IL COMMENTO Quando la storia non insegna niente
Nei giorni scorsi al Comune di Procida si sono festeggiati i 190 anni di vita del nostro Istituto Nautico. Ricorrenza importante per la nostra comunità celebrata con rispetto e ammirazione. Ma per quelli di noi più anziani il 10 giugno richiama anche un’altra ricorrenza, molto più tragica e deleteria: l’entrata in guerra dell’Italia, proprio il 10 giugno del ’40. Sono passati ottantatre anni ed un’intera generazione non sa cosa dia stata la seconda guerra mondiale. Ma per i sopravvissuti più anziani i ricordi di quei tempi sono ancora vivi. Noi di una certa età siamo stati abituati a parlare di un periodo”prima della guerra” e di uno “dopo la guerra”. Una sorta di “prima di Cristo” e di “dopo Cristo”. La nostra vita è stata nettamente divisa in due e gli avvenimenti di allora non si possono dimenticare. Io all’epoca ero molto piccolo, ma ricordo l’atmosfera di tensione esistente in casa. Poi con il passare degli anni e con lo scorrere della guerra la visione degli avvenimenti divenne sempre più netta. Si può dire che noi ragazzi di quella generazione maturammo più in fretta di quelli delle altre. In quei tempi la mancanza di cibo era un fatto normale e non c’è niente che faccia maturare un essere umano più di questa penuria. Man mano che passava il tempo e proseguiva la guerra la miseria diventava sempre più evidente e palpabile. Ricordo che in casa sentivo i miei dire: “vedi come si è ridotta quella donna! Fino a qualche anno fa era molto bella e molto fiorente, ora è dimagrita tanto!”. Si trattava di qualche persona che veramente non aveva niente da mangiare o che si vergognava di chiedere la carità.
Io le ricordo queste persone, le vedevo camminare per la strada come automi. istupiditi e con lo sguardo assente. Erano gente cheaveva il marito o il fratello o il padre o il figlio in guerra e non sapeva come tirare avanti. Era gente non abituata alla miseria e non sapeva come cavarsela. La guerra fece venire fuori i peggiori difetti dell’umanità. Chi non sapeva adattarsi e non si dava da fare era condannato a perire. Ricordo che mio nonno materno, una persona perbene e che era stato in America molti anni, preso da improvvisa miseria, decise di darsi al contrabbando per sopravvivere. Una mattina partì da Procida deciso a comprare qualsiasi cosa pur di avere qualcosa da mangiare. Arrivò fino ad Afragola e tornò con un sacco di granone sulle spalle. Non era riuscito a trovare niente altro. Io e mia sorella più piccola dovemmo macinare quel grano per i giorni successivi. Ma nessuno protestava, per lo meno si mangiava qualcosa. Da granone venivano fuori delle zeppole dure, niente a vedere con il pane, ma ci si riempiva lo stomaco. Vedevo passare gli aerei inglesi e americani che andavano a bombardare Napoli, il porto, San Giovanni. Per fortuna non lanciavano bombe su Procida. Quasi ogni giorno dalle nostre parti arrivava la notizia che qualche nave con Procidani a bordo era stata affondata. Si vedevano i membri di qualche famiglia improvvisamente vestirsi di nero in segno di lutto e così si capiva che doveva essere morto in guerra qualcuno dei membri. Dopo un poco non ci si faceva più caso perché quasi ogni giorno moriva qualcuno. Mio padre era prigioniero degli Inglesi in India e tutto sommato si poteva ritenere fortunato perché era fuori dalla carneficina della guerra. Tutti questi brutti ricordi mi riportano alla mente la ricorrenza del 10 giugno. Beati coloro che non hanno mai vissuto la guerra e che non sanno cosa sia. Quando sento parlare di “rigurgiti fascisti”, di “epoca d’oro mussoliniana” mi chiedo sempre: ma questi sanno cosa dicono? Eppure non è vero che “Historia magistra vitae”. La Storia non insegna niente, altrimenti perché faremmo ancora le guerre.