DI LUIGI DELLA MONICA
Vorrei scrivere una lettera ad un napoletano che deve morire. L’antimeridionalismo da baraccone dei grossi nomi blasonati del giornalismo nazionale ritengo abbia cagionato una psicosi degli haters del web, che hanno perfino pensato di bersagliare il Ministro degli Esteri, perché di origini campane. Mah! Francamente ignoro le motivazioni di questi “signor nessuno” che pensano di arrivare alle cronache giornalistiche – purtroppo per loro arriveranno soltanto a visitare le patrie galere – infangando un Ministro della Repubblica per la sua provenienza regionale. L’alimentare sciocchezze e pettegolezzi, talvolta, cari signori giornalisti “politicaly correct”, può portare sprechi di spesa pubblica: nessuno può pensare che parole scritte ovvero dette a sproposito, come quelle della Dott.ssa Dalla Chiesa e dell’augusto Direttore Feltri, nei mesi scorsi, la prima sulla esortazione ai “suoi” amici del Nord ad evitare Ischia per le vacanze ed il secondo sulla sedicente questione meridionale, hanno potuto gonfiare il petto di alcuni codardi nascosti dietro il proprio desktop, i quali hanno trovato il cosiddetto. coraggio di articolare minacce, intimidazioni ad un Ministro, al punto di rafforzargli la scorta e la sorveglianza, con impiego di ulteriori uomini e dispiego di mezzi per intercettazioni telematiche o forse ambientali.
Siamo arrivati al paradosso che un Ministro campano deve essere monitorato con particolare attenzione dalla Forze di Polizia e dai Servizi di Sicurezza, perché, al di là delle sue opinioni ed azioni istituzionali è di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli. Non so se ridere o piangere; non riesco a comprendere se il cervello sia stato bruciato dal “lockdown” oppure da pregresse condizioni di salute mentale degli “haters”. Mi verrebbe da dire, nella lettera al napoletano che deve morire, che quando una nazione era prostrata da una guerra scelleratamente dichiarata il 10 giugno 1940 e durata oltre 5 anni, un avvocato napoletano, tale Enrico De Nicola, Capo Provvisorio dello Stato, ideò la geniale e sopraffina “tregua istituzionale”, dando modo ad un Paese, dilaniato dalla povertà e dal disonore della sconfitta, di mantenere una dignità sul piano delle relazioni internazionali con le Forze Alleate. Non so cosa sarebbe accaduto se l’Avv. Enrico de Nicola, da napoletano, fosse morto. Allo stesso modo, in termini di reciprocità culturale e sociale, devo riconoscere che, allo stato dei fatti storici, il convegno del 30 giugno 2018, organizzato dal Consigliere dell’Assoforense di Ischia Francesco Cellammare, al tempo Presidente, diede prova tangibile che fu proprio la Lega del tanto odiato Salvini, mediante l’On.le Cantalamessa, a dialogare istituzionalmente in Commissione Giustizia al Senato per la proroga, se pur ancora temporanea, della permanenza della Sezione Distaccata del Tribunale sull’isola d’Ischia.
Pertanto, non giova di norma augurare la morte ad alcuno, di qualsiasi provenienza geografica o politica esso sia, tanto che sta accadendo anche allo stesso Sen. Salvini, da ultimo. Nella lettera al napoletano che deve morire, aggiungerei di cancellare pure l’estinto “Banco di Napoli”, che, nella ipotesi fosse oggi di proprietà partenopea, non avrebbe procedure interne così farraginose per il credito da erogare alla imprenditoria meridionale, che deve ricevere autorizzazioni dalla direzione commerciale della virtuosa Torino. Sicuramente dovrebbe morire anche Eduardo De Filippo quando nella monumentale opera cinematografica del neorealismo “Napoletani a Milano”, 1953, affermò con la sua lingua tagliente come il rasoio “ questo è il milanese…lasciate parlare a me…l’antagonista orgogliosamente voleva convincere il capo popolo, interpretato dal Grande, che egli fosse portavoce del rogresso e pertanto dovevano sgomberare le baracche di Piazza Mercato e fare posto al progresso… :<<Né ma voi avete visto il progresso???Ingegnere noi il progresso non l’abbiamo visto e siccome non è ancora venuto ve ne andate voi e il progresso subito!>> . Ancora ad un avvocato oriundo meridionale rispondeva nella città meneghina: << avvocà voi dite che noi non abbiamo voglia di lavorare???…Replica dell’interlocutore: << E’ proprio il vostro modo equivoco di comportarvi che genera l’opinione che voi siate sfaticati…Il monologo che ne uscì dalla bocca di Eduardo è storia della nostra Italia: << avvocà voi fate di tutta un’ erba un fascio…eh già perché voi siete erba pulita, erba fresca, profumata e l’altra erba…noi…ci volete buttare via?…MA NON CAPITE CHE PIU’ CI TRATTATE PER ERBA CATTIVAE PIU’ DIVENTIAMO CATTIVI! Eh già doveva morire questo napoletano che osava da straccione affrontare il capitalista milanese.
Come pure doveva morire, oh…purtroppo è morto da 26 anni scusate, quel napoletano che disse che da ragazzo a San Giorgio a Cremano tanto era povero che si mangiava una pizza divisa in due o tre amici (Massimo Troisi). Ancora mi sconcertano quei sedicenti meridionalisti che accusano i loro conterranei di essere simpatizzanti della Lega e poi si scopre che sono tifosi juventini, milanisti oppure interisti: è questa incoerenza oppure libertà costituzionale di pensiero, di opinione, di cultura, di religione, di identità individuale, di condizione personale? Non venga equivocato il mio pensiero come filo politico oppure celebrativo di una parte piuttosto che di un’altra: sto tentando di ridicolizzare l’odio, la psicosi collettiva, il sospetto, la rabbia sociale quando determinata da pregiudizi ed ignoranza.
Vogliamo capire che la strada da un pensiero stupido all’azione criminosa è brevissima?
Ma davvero è possibile desiderare la morte ancora oggi dopo il “lockdown” indotto dal “COVID19”, non posso pensare che quegli stessi odiatori del web che hanno augurato la morte al Ministro De Maio ed al Sen. Salvini ed ai napoletani tutti desiderino un mondo deserto e vuoto, come è stato quello per circa 2 mesi trascorsi. Una cosa mi preoccupa e cioè che la condanna ideologica a queste idiozie sia stata soltanto a parole e non con misure istituzionali severe. Dobbiamo capire che in un momento storico in cui i simboli si imbrattano e le opere d’arte si tentano di distruggere, alla maniera ISIS per così dire (sito archeologico di Palmira oppure i Buddha di Bamyan), ma ciò non avvenne diversamente durante il nazismo o lo stalinismo, siamo nel preludio del nichilismo politico e sociale. Non basta la semplice reprimenda televisiva, ma bisogna una volte per tutte nel nostro Paese finanziare e promuovere gemellaggi fra aree Nord e Sud Italia, creare un costante dialogo culturale: la civiltà comunale è retaggio di circa 800 anni fa; non è più positivo alimentare i campanilismi! Il servizio di leva obbligatoria andava giustamente soppresso, ma la sua funzione di integrazione sociale era innegabile.
Si badi bene che questo discorso è pienamente attuabile sull’isola d’Ischia che si guarda bene dall’attuare il progetto del Comune Unico, che la storia poi insegna essere stato applicato soltanto nell’esecrabile epoca fascista. Ad Ischia si dice spesso “tu sì e Serrara, sì e Furie’, si e’ Campagnan”…potrei continuare…
Se deve essere nichilismo, l’unico nichilismo positivo sia quello dell’annientamento dell’odio e della ignoranza! In tal senso, i giornalisti che hanno il dono della parola e sono lo strumento con cui i cittadini italiani esercitano il diritto costituzionale di cronaca e la libertà di opinione ex art.21 Cost. non devono cadere nelle chiacchere da bar: non è tollerabile che una persona abilitata ad orientare le opinioni dei cittadini affermi “non venite a Ischia” – I meridionali sono inferiori”.
Nel caso di specie, ce lo insegna Giulio Cesare, la cui statua mi risulta abbia subito di recente atti vandalici in Belgio, i soggetti in questione potrebbero cospargersi il capo di cenere e pubblicamente ammettere di avere esagerato e tutto potrà risolversi.
Tuttavia, lasciare qualcosa di intentato, di non detto, rischia di accendere fuochi di demenza collettiva, che si alimenta nel mare della ignoranza così notoriamente pieno di pesci famelici. Mi capita spesso nel mio lavoro di vedere che le persone del ceto meno abbiente, da un punto di vista culturale, si servono delle frasi preconfezionate dagli intellettuali, oppure ne sono affascinati dal fattore emulativo, pesando spesso il valore delle frasi propugnate dalle donne e dagli uomini di cultura in base alla identità dell’estensore, alle simpatie personali, all’estetica del pensatore, e non alla natura oggettiva del messaggio diffuso. Questo fenomeno deve essere conosciuto ed eliminato energicamente dai personaggi mediatici, altrimenti genera un nocivo odio sociale.
* AVVOCATO