamentari in termini di condizionamenti, fino alla compravendita di deputati e senatori, che con un numero inferiore favorirebbe, faciliterebbe ed esemplificherebbe alcune pratiche ormai diffuse, dando ancora meno stabilità al sistema. Ed allora: il problema non è di quantità, ma di qualità del personale politico! Ed il problema non si supera limitando la rappresentanza di territori e settori sociali che, vittime di un sistema elettorale che ormai delega alle segreterie dei partiti(???) e delle loro perverse logiche e dinamiche, o alchimie informatiche e di altra natura dei movimenti, la selezione dei candidati e della classe dirigente, limiterebbe ancora di più le prerogative del corpo elettorale o la possibilità a nuove e diverse sensibilità, competenze ed intelligenze a trovare spazio ed emergere.
Basti pensare al ruolo ancora di più marginale e periferico, se possibile, della nostra Isola che si troverebbe ad esprimere un parlamentare in un collegio di dimensioni sconfinate, decisamente disomogenee per caratteristiche, problematiche e domanda. Avrei capito una riduzione così drastica rapportata ad una riduzione del numero di abitanti, ma nel rispetto dei principi costituzionali che hanno dettato nel tempo gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di numero dei parlamentari. E comunque è un bel dibattito, che andrebbe alimentato a prescindere dalle posizioni e dai punti di vista, troppo spesso sono condizionati da una visione superficiale e semplicistica della materia e, purtroppo, anche volgarmente strumentale, se pensiamo alle stesse ragioni che hanno spinto alcuni senatori e le loro parti politiche a favorire la celebrazione di un referendum. Spero che anche ad Ischia ci saranno occasioni per farlo.