IL COMMENTO Oltraggio al redentore
Mentre i nostri amministratori s’ispirano alla saggezza delle tre scimmiette shintoiste giapponesi: non parlo del male, non vedo il male, non sento il male, purtroppo il male c’è e a nulla serve ignorarlo. Non serve, come abbiamo scritto, per il brutto parcheggio della Siena, non serve per il polifunzionale mai collaudato e non più collaudabile, e non serve per un altro scempio perpetrato alla memoria storica del Porto d’Ischia. Ci riferiamo alla bruttura della tenda con luci multicolori pubblicitarie scorrevoli che “offende” la vicina statua del Redentore.
Nel 1903, 8 novembre, fu inaugurato il Monumento al Redentore sul Porto d’Ischia, su cui una lastra marmorea a ricordo, portava inciso: “A Cristo Redentore, Re del Mare, l’isola d’Ischia – 1903” La storia ci racconta che l’idea di innalzare quel monumento a Cristo Re del Mare iniziò nel 1901 (120 anni fa) con l’arrivo ad Ischia del Vescovo Mario Palladino, religioso con forti caratterizzazioni letterarie e poetiche. L’importanza del Mare per Ischia doveva essere immortalata per lanciare l’isola maggiormente nell’agone turistico nazionale ed internazionale. Fu costituita una Commissione mista tra rappresentanti dell’Amministrazione comunale e del Comitato organizzativo religioso. Molti di questi erano orientati a situare la statua sulla Pagoda. Il Vescovo considerava bella la “veranda” della Pagoda ma in contrasto con lo spirito del Monumento, in quanto il significato della parola “monumento” è “ammonimento” e quale ammonimento poteva mai essere impartito dalla Pagoda e a chi poteva da lì essere rivolto? Dunque, il Cristo Redentore non poteva che “ammonire” dalla piazza di Portosalvo che, all’incirca un secolo prima (1800), per volere di Ferdinando II di Borbone, era stata arredata con rigogliosi oleandri, ginepri ed altre piante esotiche.
Poi, nel 1854, arrivò l’apertura del Porto e dal lato dell’Albergo Angarella, ci fu lo sviluppo di partenze ed arrivi di piroscafi tra Ischia e Napoli, mentre nella piazza di Portosalvo salpavano ed arrivavano velieri genovesi per il traffico dei vini e, presto, il passaggio di carri per gli imbarchi di merci “spianò” il verde rigoglioso. Poi, negli anni del ventesimo secolo, scemò il traffico dei velieri commerciali e la piazza divenne “spoglia” e depressa. Fino al 1903, quando si decise di adornare la piazza con la statua del Redentore. Il progetto della statua fu affidato all’ing. Francesco Fusco, l’esecuzione all’ing. Luigi Parisi di Casamicciola. I blocchi di marmo occorrenti arrivavano da Venezia e i tecnici esecutori venivano da Resina. All’inaugurazione del Monumento erano presenti autorità religiose e civili: ben 5 vescovi (di Nicastro, di Cassano Jonica, di Caserta e di Pozzuoli, oltre al vescovo d’Ischia). La statua fu consegnata dal Vescovo Palladino al Sindaco d’Ischia che – udite, udite! – promise solennemente di “passare ai posteri, inviolato ed inviolabile, il gioiello raggiante di arte ischitana”.
Oggi, la Chiesa locale non ha nulla da dire agli amministratori sulla “violazione” della statua? La piazza fu ripulita e sistemata a salotto per i turisti, con un quadrilatero ai cui quattro angoli vennero sistemati quattro grandi vasi di fiori. Per la gioia degli intellettuali dell’isola venne, nell’occasione, stampato un opuscolo in carta patinata, di ben 72 pagine, con illustrazioni e scritti di 18 Cardinali, 29 Vescovi, dieci Prelati, di cattedratici, in lingua italiana, latina e perfino in greco. Successivamente, man mano che le corse delle navi aumentarono, si pensò di erigere un casotto per biglietterie, però la Soprintendenza bocciò il progetto. Ma, a distanza di 2 anni, la Soprintendenza cambiò idea e autorizzò la biglietteria ed anche un bar. Iniziava il “progresso” economico (ma fu vera gloria?) Oggi, alla biglietteria, al bar, all’edicola di giornali, si aggiunge un tendone circondato da enormi tabelle luminose multicolori cangianti, a stretto gomito con la sacrificata statua del Redentore. Di recente, i fratelli Lubrano, su questo giornale, hanno lanciato l’idea di situare la statua sul Tondo di Marco Aurelio. E certo, da quella posizione privilegiata, la statua avrebbe chi e come “ammonire”! Tuttavia, proprio adesso che emerge la possibilità che il Tondo nasconda una struttura edile (villa marittima?) di origine romana, non è opportuno prendere iniziative che potrebbero, in qualche modo, contrastare con le ricerche archeologiche. Mi piace chiudere questo articolo con quanto scritto, a proposito della piazza di Portosalvo, dal capitano Ferdinando Amato in un suo libro, una sorta di “diario di bordo”, dal titolo “Pescando nei ricordi e nei brogliacci di bordo”. A novembre del 1995, Amato, dopo un periodo di assenza da Ischia, vi fece ritorno e trovò una sorpresa nella Piazza di Portosalvo, che egli era solito frequentare con amici. Fu l’amico Ciccillo Pisani a renderlo edotto dei cambiamenti nel frattempo intervenuti. In occasione della visita di Papa Wojtyla ad Ischia, le autorità ecclesiastiche e demaniali avevano eliminato i ceppi di oleandro ai piedi della statua ed anche l’aiuola e le panchine (dove Amato ed altri pensionati erano soliti sedersi e chiacchierare) nell’intento di rendere più visibile la statua. Così, l’altro amico di Ferdinando, Crescenzo Mattera, non poté più canzonare Amato con la frase: “ E che è? Sei finito anche tu sulle panchine del Redentore? “ Da allora Amato non trovò più gusto a frequentare la piazza di Portosalvo. Altri tempi, altre sensibilità, altra umanità! Oggi, quanti reagiscono all’oltraggio del Redentore per stupide e chiassose tabelle pubblicitarie? Ah, dimenticavo, io mi scandalizzo dell’offesa alla statua, pur non essendo credente, perché – oltre a riconoscere in Cristo il portatore di valori universali – rispetto la storia dei popoli, che ammette l’evoluzione, ma non la dà per scontata.
Ancora un articolo autorevole di Franco Borgogna, sentinella del territorio che dimostra quanto sarebbe importante che Ischia eleggesse un sindaco colto e sensibile alle dinamiche del paese.
Invece ci ritroviamo ad essere amministrati dalla peggiore classe dirigente degli ultimi cinquant’anni che sta producendo solo danni irreversibili al tessuto sociale.
Grazie di esistere Franco!
Condivido in pieno segnalando che anche un’altra insegna tipo Las Vegas è stata installata su via Michele Mazzella