Nei giorni scorsi qualcuno su FB si è rizelato per il suono delle campane e per il fatto che il parroco di una chiesa procidana ha sistemato degli altoparlanti fuori la chiesa in modo che tutti possano sentire e partecipare alle funzioni religiose, anche senza averne voglia. Gli ha fatto eco un’alta voce dalla Chiaiolella che si lamentava che l’orologio di quella chiesa suonava ogni quarto d’ora causando non poco fastidio alla gente. A rigor di logica è tutto giusto. Queste persone hanno ragione: non si può imporre un culto a persone che non credono e non ha più senso far scandire l’ora da un orologio in cima ad un campanile. E’ tutto totalmente sorpassato. Ebbene, cari amici, nonostante il loro discorso sia tremendamente logico, io ci sono rimasto male lo stesso. Ebbè, che volete, io sono cresciuto con il suono delle campane! Tutta la mia infanzia, l’adolescenza e la gioventù sono state scandite dai rintocchi delle campane. Senza parlare dell’orologio della Madonna della Libera che ogni quarto d’ora suonava. Ricordo delle notti in cui non riuscivo a dormire oppure in cui studiavo che questi rintocchi ripetuti fi quasi all’ossessione mi tenevano compagnia tutta la notte. A volte mi sembravano colpi del destino che mi indicavano la via. Ma per me era un male necessario: così doveva andare e così andava. Nessuno pensava di ribellarsi.
Mia nonna regolava la sua vita sul suono delle campane: al Pater noster, a mezzogiorno, all’Ave Maria. Ogni volta che ne sentiva il suono si faceva il segno di croce e mormorava: “Campana santa!”. Se stava facendo un discorso e sentiva il rintocco di una campana si segnava e lo chiamava a testimone della veridicità delle sue parole. Il suono delle campane, nel silenzio assoluto delle campagne e delle strade di allora, si diffondeva per tutta l’isola. Noi ragazzi c’eravamo abituati a distinguerne il suono: calmo e profondo quello della Madonna della Libera; acuto e nervoso quello di Sant’Antuono, largo e corposo a volte, nelle giornate di scirocco, arrivava anche il suono di San Michele. Spesso a mezzogiorno suonavano tutte insieme. Ne scaturiva un meraviglioso concerto che si sperdeva in lontananza. Ed allora si udiva un suono acuto, quasi lacerante: era qualche contadino che sbatteva la “mezza luna” sulla zappa per scrostarne il terreno. Nelle giornate di cattivo tempo o di nebbia spesso mi arrivava il suono delle campane della Pietà. Erano dei rintocchi che si rafforzavano o si alleggerivano a seconda del vento, ma davano un senso di angoscia e di paura. Le campane facevano parte della nostra vita. Oggi non più! Ricordo che anni fa don Michele Ambrosino alla Chiaiolella si lamentava con me perché era stato costretto a procrastinare di un’ora il suono del Pater noster. I “villeggianti” si erano lagnati perché le campane non li facevano dormire al mattino. Quelli erano le prime avvisaglie che tutto stava cambiando. E così è stato! Mi rendo conto che è tutto logico, Peccato, però…..