LE OPINIONI

IL COMMENTO L’essenza del Venerdì Santo

In questi giorni si è manifestato il grido di dolore di ripristinare il nostro Venerdì Santo procidano con tutta la sua coreografia e scenografia, con la compiutezza creativa e armoniosa della gioventù isolana a costruire tanti geniali “misteri” che rappresentano l’itinerario della passione di Cristo. La pandemia del covid ha svelato alla comunità procidana che il non poter effettuare tale processione fa nascere il pericolo di entrare nella perdita di senso della propria esistenza. Così è subentrata una smania tormentata di uscire da una perniciosa catalessi di sospensione, di abbandono che può condure all’abisso della smemorizzazione delle generazioni future. In tale direzione abbiamo visto che il consiglio comunale ha tenuto all’ordine la proposta di preparare le modalità per far diventare la processione patrimonio dell’UNESCO. Tutte ottime cose da mettere in cantiere e da fare. Ma l’essere Capitale italiana della cultura e la tragedia della guerra in Ucraina, voluta da un feroce portatore del disumanesimo crudele, pone la nostra comunità, attraverso il Venerdì Santo, a costruire un profilo più alto e universale. Cioè, farlo diventare l’evento che racchiude in sé il significato simile alla giornata della memoria dell’olocausto. E il modo giusto di accompagnarlo partirebbe dal prendere spunto dalle parole illuminate del sacerdote Libero Lubrano, tratte dalla sue sublime riflessione “Un breve itinerario della crocifissione”.

“Il termine crocifissione con il Cristo entra nella storia con significato pari all’acqua che viene fuori dalla viva roccia e, attraverso ostacoli e detriti, dilaga sempre più forte, levigatrice e trasformatrice. Nella realtà di Cristo l’uomo si è affacciato guardando la propria chiarezza. Nella sua miseria e imperfezione invoca aiuto, ordine, equilibrio e misura. Si vuole guardare al di là della morte, parlare a qualcuno che s’intenda di esso che ce ne dica il perché. La croce così inizia il nostro cosciente cammino quindi si snoda con quella del nazareno che in essa apre il dialogo al mondo, dona le ragioni di un guardare più in alto. Attualmente il dialogo del mondo è un dialogo chiuso, negatore, toglie alle cose i valori universali ed eterni per cui soltanto un umanesimo samaritano può donare il giusto senso delle cose e del valore dello stare insieme. Ecco che l’umanesimo della croce non è stanchezza ma possibilità e speranza.”

Come si può rilevare, tali penetranti espressioni, datate 1962, appaiono carne viva della drammatica situazione dell’eccidio in Ucraina. Che ci inserraglia di nuovo in un’esistenza che soffoca e grida con i nostri occhi rivolti ad un umanesimo di sofferenza, schiacciato nell’indigenza dalla prepotenza di chi ormai possiede un cuore desertificato, senza pietas. Prendendo spunto dal titolo di un’esemplare romanzo di Ernest Hemingway “Per chi suona la campana?” ci azzardiamo ad affermare che ogni cosa porta ad indicare la cara Polis Micaelica a farsi portatrice universale di tale annunzio evangelico. Sarebbe meraviglioso e straordinario che dal 2022, dal suo scenario incomparabile di bellezze racchiuso in un’avvincente danza armoniosa tra terra, mare e cielo, spiccasse il volo cosmico l’itinerario del nostro Venerdì Santo come giornata intensa che educa la pace interiore e dell’equilibrio che coinvolge l’umanità intera in un comune e solidale destino. Una pace comunitaria che ha come emblema l’inno della gioia, suonato in modo struggente da musicisti della stupenda città cosmpolita Odessa. Trepidante per il funesto arrivo delle bombe che spezzano vite di innocenti. Una pace che diventi una formazione creativa ed aperta delle relazioni umane. Dove si sviluppano le arti, si può fare musica, seminare, mietere i campi, costruire tante opere che elevano la qualità delle persone. Diventa il tempo della riflessione serena e saggia nella quale si attua l’arte della maieutica che partorisce, fa nascere la maggior parte delle cose buone. Così questo piccolo lembo di terra, con la sua forma di tartaruga abbracciata al mare, acquisisce la proiezione di un faro di luce gigante a chi proviene da una lunga e agitata navigazione.

Postilla finale

Apprendiamo che quest’anno la processione tornerà a svolgersi, dopo due anni, ed è quindi l’occasione che si presenti con un messaggio incalzante rivolto al mondo e il simbolo di forte suggestione sarà quello che il corpo magnifico del Cristo morto sarà accompagnato dagli angioletti e dagli anziani delle confraternite e può essere la testimonianza che il passato, il presente e il futuro dell’isola dell’arcangelo si presenta come luogo permanente di pace, unica sostanza che rende possibile il fiorire della vita.

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