LE OPINIONI

IL COMMENTO La strada dell’arte e l’arte di strada

Ischia non è solo l’isola di Santi (protettori politici) e Naviganti (internauti h 24). E’ anche, e sempre più, isola di artisti. Ci fosse ancora il prof. Edoardo Malagoli, avrebbe da descrivere l’abilità di molti artisti attuali, come fece, per gli artisti suoi contemporanei, nel suo memorabile saggio “La tradizione culturale ed artistica dell’isola d’Ischia” edito a cura dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e del Circolo Sadoul, per il quale ultimo il professore contribuì alla fondazione esattamente 40 anni fa. Nel saggio citato descrisse le qualità, le tecniche e l’ispirazione di Gabriele Mattera, Luigi Coppa, Michele Petroni, Luigi de Angelis, Giovanni Maltese, Bolivar Patalano, Giovanni de Angelis, Aniellantonio Mascolo, Mario Mazzella, Marianna Coppa. Ci spiegò che valutare appieno un’opera d’arte comporta saper recidere i fili che collegano l’autore con l’opera stessa, per apprezzare quest’ultima nella sua autonomia. Già allora, il professore intravedeva i tempi cupi in cui l’isola andava avvolgendosi; infatti, enunciato il principio di “autonomia dell’arte rispetto al suo autore”, avvertiva però che questa operazione andava complicandosi nell’era del caos etico,politico ed ideologico che si affacciava. Vedeva l’avanzare di uno sterile sperimentalismo fine a se stesso, corrispondente al vuoto di pensiero di una società smarrita. Nel caso di Gabriele Mattera e degli altri artisti isolani, da lui esaminati, vedeva ancora l’intuizione artistica scevra di ogni appesantimento didascalico, strumentale ed ideologico. L’austerità di Gabriele Mattera derivava dall’austerità del Castello Aragonese, in cui viveva e dipingeva.

Il prof. Edoardo Malagoli

Ma c’era anche un’altra caratteristica che Malagoli scorgeva nell’arte figurativa ischitana: una autonomia e indipendenza rispetto a una grande città e a una grande storia come quella di Napoli. Ischia, nei colori e nei tratti dei suoi pittori, conservava un proprio mondo di tradizioni e segni, che i rapporti stretti con la città non erano riusciti a scalfire. Ecco quello che Malagoli scriveva delle opere di Aniellantonio Mascolo: “Decano indiscusso degli artisti dell’isola che, insieme a Luigi de Angelis, sembra meglio incarnare il talento naturale e la perennità della tradizione classica. Decisiva è stata per lui la scoperta del Trecento toscano e di Jacopo della Quercia oltre che della problematica moderna mediata attraverso Martini”. E si riferisce alle sculture,ai bassorilievi, alle formelle in altorilievo, alla xilografia. Di Giovanni de Angelis, che era considerato al tempo il “giovane artista” Malagoli mette in risalto la grande capacità di lavorare un materiale ostico come la pietra lavica dell’isola. Di Bolivar, arrivato in età matura all’apice artistico, rilevava l’intensità, l’esplosività delle immagini tese a decriptare la psiche umana. Michele Petroni è il “pittore ingenuo”, il cui lirismo espressivo sembra voler celebrare un ritorno alle origini, all’infanzia. Di Mario Mazzella, Edoardo Malagoli coglie in particolare l’atmosfera silente, in contrasto con l’assordante metamorfosi turistica che l’isola stava imboccando. Un silenzio che richiama la perenne sacralità della vita .Infine di Luigi Coppa, intriso di accenti esotico-marocchini, evidenzia la linearità e la pulizia dei corpi ancor prima che dello spazio. Cosa direbbe oggi Malagoli di Clementina Petroni, di Massimo Venia, di Adelante Gianni Mattera, di Pasqualino Mazzella e dei tanti “artisti per caso” come essi stessi modestamente si definiscono? Cosa ne penserebbe dei bravi ceramisti isolani (arte minore?), di Keramos, di Franco Calise, di Rosario Scotto di Minico? (di Cianciarelli aveva già scritto nel suo libro citato). Quale giudizio darebbe dei tanti appassionati di fotografia, magari rielaborate con l’ausilio dei droni e dei computer ( ad esempio Francesco Di Meglio) o foto artistiche (come l’estroso e poetico Gino Di Meglio)?

Ma su un aspetto sono ancora più curioso di capire come avrebbe giudicato Malagoli una particolare forma d’arte, forse poco affermata al suo tempo, ma che va imponendosi oggi sempre più: la Street Art. L’isola d’Ischia, fino ad oggi, ha avuto un comportamento contraddittorio nei riguardi di questa forma espressiva. Una per tutte ricordiamo la decisione del Comune di Forio che, dopo aver autorizzato e sposato l’idea di abbellire e arricchire alcune pareti del paese, tra cui una cabina elettrica a Zaro, una in centro e nella galleria di sottopasso, ha poi deciso di coprire con vernice bianca il murales di Tony Gallo, dipinto nel 2018 sul muro di ingresso del municipio. E pensare che era stato, in precedenza, organizzato a Forio lo Street Art Festival! Il Sindaco ha spiegato che è stato cancellato perché deteriorato. Ma Francesco dovrebbe sapere che queste decisioni vanno prese di comune accordo con l’artista, che non è che, con il compenso, l’artista venga del tutto spossessato della proprietà artistica dell’opera. Non staremo a ricordare i molteplici interventi dell’artista foriano dell’Urban Art, Salvatore Iacono, spesso balzato alla cronaca isolana, per le provocazioni artistico-rivoluzionarie proposte. L’isola d’Ischia fa male a sottovalutare queste forme di arte moderna, al di fuori degli ambienti elitari e direttamente proposte ad un pubblico allargato. Quaranta anni fa, il pittore Nani Razzetti chiamò più di 80 artisti da tutto il mondo per affrescare il centro storico e l’intero paese di Diamante (Calabria, Costa dei Cedri) che divenne la Città dei Murales.

Negli anni in cui ho vissuto a Bologna, ho avuto modo di ammirare sia i murales che affrescano il borgo medievale di Dozza imolese, dove si svolge una Biennale del Muro Dipinto, sia le 200 opere di sculture su pietra, scolpite negli anni da vari artisti che lavorano la pietra arenaria e disseminate nel paese di Fanano, sulle montagne tosco-emiliane. La città di Napoli, quest’anno, ha proposto una via Caracciolo affrescata per un tratto di 300 metri da artisti di strada come Jorit, Shaone, Iabo, Zeus, tres, El Nigro ed altri. Un paesino vicino Londra si è risvegliato, in questo periodo estivo, tra molte opere, realizzate di nascosto e di notte, dal noto artista di strada Bansky di cui, all’inizio dell’anno, un’opera raffigurante un bimbo che gioca col pupazzo di un’infermiera con mascherina, è stata venduta all’asta per 14 milioni di sterline. Successivamente Bansky ha voluto lasciare il proprio segno artistico in nove località turistiche inglesi, per valorizzarle. E noi invece, decidiamo di “cancellare”. Non c’è soltanto una “cancel culture” del passato, ma anche una “cancel culture” della modernità! Il prof. Malagoli non c’è più. Ma ci sono, a Ischia, ottimi galleristi o amanti dell’arte moderna: (Ielasi, Del Monte, Brandi, tanto per fare dei nomi). Sarebbe utile che levassero la loro competente voce per far comprendere che non tutto ciò che è moderno è da buttare.

Ad Anacapri, Capri, Positano, Ravello il gallerista di Arte contemporanea Franco Senesi, conduce Liquid Art System, una galleria “ glocale” perché collegata ad un circuito internazionale che si estende in molte altre località del mondo. La storia, anche quella artistica, non si ferma; evolve (a volte involve), muta, naturalmente introiettando tutto quello che nel corso dei secoli è stato già espresso.

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