DI ANNA DI MEGLIO COPERTINO
La piazza il paese la domenica. Il prete, il sindaco, l’artista. I banchi l’odore del cibo. La gente locale, quella dal perimetro semplice e noto del pane quotidiano. Il sole tenue dei primi di novembre. Il mese che ci ricorda chi andò via prima di noi. E, coperto prima, svelato poi: l’Angelo … De Angelis, alla latina, da cui si origina. Bellissimo. Dallo slancio potente, inenarrabile, un anelito vibrante di desiderio struggente, un sogno di infinita elevazione oltre e a dispetto delle pur splendide ali prostrate.
E, ancora, nello spazio, nell’aria, impigliato fra gli alberi, fra le sedie, fra gli sguardi pregni di alcuni volti, il Dolore. Le Madri. Il cui urlo silente attraversa il tempo. Figli caduti. O volati. O caduti in volo. Le madri han cucito una trama di pietas, ragnatela lucente fra le proprie ferite, vi hanno avvinto un altare una bandiera cento storie e han bussato alle porte dell’arte, che sa far intenerire la pietra. Un antico lutto ha sussurrato fra i mari, dall’Egeo al Tirreno, da Creta a Ischia, da una folla di dèi a un unico e trino. Chi con ali di cera sognò di esser solo nel sole cattura nel sogno ogni sogno di ogni giovane vita smarrita. Icaro. L’Angelo. E Daniel. E Antonio. E Francesco. E … E nel borgo, mentre cala la sera,fra gli eroi e la casa dalle mura colore del tramonto e dell’alba, della vita che si chiude e si apre, si suggella, in un cerchio di arte, immortale memoria-omaggio, l’incontro fra attimo e Storia.
IL CANTO DI ICARO
Verso la luce, Padre,
Della libertà
Volesti guidarmi.
Ma ben altra
Luce
Fu ciò ch’io vidi
Di là dal limite
Che il vostro
Orizzonte chiude.