IL COMMENTO Novembre e la Sea revolution
DI LUIGI DELLA MONICA
A ridosso della tragedia del novembre 2022, il meteo non si smentisce, ma questa volta la perturbazione si scaglia sull’Alto Tirreno, che sta diventando il punto di maggiore criticità delle tempeste d’acqua e del moto ondoso: stamane i notiziari argomentavano dell’avvistamento a largo delle coste toscane innanzi alla Corsica di tzunami che superavano gli otto metri di cresta (pari al 3^ piano di un palazzo in altezza). Casamicciola due anni fa, con ferite impossibili da rimarginare, subiva la furia del vento e dell’acqua, falciando per sempre le vite di tanti angeli innocenti. Eppure, se il mare non deve essere affrontato durante le burrasche salvo esigenze ineluttabili, come il pronto soccorso degli infermi gravi, delle prestazioni salvavita oppure per gli approvvigionamenti di alimenti ed energia elettrica o di gas liquido, lo smaltimento rifiuti, si pone certamente il nodo focale ed epocale della vetustà del naviglio destinato al trasporto civile di persone e di merci.
Non mi produco in giudizi valutativi sulle unità in esercizio, sia perché non ne ho le competenze, sia perché non mi interessa sindacare le scelte imprenditoriali del mondo armatoriale. Il mio sogno è navigare anche quando il mare arriva a certe condizioni perturbate della stagione autunnale e primaverile, ovvero i venti di grecale talvolta in inverno, nella serenità di sentirmi uguale agli abitanti della terra ferma. Arrivare a questo obiettivo è possibile, ma certamente si deve riflettere sul punto, in quanto la Comunità Europea vieta da oltre 20 anni gli aiuti di Stato alle società di armamento, che sono ipertassate ed ipercompresse dal sistema normativo. Poi però si scopre che la Gran Bretagna, ormai fuori dall’Europa stessa, mantiene forti influenze economiche in Malta, Paese membro e parte integrante della nostra Comunità, dove le società di capitali, mantenendo forme anonime e celando l’identità dei soci, sono sottoposte alla tassazione piatta del 15%, mentre gli utili distribuiti ai soci non costituiscono base imponibile per il Fisco maltese. Paradiso fiscale o semplice ingiustizia? Purtroppo è tutto legale. A questo punto, non voglio buttarla in politica, perché alcuno potrebbe sempre accusarmi di filomelonismo, o salvinismo, ma Signori lettori vi renderete conto che le tassazioni piatte forse non sono tanto negative per il sistema economico globale, visto che l’Italia deve scegliere se determinare le condizioni oggettive per un’economia espansiva, o fortemente recessiva, come consegue ad un sistema fiscale eccessivamente aggressivo, ma tollerabile solo per i dipendenti pubblici.
Quanto al mondo della cantieristica navale, l’Italia è l’eccellenza mondiale dell’efficienza e del lusso sull’acqua, per citare solo i cantieri di Venezia e quelli di Messina per l’area industriale, mentre il lago d’Iseo è stato la culla del miracolo italiano anni’60 del motoscafo “Riva” e Viareggio per il veliero “Baysian”. Purtroppo, la Nostra penisola, da culla del manifatturiero navale di stazza superiore alle 500ton, media e piccola, area geografica che era in grado di costruire lo scafo, ma anche di rifinirne la meccanica e gli arredamenti interni, inversamente è diventata la culla delle tasse: una unità da diporto è sinonimo di lusso, viene vista non come un trasporto alternativo ed ecosostenibile, ma come una proiezione di un privilegio individuale, che deve pagarne il prezzo elevatissimo alla società circostante. Nella nostra isola, assistiamo all’ormeggio in obsoleti campi boa, semplicemente gestiti da cooperative, che costituiscono l’ossatura della economia costiera, ma non comprendono che potrebbero diventare i monopolisti di un new deal dell’accosto. Anziché creare gli ancoraggi delle imbarcazioni con corpi morti vicini alle spiagge balneabili, si potrebbero installare delle vere e proprie piattaforme ad un miglio dalla costa, creare corridoi destinati al solo passaggio delle imbarcazioni da diporto e di classe turistica, senza creare promiscuità con le tratte di navigazione percorse dalle unità navali impiegate nei collegamenti pubblici, ovvero privati in regime di concessione. Si potrebbero individuare aree destinate agli sport acquatici, quali il nuoto, il canottaggio, gli acqua scooter, la vela, in perimetri acquatici protetti ed inibiti agli altri natanti. Naturalmente si dovrebbero studiare le fattibilità geomorfologiche dei fondali e della rosa dei venti, ma con un po’ di buona volontà di tutti, imprenditori e pubblici amministratori, si potrebbe approdare alla “sea revolution”.
Per gli aliscafi, ci si potrebbe avvicinare alla tecnologia “Hydrofoil” che ottimizza l’energia rigorosamente elettrica di cui l’imbarcazione necessita per navigare riducendo l’attrito e sollevando lo scafo; una quota del 25% rispetto a quella sfruttata da altre barche elettriche della medesima tipologia, consente di navigare in condizioni di sicurezza e confort anche con moto ondoso superiore al metro di cresta e pure oltre. Nuovi traghetti potrebbero essere commissionati per la categoria monocarena veloce, per destinarli al trasporto passeggeri ed automezzi. Gli abbonamenti dei pendolari e residenti dovrebbero essere uniformati con le tariffe uniche per Napoli città e Pozzuoli, i lavoratori delle categorie LEP dovrebbero anche avere delle corse dedicate specificamente, in ragione delle fasce orarie e delle tipologie di lavoro (istruzione, difesa, polizia, sanità, giustizia). Il problema rimane comunque essenzialmente fiscale. L’isola non riesce a riprendersi pienamente per il carico pesantissimo di prelievo dell’Erario, per cui non riesce nel punto nevralgico della sua uguaglianza sostanziale con la terra ferma, il trasporto marittimo, a dare impulso alla sea revolution. Un illustre economista del Sud, che citerò in una prossima occasione, precisando quindi che non ha mia paternità questa proposta, suggeriva di localizzare sull’isola l’abbassamento delle aliquote fiscali. In altri termini, come in Malta, oppure nella Catalogna per le isole Baleari, ancora per le isole Azzorre, implementare dei regimi fiscali agevolati: in tal guisa, abbassando le imposte dirette, riducendo l’iva sui beni essenziali al 4%, al 10 per i beni\servizi ordinari, per le sole realtà imprenditoriali isolane, si consentono nuovi investimenti in mezzi ed in assunzioni di personale. Sparirebbero le società di lavoro interinale che appaltano manodopera di addetti al servizio turistico, frapponendosi al vecchio ma efficace sistema della chiamata diretta dell’operatore residente sull’isola, si darebbe una forte sforbiciata alla economia parassitaria del mare, che in Ischia, come nelle vicine Procida e Capri, diventerebbero delle piccole principati di Montecarlo. Creare delle frecce del mare, come gli ETR sull’acqua, garantire dodici mesi all’anno equipollenza della vita fra isole e terraferma, pianificare il numero degli accosti delle imbarcazioni destinate allo svago delle persone, residenti o turisti, invogliare la pratica degli sport acquatici, proteggere i bagnanti dal contatto con i natanti in transito, tutelare le praterie di posidonia e creare aree di dolph-watching o turtle watching, proietterebbero le isole del Golfo di Napoli nel panorama delle eccellenze mondiali. La ricetta è comunque una sola: il coraggio dei folli, non certo il qualunquismo della massificazione culturale. Ho un solo auspicio, che non rivolga le mie parole al vento.
* AVVOCATO