LE OPINIONI

IL COMMENTO La macchina del fango

DI LUIGI DELLA MONICA

Hoara Borselli su “Il Giornale”, mercoledì 16 ottobre 2024, esorta la stampa nazionale e locale bipartisan a calare il sipario e smorzare i riflettori sulla vicenda del precedente Ministro dei Beni Culturali Sangiuliano. Effettivamente posso sostenere, per averlo visto con i miei occhi di ragazzino ed adolescente, che la rabbia, l’odio mediatico siano stati mezzi altrettanto incisivi di lotta politica contro il temuto avversario di turno. Non è forse Stalin o Mao ad aver applicato la brutalità del messaggio “colpire uno, per educarne cento”? Ma per rimanere nella nostra comunità nazionale posso ricordare il caso del “processo Andreotti” miseramente fallito, non come il maxiprocesso degli impareggiabili Falcone e Borsellino, accompagnato da una costante, mirata e sistematica demonizzazione culturale, tesa alla condanna, alla abiura, alla distruzione psicologica e sociale del soggetto. A questo punto cosa si rischia, secondo voi cari lettori? Rispondo io: la vita! Diceva il giudice Falcone “si muore quando si rimane soli” e così è morto Giancarlo Siani, Mino Pecorella e continua l’elenco. Con ciò voglio significare che il diritto di cronaca e la libertà di stampa non devono mutarsi nella “licenza di uccidere” il contraddittore.

Anche il giornalismo è in crisi epocale, come la nobile professione forense, ed in questo mi permetto di capirne qualcosa, poiché il primo è stato inquinato dal suo interno con gli “influencer” e la seconda con la medesima pratica del venticello della calunnia. Il terreno dialettico su cui mi sto muovendo è molto complesso, per cui rischierei di parlare e capirmi da solo, ma è importante indurre tutti gli attori del sistema informativo alla moderazione, senza ipotizzare astrattamente bavagli o effetti silenziatori. Personalmente ho nostalgia della figura del Ministro napoletano e grande amico di Procida ed Ischia, il quale ha problemi personali molto seri e che hanno leso la sua autorevolezza come rappresentante delle Istituzioni, ma non per questo dobbiamo aggredirlo o massacrarlo: questo credo sia il messaggio di Hoara Borselli. Un insegnamento quanto mai applicabile sulla nostra isola, che è abilissima nella tecnica leonina della tastiera sui social e nella cosiddetta diffamazione da bar, che specie in periodi venturi di ozio autunnale interverranno con precisione millimetrica. Spesso mi capita di vedere soggetti che un attimo prima si scagliavano contro il politico X ed Y, per poi incontrarlo al fianco di un bancone del bar ed omaggiarlo con mille salamelecchi.

L’attuale Ministro avvicendatosi, non per celebrazioni di facciata, è persona eccelsa, ma consentitemi di ricordare il vangelo di nostro Signore, nella parte in cui ricordava ai volontari dilapidatori della prostituta: “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”.

Questi vizi e virtù degli italiani era tanto bravo a denunciare il compianto Maestro Alberto Sordi, nostro abituè, anche se proprietario di una villa da sogno a Castiglioncello, il quale presentò al Regina Isabella di Lacco Ameno nel 1977 il capolavoro di Mario Monicelli “Un borghese piccolo, piccolo”. Non so se molti dei giovani lettori conoscono questo crudele spaccato della cinematografia pulp italiana, ma la trama si riduce ad un impiegato ministeriale timorato di Dio, che per combattere l’ingiustizia di un sistema che stritola le persone miti ed oneste, si trasforma in assassino. Spesso accade che i minori, vittime di bullismo, si suicidino, ma non credete che un adulto sia insensibile alle sollecitazioni contro la sua identità di genere e di cultura, allorquando si superi la soglia del diritto di cronaca. Non intendo confezionare un articolo su misura per difendere il Ministro Sangiuliano, ma ho la serena libertà di dire che mi manca un campano alla guida di un Ministero che doveva gestire l’80% del patrimonio artistico mondiale. Ardisco di condividere l’appello della giornalista professionista Borselli, al fine di ammonire tutti noi ad una mera e disinteressata deontologia, a limitarsi a riportare i fatti oggettivi, commentare i gesti, ma non focalizzare l’odio verso le persone, verso le culture, verso le ideologie in quanto tali.

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L’avversario deve essere un motivo di crescita non di lotta o di contrasto senza regole e soprattutto merita rispetto: se la politica si limita ad una riverenza verso un potente di turno, che non si perde tempo a distruggere quando commette un errore, non è più politica, intesa come studio del benessere altrui, ma strumento di sopraffazione e di aggressione. A volte, con il montare un caso, non si pensa agli effetti che il protagonista potrebbe subire, in termini di perdita del sonno, della pace, dell’autostima, della forza morale di giustificarsi e\o discolparsi e si può avere come conseguenza la morte: nel caso di Falcone, Borsellino e\o di Giancarlo Siani come conseguenza dell’ isolamento culturale dei loro stessi colleghi, nel caso di Raul Gardini, patron della Montedison, il suicidio. Questa violentissima decisione di praticare il male contro se stessi, che Dante collocava in un apposito girone infernale, in un’epoca dove tutto è fondato sull’apparire e non sull’essere, rischia di essere un pensiero recondito dell’indagato, quando capisce che il sistema non ha alcun interesse alla sua presunzione di innocenza, ma lo ha già condannato. Per questi motivi, la stampa deve riportare la notizia, ma non infarcirla di teoremi, che devono essere sapientemente ponderati e studiati: nessuno dimentichi che belve come Totò Riina e Matteo Messina Denaro sono morti per cause naturali e non hanno mai patito un solo giorno il timore delle campagne mediatiche contrarie; diceva Riina: “io la mafia la conosco, perché la leggo sui giornali”. Diversamente, gli indagati, gli imputati, i condannati in primo grado, devono godere nella sostanza e non nella forma delle garanzie costituzionali di protezione della loro dignità, altrimenti se l’abito processuale gli viene dismesso con la sentenza di assoluzione, non altrettanto potrebbe accadere con il “fango” mediatico, che potrebbe rimanergli addosso per sempre e sotto questo peso potrebbe prendere decisioni errate.

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Pertanto, cari lettori, nel giudizio della politica, come in quello della vostra vita quotidiana, prima di parlare di una persona documentatevi e non cercate di demolirne la reputazione prematuramente, poiché se fosse innocente potreste pentirvene irrimediabilmente, come infinitesimali ingranaggi di un meccanismo che ha contribuito alla morte civile ed a volte fisica di un avversario.

* AVVOCATO

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