IL COMMENTO Nascere altrove per i procidani è una necessità
Cari amici mi concedete di non parlare del festival di San Remo? E di scegliere un altro argomento? Si? Allora va bene. Tutti sappiamo che qualche giorno fa su un traghetto, precisamente il “Benito Buono”, è nata una splendida bambina, proprio al largo di Procida, zona Lingua. Questo esserino delizioso aveva una fretta terribile di affacciarsi in questo nostro mondo. Speriamo che crescendo lo trovi bello e non abbia a pentirsi. Alla notizia un’ondata di commozione ha assalito tutti. La mente è corsa a “é nata mmiez’o mare, Michelemmà! Michelemmà!”. E tale dovrebbe essere il nome di questa bambina. Affiora alla mente anche la nascita di Venere dalle acque. Questa idea è più fine e meno ruspante. Ma come è successo il fatto? Questa donna, seguita dal suo ginecologo, aveva deciso di partorire in terra ferma e di prima mattina, in una fredda alba di questo gelidofebbraio, si è imbarcata insieme allo specialista per raggiungere il continente. Ma la nascitura non le ha dato il tempo; è venuta fuori subito dopo lo scalo di Procida. Figurarsi lo scompiglio che si è generato a bordo! Alla fine tutto si è risolto nel migliore dei modi perché il Padre Eterno è grande. Pare che il comandante della nave abbia reciso il cordone ombelicale. Euforia collettiva! Tutto molto romantico, lacrime di gioia. Ma in tutto questo piacevole trambusto mi viene spontanea una riflessione. La signora in questione avrà avuto i suoi buoni motivi per spostarsi da Ischia ed andare a partorire in terra ferma. Ma sull’isola verde c’è un ottimo reparto di maternità fornito dei sanitari e mezzi necessari per la bisogna. Ma la signora ha preferito andare fuori, quindi la sua è una scelta, è un “opzione”.
E qui mi viene da fare un’altra osservazione: una donna di Procida, nelle stesse condizioni, non ha questa possibilità di scelta. Deve partire e basta! Sulla nostra isola non c’è un reparto maternità. Quello che per la donna ischitana è una scelta opzionale per la donna procidana è una necessità. Ed io in queste cose ci sono passato in prima persona. Qualche anno fa mia figlia ruppe le acque alle due di notte; la portai in ospedale qui a Procida, ed il ginecologo di guardia, persona preparatissima e disponibilissima, mi disse chiaro e tondo che non era possibile farla partorire sul posto. Venne allertato l’elicottero e, dopo una mezz’ora, mia figlia si librò in aria, destinazione Ospedale Cardarelli Napoli. Noi familiari rimanemmo sull’eliporto, con il naso in aria, a guardare l’elicottero che si allontanava. Mia figlia partì da sola perché sul mezzo non può salire nessun’altra persona. Noi al Cardarelli arrivammo due ore dopo, a cose fatte. Questo ospedale, checché se ne dica, per lo meno nel reparto maternità funziona come un orologio di precisione. A questo punto mi sorge spontanea un’altra riflessione: è mai possibile che di questi nostri tempi a Procida ci si debba comportare ancora così?Gli Ischitani sono cittadini di serie A e i Procidani di serie B? Già sento le recriminazioni: non è possibile organizzare a Procida un reparto di maternità per la ristrettezza del territorio, le forti spese che ciò comporta e lo scarso numero di nascite all’anno (circa cento). Ma il discorso sulla Sanità dovrebbe essere indipendente dal discorso economico. La salute non ha prezzo. Già l’ospedale di Procida ha i servizi ridotti all’ osso. Parecchie prestazioni non vengono più erogate. Invece di andare avanti stiamo andando indietro. Provo quasi invidia per la signora di Ischia che ha partorito sul traghetto: lei aveva la possibilità di scelta, ma le donne di Procida no!