Ritengo che la storia così come viene insegnata adesso nelle scuole non serva a niente, è un insieme noiosissimo di avvenimenti, personaggi e date che sfuggono rapidamente dalla mente senza lasciare nessuna traccia. Mercoledì 28 scorso, però, sul Comune si è tenuta una interessantissima discussione “storica” inerente il periodo fascista a Procida, la resistenza, i cannoneggiamenti tedeschi e tutto il corredo di quegli anni. L’avvenimento realizzato da Salvatore Iovine con la collaborazione di Luigi Primario e Rino D’Orio, è riuscito alla grande ed ha reso un servizio enorme al folto pubblico presente, vale a dire far conoscere avvenimenti, idee, uomini completamente ignorati dalle generazioni non solo più giovani, ma anche da quelle meno giovani. Anche il sottoscritto ha partecipato a questa “Kermesse” ed ha preso anche la parola basandosi su ricordi originali. Desidero portare queste mie reminiscenze ad un pubblico più vasto ed è per questo che scrivo. Il primo interrogativo che mi pongo è questo: come fu vissuto il Fascismo a Procida? Risposta: né più e né meno come negli altri posti d’Italia! I Procidani, da sempre gente tranquilla e con pochi grilli per la testa, si adeguarono in massima parte al regime. E, d’altra parte, c’era poco da opporsi! Il non prendere, ad esempio, la tessera del partito equivaleva a non poter lavorare. Pertanto anche chi in cuor suo non condivideva le idee fasciste doveva fare buon viso a cattivo gioco e “adeguarsi”. Questa era divenuta una sorta di parola d’ordine. A fianco di questi soggetti che potremmo definire “fascisti per necessità” c’erano anche quelli profondamente convinti dell’idea di cui erano fanatici. Questi erano i soggetti più pericolosi, pronti a “sgamare” gli antifascisti, a denunciarli e a trascinarli davanti ai vari tribunali del regime. Meglio non averci a che fare e……adeguarsi. E i Procidani questo l’avevano capito benissimo!! Alla luce di queste considerazioni si poteva stabilire a Procida una certa idea di “Resistenza”, anche se sotterranea?
Non è facile rispondere anche se stanno venendo fuori dei fatti che quasi nessuno conosce. Vengono fuori, ad esempio, alcuni nomi: quelli di Almerindo Manzo e del prete Vincenzo Scotto di Carlo, meglio conosciuti come fondatori della scuola ENEM procidana. Proprio in virtù del loro ruolo non potevano manifestare le loro idee antifasciste e non restava loro che “adeguarsi”. Ma qualcosa bolliva nel loro intimo. Prendiamo il Manzo che conosco meglio e più da vicino. Per quanto mi consta non fu mai fascista, ma sempre socialista, anzi social-democratico. Aveva in casa un ritratto di Matteotti che manteneva costantemente in ansia la moglie,Anna Carmela Imbò, cugina del prof Giuseppe Imbò, direttore dell’osservatorio vesuviano. La povera donna era costretta a nascondere il ritratto ogni qual volta veniva in visita qualcuno a casa Manzo. Una spiata a chi di dovere avrebbe potuto causare serie conseguenze. Erano tempi in cui anche una fotografia poteva assumere un significato “disfattista”. Dopo l’8 settembre troviamo il Manzo ripreso e più antifascista che mai. I Tedeschi in quei giorni bombardavano da Monte di Procida, causando diversi morti sulla nostra isola. Nel frattempo sbarca a Procida in fuga dai Tedeschi che lo volevano catturare, l’avvocato Pasquale Schiano di Bacoli e vecchio amico del Manzo, nonché membro del CLN. Questi prende contatto con il tenente Carlo Giampaolo, comandante del distaccamento del Cottimo e responsabile dell’annessa batteria di cannoni e lo convince ad aprire il fuoco contro i Tedeschi al Monte. Scendono entrambi alla Marina per individuare i punti preciso donde partivano le cannonate tedesche, Ne contempo scendono al porto anche il podestà Luigi Mazzella ed il maresciallo dei Carabinier contrari all’apertura del fuoco da parte procidana. Lo Schiano protesta, il podestà ordina al maresciallo dei Carabinieri di arrestarlo; interviene il Gianpaolo e dice che essendo il più alto in grado, spetta a lui la decisione e impedisce l’arresto dello Schiano. Nel frattempo alcuni fascisti fanatici procidani con una barca si dirigono verso Monte di Procida chiedendo l’intervento dei Tedeschi sull’isola. La situazione per lo Schiano si fa pericolosa e cosi il Manzo se lo trascina dietro fino alla Chiaiolella donde di sera tardi lo fa partire con una barca per Ischia mettendolo in salvo. Questo è uno degli episodi della “Resistenza”procidana. I cannoni procidani in quell’occasione non risposero al fuoco tedesco. E forse fu una fortuna perché fu evitata una strage sulla nostra isola, Che io mi ricordi i cannoni del Cottimo spararono una sola volta, ma furono gli Americani che nel frattempo erano sbarcati a Procida, ad azionarli contro i Tedeschi. Lo ricordo come se fosse ora: era di sera, io abitavo alla Madonna della Libera, le cannonate rimbombavano per tutta l’isola, i vetri delle mie finestre tremavano sul punto di rompersi, Al fragore intenso del colpo seguiva un silenzio assoluto. Avevamo l’impressione, mia madre, mia sorella ed io, che fosse un silenzio di morte.