IL COMMENTO Palermo, Caivano e riflessioni sulla violenza
DI ARIANNA ORLANDO
Non si usi il formulario comune con cui si narra “sette bestie, sette cani su una gatta” quando si vuole rendere dignità e giustizia alla ragazza dello stupro di Palermo, nè si dica che “animali feroci si sono abbattuti sulle bambine di Caivano” quando si vuole dimostrare solidarietà ed empatia alle creature femmine di queste immani tragedie perché nè le bestie nè gli animali feroci sono capaci di concepire la violenza nel modo in cui l’uomo la concepisce e la mette in atto. Primo Levi aveva parlato nel suo saggio “I sommersi e i salvati” di “violenza inutile” quando era stato interrogato sulle motivazioni che, secondo lui, avevano spinto gli aguzzini nazi-fascisti a perpetrare i loro crimini efferati contro l’umanità. Aveva dunque parlato di una violenza “senza senso e senza senno” perché priva di scopo di difesa o di necessità. Nel mondo animale si uccide, ma con la grazia del consenso della natura, per fame oppure per istinto di difesa ma mai per ledere o per distruggere. La sopraffazione è un istinto animale legittimo nel mondo animale ma criminale nel mondo umano che è stato benedetto dal logos e dal raziocinio.
Governano il mondo due morali: una della legge, una dell’etica e sia l’una che l’altra sono state abolite e surclassate dal nerofumo della violenza inutile. La violenza inutile è la pulsione del male, la compulsione dell’aggressione, il desiderio dell’esercizio di un potere macabro e perverso, è la “cosizzazione” delle altre persone e la riduzione di queste ultime a giocattoli di poco valore. La ragazza di Palermo è stata ridotta a una bambolina di juta, semplicemente una cosa con i capelli e gli orfizi scavati tra gli unguini dalla nobiltà della natura umana. Creata per il godimento consensuale, per la bellezza, per l’esperienza del mondo, è diventata invece preda della “violenza inutile”, “vittima dell’innocenza di stare al mondo”. Non ci pare vero di dire queste cose, di sentire questi aghi sulla nostra pelle quando pensiamo al disprezzo con cui un essere umano è stato trattato da altri esseri umani e ci vengono in mente quei lunghi discorsi in materia religiosa sui perché, sui liberi arbitri, sulla necessità della sofferenza e sull’elezione del dolore. Ci chiediamo quale senso abbia avuto la banalità del male puro e ordinario di una serata di luglio, di molti giorni d’estate e quale decisione abbia determinato l’abbruttimento in un solo tratto di tutta la meraviglia di Palermo, delle potenzialità di Caivano. Palermo è nello specifico la meraviglia delle meraviglie e come possiamo convivere noi con l’ennesimo insulto alla sua magnificenza, con l’ennesimo imbratto della sua vitalità, con l’ennesimo schiaffo alla sua pietà. In luglio si addobbavano le spose e in agosto andavano incontro ai loro altari profumati mentre nel grembo della città si celava il segreto orrendo dell’orrore. E non si dica che Palermo e Caivano sono città abituate allo stordimento della violenza perché ogni violenza è nuova e possiede un antidoto nella fede e nella cultura.