IL COMMENTO Polizia italiana razzista, attacco vergognoso

DI LUIGI DELLA MONICA

Il rapporto dell’ECRI ente di studi del Consiglio d’Europa macchia la onorabilità delle Forze di Polizia italiane, non si comprende su quali presupposti oggettivi. L’idea di questa riflessione mi è stata sospinta, come un pugno al cuore, dalla storia del Vigile del Fuoco elicotterista, che ha salvato un piccolo bimbo di 4 mesi dall’alluvione romagnola, dalla sua umanità manifestata e dalle sue lacrime di gioia. Ciò disvela che l’Europa sta diventando un’idra dalle 27 ventisette teste, che non ha il polso della realtà locale. Prima di tutto, ha compiuto un oltraggio immanente all’Italia come Paese e, secondariamente, ha mosso un’offesa alla alacre professionalità di uomini, eroi che lavorano silenziosamente all’ombra di una democrazia astratta, che diviene concreta per il loro quotidiano impegno a rischiare la vita, le pallottole in corpo, per uno stipendio miserrimo rispetto alla media europea, proprio per ristabilire la giustizia sostanziale sul territorio italiano. L’FBI nordamericana, come le altre polizie federali messicana, canadese, studiano e cooperano con la partnership delle Polizie Investigative italiane (PS, CC e GdF), riconoscendo l’attitudine ad una buona capacità di mediare le situazioni di elevata criticità dei conflitti di ordine pubblico, in special modo per le contese religiose, culturali ed etniche.

Questo era il compito affidato nella missione “Antica Babilonia”, dove il 12 novembre 2003, caddero in un vile attentato terroristico i martiri di Nassyrya – Iraq, che nella base militare “Maestrale” stavano coadiuvando le popolazioni locali allo svolgimento di libere democratiche elezioni politiche, per sostituire il Capo del Governo Saddam Hussein, deposto con la forza militare statunitense. Forse i burocrati del Consiglio d’Europa hanno peccato di un errore storico di circa 130 anni, allorquando lo stato savoiardo ebbe la malsana idea, soprattutto in città ad alto tasso malavitoso, come la nostra bellissima Napoli, di arruolare nella Polizia i c.d. “delegati”: criminali amnistiati che in cambio di servire il giovane Stato italiano, al fine di reprimere i fenomeni mafiosi, si macchiavano di torture e di persecuzioni personali e familiari, tanto che si dovette in seguito abbandonare l’esperimento istituzionale. Mi domando i nostri soldi del gettito fiscale nazionale che finanziano gli stipendi di questi sedicenti studiosi con sede a Bruxelles quanto siano sprecati dalla loro disattenzione e miopia, nel tralasciare che il nostro Paese ha maturato una coscienza di alta fiducia verso le Forze dell’Ordine, in quanto gli stessi cittadini mediaticamente quando si verificano fenomeni di reato invoca strenuamente la presenza di più poliziotti o carabinieri o finanzieri!

Non credo di affermare sciocchezze, per cui questo comune sentire comprova che nessun italiano avverta i poliziotti come violenti o come razzisti. I dirigenti sono ripetutamente indottrinati nel senso di ammonire i loro dipendenti ad essere improntati alla massima imparzialità e trasparenza istituzionale. Nella mia professione, spesso ascolto le buone impressioni dei clienti per aver conosciuto un Mar.llo dei Carabinieri esperto nel servizio “antigang”, oppure nella materia delle separazioni dei coniugi, contraddistinte dalle violenze domestiche, esperti membri della Polizia di Stato dell’Ufficio di Prevenzione Generale, che proteggono le vittime in codice rosso. Un ordinamento giuridico che dal caso “Tortora” è approdato al processo del generale Carabinieri Mori e del colonnello Di Caprio, alias “Ultimo”, per la fattispecie del ritardato arresto di molti criminali minori, in attesa di scovare il boss Totò Riina. Soffermiamoci poi sul caso Cucchi, che è stato addirittura celebrato in un film, in materia di violenze sui detenuti, e sul Capo della Polizia di Stato dott. Pisani, il quale ha dovuto patire  l’accusa di favoreggiamento e rivelazione di segreto d’indagine, incontrando il miraggio non scontato della piena assoluzione il 18 dicembre 2013. Le polizie italiane hanno incamerato il metodo “Falcone” di cui la Guardia di Finanza è Istituzione faro del settore della repressione dei reati finanziari, essendo chiamata ad indottrinare i colleghi di tutto il mondo democratico occidentale e non solo, sulle metodologie del c.d. “follow money”, per trovare il riciclaggio del denaro di provenienza illecita.

L’Italia, patria immeritata del fenomeno mafioso, delega alle sue polizie la prevenzione dei crimini ordinari, del terrorismo politico, religioso e della immigrazione clandestina, si candida ad essere il serbatoio della ipocrisia d’Europa, che prima spodesta un Capo di Stato, sulla base della accusa di dittatura – vedasi il caso Gheddafi ucciso brutalmente per strada e non in sede di un regolare processo – e successivamente obbliga la sola penisola all’accoglienza forzosa e diseconomica. Ciò non di meno, un Ammiraglio di Squadra, Ispettore Capo, il nostro ischitano Amm. Giovanni Pettorino, il quale è stato Comandante Generale di una Forza di Polizia coordinatrice delle attività di pattugliamento e soccorso in mare, il Corpo delle Capitanerie di Porto, ricorda in audizione al Parlamento nel luglio 2018 “che la civiltà italiana degli uomini di mare impone il salvataggio dei naufraghi”. L’ECRI ha sbagliato grossolanamente e ricordi alle altre forze di polizia europee, soprattutto in Germania, in Francia ed in Ungheria, che bisogna lavorare molto e molto ancora, per prevenire il fenomeno del neonazismo. Per quanto mi riguarda, ritengo di interpretare il pensiero di tutta la comunità isolana, nel ringraziare gli uomini in divisa per quanto fanno per la comunità, non senza sottolineare che tutti devono sotto la nostra bandiera italiana rispettare la Costituzione e le leggi democratiche.

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