DI GIUSEPPE LUONGO
Quando in una comunità vengono meno le funzioni delle istituzioni perché attraversano una fase critica, si diffonde l’idea che sia la complessità del sistema delle istituzioni che governano il territorio a produrre le condizioni per la crisi. Questa viene, di solito, attribuita con eccessiva semplificazione alla burocrazia e così l’attuale sistema è sottoposto a profonde critiche, salvifiche per la comunità che si ritiene mal governata. Nessuno riflette sui processi che si sono via via sviluppati nel corso del tempo nella comunità locale e in quella più vasta nella quale è inserita, che avrebbero determinato lentamente un groviglio di potere inestricabile, incapace di contenere l’interesse “particolare” nei limiti condivisi e consentiti dalla vita comunitaria. Questo equilibrio è la forza della democrazia, costruita con l’intesa tra cittadinanza e suoi rappresentanti nelle istituzioni. La rottura dell’intesa, con il contributo delle due parti, conduce alla crisi che si attribuisce alla burocrazia perché in tal modo la responsabilità di quanto risulti negativo da un’analisi “politicamente corretta” sia da attribuire a un “mostro” dell’amministrazione, evitando di arrivare al cuore del problema delle scelte politiche inadeguate allo sviluppo della comunità. In questo clima si diffonde l’idea della necessità della semplificazione del governo della cosa pubblica, delegando il potere decisionale ad una struttura monocratica. Se tale scelta non è accompagnata dall’istituzione di contro pesi il politico si pone come funzione sociale primordiale vanificando i contenuti della costituzione; in buona sostanza si sostituisce alla costituzione. In realtà la legge sull’elezione del Sindaco e dei consiglieri nei comuni prevede da 30 anni un governo monocratico che ha svilito il ruolo dei consiglieri e della comunità che rappresentano, senza portare i benefici attesi di un più agile sviluppo delle attività dell’amministrazione.
Il clima ipotizzato nel governo della cosa pubblica diviene ancora più complesso quando il territorio è interessato da eventi naturali intensi, come i sismi e il dissesto idrogeologico. Il disastro sismico e idrogeologico a Ischia e la crisi bradisismica ai Campi Flegrei possiamo definirli archetipi di quanto illustrato sopra. Senza entrare nel merito degli effetti del Bradisismo, la crisi locale si riverbera anche a Ischia per la difficoltà dei trasporti tra l’Isola e il continente, a causa della ridotta agibilità del porto, in seguito al sollevamento del suolo e la conseguente riduzione del fondo nel porto.
Quando un fenomeno naturale ha prodotto i suoi effetti negativi e si deve procedere al ripristino delle condizioni prima dell’evento catastrofico, il sistema va in crisi per la mancanza di idee chiare, della complessità del problema da affrontare, della debolezza delle istituzioni e spesso della scarsa affidabilità. Dopo il disastro occorre avere idee chiare per il futuro della comunità e rapidità degli interventi da realizzare, perché i componenti della comunità maggiormente colpiti dagli effetti del disastro, all’indomani della catastrofe, sono in uno stato emozionale tale da rendersi disponibilia collaborare per un futuro migliore in un territorio più sicuro, sacrificando anche parte dei lo progetti. È triste dover constatare che tutto ciò non sia avvenuto. Nonostante i numerosi e competenti Enti e strutture tecniche partecipanti alla ricostruzione in seguito ai danni prodotti dal terremoto del 21 agosto 2017 e dalla colata di fango del Celario del 26 novembre 2022: Dipartimento Nazionale della Protezione Civile;Protezione Civile Regione Campania; Autorità di Bacino; ISPRA; Centri di competenza del Dipartimento della Protezione Civile; Commissario Straordinario alla ricostruzione; Assessorato all’Urbanistica e all’Assetto del Territorio della Regione Campania; Struttura per la progettazione dell’Agenzia del Demanio; Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Napoli; Diocesi di Ischia, Città Metropolitana di Napoli; Comuni di Casamicciola, Lacco Ameno e Forio, è mancato un progetto condiviso. Il Progetto di Ricostruzione della Regione, a lungo atteso, è stato presentato recentemente, ma non è stato condiviso dal Commissario Straordinario alla ricostruzione e dai sindaci dei comuni maggiormente colpiti dalle catastrofi. I risultati emersi da recenti incontri tra le istituzioni indicano che si lavora per un’intesa. Non manca tuttavia un rifiuto da parte di alcuni abitanti di Casamicciola di dover procedere all’abbattimento dei loro edifici, ritenuti dagli stessi recuperabili, rifacendosi ad analisi delle strutture tecniche delle istituzioni. È paradossale, consentitemi l’utilizzo di questo termine, perché le Autorità competenti hanno, all’indomani della catastrofe sismica, respinto la proposta, da chi scrive questa nota, della delocalizzazione dell’area epicentrale del terremoto, costruita sulla base di studi sulla sismicità storica e sulla struttura geologica che genera i terremoti a Casamicciola. L’obiettivo era finalizzato a una profonda ristrutturazione della parte alta di Casamicciola, valorizzando le risorse ambientali e delle acque termali, nonché la realizzazione di un Parco Scientifico Naturalistico e delle Acque, mostrando a livello internazionale quale risposta sarebbe stata data dalla comunità dell’Isola per la sicurezza del territorio e per la sua valorizzazione. Tutto ciò non avverrà, mentre si procederà dopo sette anni dal terremoto ad abbattere edifici contro la volontà dei cittadini che hanno mostrato pazienza per la lunga attesa e disponibilità al confronto con le autorità competenti per una soluzione condivisa ragionevole. Ecco come è riemerso ciò che è definito burocrazia, invece è mancanza del buon governo.