Ischia, Napoli e la Campania vengono da una settimana di allerta meteo, che ha determinato, in molti casi, la chiusura delle scuole. E’ il segno che il Mediterraneo scivola sempre più verso cambiamenti climatici epocali con un innalzamento delle temperature senza precedenti. E’ pertanto giunta quanto mai opportuna la mobilitazione mondiale di venerdì scorso, 15 marzo, il Global Strike For Future. C’ è voluta una studentessa di 16 anni, la svedese Greta Thumberg, a svegliare l’anima del mondo, invocando una presa di coscienza sulla insostenibilità dell’attuale sviluppo cieco e dissipatore delle risorse naturali.
Quando penso che in un Universo immenso, che lascia stupefatti scienza e cittadini comuni, siamo così pazzi da distruggere questa particella infinitesimale che si chiama Terra, che costituisce uno straordinario esempio degli effetti del big bang primordiale e dell’evoluzione dell’essere umano ( che un semplice calcolo probabilistico ci fa ritenere modello replicabile in qualche luogo remoto di un qualche altro sistema stellare), quando penso a questa follia, allora sì che sono assalito dai dubbi sul futuro dell’umanità. Siamo alla fine della storia? Per fortuna ci sono ancora sussulti che lasciano il varco alla speranza. I giovani, gli studenti, hanno bisogno di “ vision”, di grandi temi che permettano loro di “ volare alto”, di sfuggire al banale quotidiano. Una volta si chiamavano “ ideologie” che nient’altro erano se non schemi di pensiero, orizzonti di senso, direzioni di marcia, per dare orientamento al nostro agire quotidiano.
Si sono mobilitati giovani di tutto il mondo, grazie anche ai moderni e rapidi mezzi di comunicazione. Oltre mille eventi in quasi 100 paesi del mondo ( tra l’Europa, le Americhe e l’Australia) di cui circa 200 in Italia. Attraverso il sito fridays future.org c’è stato un raccordo di tutte queste iniziative. “ Climate strike”, sciopero globale per un clima diverso ( climat change) richiesta ai paesi del mondo di adottare un “ Climat Act”. Anche l’altro fenomeno epocale, le migrazioni, che vengono lette solo nell’accezione della sicurezza, della minaccia all’identità nazionale, della concorrenza occupazionale nell’occidente, rischia – alla luce del cambiamento climatico – di assumere proporzioni immani. Invece che di centinaia di migliaia di migranti, si rischia, a causa della siccità in nord Africa, di ritrovarsi ad arginare ed assistere milioni di persone in cerca di acqua e cibo. E’ ovvio che il problema è globale e va risolto a livello mondiale, dove, purtroppo, bisogna fare i conti con Trump, che è sulla scia dei negazionisti e dei complottisti, secondo cui il riscaldamento globale sarebbe una fake news inventata dagli ecologisti e radicali. E’ un problema che una nuova Europa unita dovrà mettere al primo punto delle politiche da adottare. Intanto è un bene che in Italia , mercoledì e giovedì prossimi 20 e 21 marzo, ben tre Università federate ( la Normale di Pisa, la Scuola S. Anna di Pisa e IUSS – Istituto Studi Superiori – di Pavia) daranno vita ad una forma di collaborazione per affrontare il problema ambientale sotto i punti di vista dell’economia, dell’agricoltura, della fisica, matematica, diritto, filosofia, chimica e salute.
La sigla che unisce le tre Università è 3Csa, da cui si allacceranno ulteriori rapporti di collaborazione con altri Enti italiani che conducono analoghi studi, come i Centri Ambientali di Trieste ed Ispra, quello di Roma e il CMCC ( Centro Mediterraneo Cambiamenti climatici) di Bologna. Giustamente il quotidiano La Repubblica ha titolato la prima pagina di mercoledì scorso “ la Terra è malata e la colpa è nostra”. E altrettanto giuste le considerazioni del vice direttore Massimo Giannini nell’editoriale, in cui ha evidenziato che non a caso l’attuale Era geologica è stata definita “ antropocene”, in cui è l’uomo a determinare, nel bene e nel male, il destino del pianeta. Che cosa possiamo fare noi? Come dare seguito a questa grande sollecitazione mondiale proveniente dai giovani? Può fare molto la scuola, possono fare molto i mezzi di comunicazione, ognuno di noi può fare qualcosa. La Terra è paragonabile ad un’isola microscopica nell’Universo. Anche Ischia è un’isola, piccolissima, della Terra. Un’isola nell’isola. Eppure la salvezza arriverà, se arriverà, anche dai microterritori. La globalizzazione ha questo di straordinario, ogni battito di ali di una farfalla può provocare mutamenti del mondo. E allora, nella speranza che tutto il mondo si mobiliti, Ischia batta un colpo di ali come una farfalla. Si ricordi e ricordi al turismo globale che essa si è vantata in passato dell’appellativo di “ isola verde”, immagine che negli ultimi anni si è appannata. Ripartiamo dall’isola verde, curiamo la nostra agricoltura, come sta meritoriamente tentando di fare il Gal Terra Protetta che vede impegnati anche i Comuni di Barano e Serrara Fontana tra 22 della costiera sorrentino amalfitana. Il progetto del Turismo rurale del Gal apre nuovi scenari. Decidiamo un nuovo New Deal dell’isola per una straordinaria piantumazione di nuovi esemplari arborei. Curiamo i nostri boschi, sottoboschi, le pinete, ridiamo spessore alle manutenzioni di alvei, canali. Compensiamo le brutture edilizie, determinate da una travagliata storia di vincoli eccessivi, ingessamenti legislativi, pianificazioni mai partite, condoni intricati e immobilismi degli uffici tecnici, compensiamo le brutture con la bellezza di alberi, piante, giardini, col rifiorire della viticoltura di qualità.
Ripensiamo alla possibilità che l’Epomeo e tutto il corollario circostante divenga una grande Parco Naturale Protetto, senza ingessature, con la possibilità di inserirvi un minimo di strutture di servizio e infrastrutture per la funzionalità e l’accessibilità. Non è più accettabile che, mentre si continua ad assistere impotenti all’aggressione speculativa di privati anche alla montagna e si permette perfino ai grossi fuoristrada di arrivare fino alla vetta dell’Epomeo, non è accettabile che a fronte di tale vergogna la Soprintendenza si attardi a bocciare l’idea di un sistema filoviario di comunicazione che partendo da S. Angelo o da Fontana conduca le persone a diretto contatto con la bellezza della natura. E poi c’è il mare, di cui più si è parlato in questi ultimi tempi. Vedasi l’insistenza di associazioni ambientaliste legate al mare o la caparbietà del nostro Mizar che ha letteralmente trascinato le amministrazioni comunali ad emettere ordinanze che inibiscono lo sversamento a mare di detersivi non biodegradabili. E poi c’è la questione del recupero dei materiali ad opera dei pescatori ( pulitori del mare da sottrarre all’obbligo di farsi carico degli oneri di smaltimento di questi rifiuti) questione sulla quale l’Amministrazione comunale d’Ischia sembra dedicare sufficiente attenzione. C’è poi l’Amp, fin qui diretta con competenza da Miccio, nonostante i limiti imposti da una gestione commissariale nelle mani della Capitaneria di Porto di Napoli.
Qui, purtroppo, i segnali sul nuovo Cda, tranne eccezioni, sono negativi e sembrano ricalcare le vecchie logiche dell’occupazione di poltrone, in assenza di qualsiasi progettualità. Intanto viene ritrovata, sull’arenile della Mandra un altro esemplare di Caretta Caretta, tartaruga di mare di oltre un metro, asfissiata da un tubo di plastica nell’esofago. Segnale grandemente positivo invece viene da Lacco Ameno, dove è stato presentata la mappa bionomica dell’Amp. Grazie a video-robot ( Rov) sono stati rilevati importanti habitat marini che costituiscono servizi ecosistemici per l’equilibrio climatico, grazie alla cattura di anidride carbonica, gas serra, responsabili del surriscaldamento terrestre. La speranza c’è, anche se le ordinanze strappate dalla cittadinanza attiva vengono disattese per mancanza di personale idoneo a controllare l’osservanza di tali normative. Ad Ischia la piazza non c’è ancora o non è ancora sufficiente, come invece lo è in tante parti del mondo. Quando nella nostra isola nascono i comitati popolari, in genere, partono con grave ritardo, come è il caso dello scandalo della Siena. Abbiamo tollerato troppo e aspettato per troppo tempo. In questi casi la fatidica frase del grande Massimo Troisi “ Scusate il ritardo” potrebbe non bastare e suonare beffarda.