DI VITO IACONO
Quando in politica, anche in quella locale, si cambiano bandiere e schieramenti con una facilità inusitata, la premessa deve essere una: non si può pensare che perché lo fanno in molti o quasi tutti, la pratica debba essere ritenuta ammissibile. Quella del cambio di casacca ma anche di un repentino mutamento di pensiero sull’operato di una pubblica amministrazione, è un qualcosa che certo non giova a prescindere. Inoltre, e qui mi riferisco al caso di Forio, siamo reduci da una campagna elettorale tutto sommato ancora abbastanza recente, che ha visto determinati candidati esprimere certi giudizi di condanna rispetto ad un modo di governare il paese. Ergo, se poi nel frattempo hanno cambiato idea, avrebbero dovuto rendere conto agli elettori che hanno condiviso quella lettura negativa della gestione del paese. Penso che il vero problema sarebbe quello di chiedere “scusa”, visto che a questo punto si è abusato di un consenso che è stato riscosso perché erano contro quel sistema che oggi senza pudore “abbracciano”.
Credo che non solo Forio abbia bisogno di altri modelli e valori da mettere in evidenza e riferendomi a questi ultimi, quello della coerenza non mi pare l’ultimo da tenere in debita considerazione. In fondo, se ci lamentiamo del decadimento del tessuto sociale e del degrado in cui viviamo, forse anche questi comportamenti rientrano in quel “vortice” nel quale siamo stati risucchiati col rischio di non riuscire più a tirarci fuori. Sono sincero, anche io debbo delle scuse ai miei concittadini: in fondo, chi si è lasciato tentare nel 2018 dal seguire il nostro progetto lo ha fatto perché ha condiviso una lettura ed invece oggi si ritrova il proprio rappresentante dal lato opposto della barricata. E poi ci sono le circostanze della presunzione, dell’arroganza, della prepotenza, della violenza. Ormai non si ritiene nemmeno di dover dare spiegazioni sul “perché” di un voto: sia chiaro, non voglio pensare che dietro si nascondano interessi specifici e personali, né azzardarmi a parlare di voto di scambio. Ma in ogni caso qualche chiarimento andrebbe dato. Non confido naturalmente sul fatto che certi signori provino vergogna o che la gente si indigni dinanzi a certi comportamenti, ormai è chiaro che il fatto che l’interesse debba prevalere su tutto il resto anche sulla nostra isola è diventato un luogo comune. Non c’è più decenza, se come dicevo nessuno si indigna di rimando ecco che nessuno si vergogna.
Magari avrei capito un’interlocuzione di livello importante, di alto profilo, con alla base un progetto strategico per il paese basato su sviluppo, occupazione e trasparenza: ecco, in un caso del genere la condivisione di un percorso comune potrebbe avere anche un senso. Ma non mi pare che nel dibattito e nella quotidianità sia emerso nulla del genere, e questa forse è la considerazione più triste: se l’onestà intellettuale vale un ruolo di potere, siamo davvero alla frutta.