IL COMMENTO Ischia e il “pensiero trasversale”
DI RAFFAELE MIRELLI
Esistono diversi modi d vedere le cose, in questo caso direi che esistono anche tanti modi di pensare e di pensarsi in una realtà. Sulla nostra isola siamo vittime del “Così fan tutti!”. Questa riflessione cerca di chiamare a raccolta un gruppo di persone che vivono sull’isola, che vedono le cose in modo alternativo. Vedere le cose in modo diverso, non seguendo l’adagio della massa e del cliché, è possibile. Tutto quello a cui siamo abituati ci porta inevitabilmente all’abitudine, una strategia pigra di partecipare alla vita, di sopravvivenza nel dire, nel fare. E nel pensare? Il “pensiero laterale” è stato coniato dallo psicologo Edward De Bono, originario di Malta, nemmeno a farlo apposta un abitante di un’isola. Nel suo libro “Pensiero laterale” egli mette a punto una strategia di azione, di risoluzione dei problemi in modo alternativo, fuori dalla consuetudine, dalla logica consequenziale. Lo prendo solo come spunto, senza volerlo approfondire qui.
Quello che mi sono chiesto, in questo lungo periodo di assenza dalle pagine della quotidianità, è se anche sulla nostra isola esiste un pensiero laterale, anzi “trasversale”. Un pensiero capace di attraversare, tagliare quello “accettato” dai più, e che sia in grado di “rompere” e di dirompere nella consuetudine. Mi spiego meglio: mi trovo in inverno all’aperto, senza giacca. Ho freddo, scelgo di entrare in casa per riscaldarmi o mi metto a camminare? Certo è più comodo fare come fanno tutti e qui, sull’isola, la mentalità del “Qui si fa così!” la fa da padrona. Eppure, le persone che la pensano e che agiscono in modo diverso, alternativo, ce ne sono e non sono nemmeno poche! Il fatto è che hanno paura di uscire allo scoperto. E non le biasimo. Partecipo a tremila gruppi wapp, gruppi di intellettuali, di persone che hanno un modo di vedere le cose sicuramente non convenzionale e mi chiedo: “Perché non riusciamo a creare una comunità di pensiero alternativa a quella attuale?”. Perché, chi la pensa in modo diverso, non riesce a creare azioni e movimenti che possano accogliere la visione alternativa di fare le cose, di viversi Ischia? Possiamo creare un luogo di pensiero alterativo? Ischia può essere vissuta in modo diverso, amministrata in modo diverso?
Analizzando la situazione attuale mi vien da dire che non ci sono rappresentanti consapevoli della loro diversità e spesso – anche in questo caso – è l’ego a prendere il sopravvento, la pura voglia di ergersi al di sopra di tutti e di osservare con superiorità la vita mediocre degli altri. Una chimera. Questo non basta. La riflessione che pongo al pubblico vuole essere un invito a “mettersi insieme”, a reclamare il diritto di poter pensare le cose in modo diverso, di vivere in modo diverso. Per farlo, però, dobbiamo creare i presupposti di un’accoglienza, che faccia sentire a proprio agio tutte quelle persone che non vedono l’isola solo come un luogo in vendita, ma come la propria casa. Persone che non pontificano la diversità come un diritto esclusivo del proprio intelletto, ma “gente”, gente che si supera per arrivare agli altri. Gente che non vede solo il bianco e il nero! Ischia l’alternativa non l’ha mai avuta e non l’ha mai voluta. Non è mai esistita una compagine politica – e qui non sto richiamando in causa le amministrazioni che non sanno fare diversamente da ciò che sono abituate a fare – “diversamente capace”. Abbiamo sempre seguito la massa. Il pensiero trasversale è sempre stato taciuto o soggiogato dalla contingenza dell’esistenza. Un pensiero che, per un ennesimo cliché, hanno potuto praticare solo artisti e intellettuali. Allora mi chiedo ancora: perché le persone, quelle che nei gruppi “telefonici comunitari”, offrono alternative di pensiero e poi, nella pratica, non fanno una mazza? Forse perché ognuno di noi deve “campare” e deve quindi sostenere il potere costituito per il proprio tornaconto, finendo per appiattirsi, meglio piegarsi, al pensiero comune. Un pensiero pericolosissimo che i giovani assorbono con estrema facilità. Mi riferisco a coloro che entrano nei giri politici giovanissimi e invecchiano alla velocità della luce poiché totalmente soggiogati dal “pensiero in uso”. Giovani che non riescono a fare altro che essere ancora più “spaesati” dei loro predecessori. Il pensiero e il fare attuale creano, infatti, persone senza casa, senza futuro, giovani senza coraggio.
Ischia ha bisogno, noi abbiamo bisogno, di un’alternativa e questa alternativa – ne sono sicuro – esiste già nel pensiero di moltissime persone. Non basta scrivere, non basta pensarla differentemente, adesso abbiamo bisogno di creare un luogo, un presupposto in cui queste persone si sentano a casa. Bisogna rendere il “pensiero trasversale” un luogo fondato sul diritto di poter vedere e vivere la realtà in modo diverso. Possiamo fare una “politica di diversità”. E dobbiamo proprio, perché i tempi sono maturi e i tempi si dicono maturi perché lo schiacciamento del pensiero trasversale è durato troppo. Ischia adesso soffre un nuovo problema, quello dell’accentramento di realtà comunali tendenti a polarizzare il loro dominio.
Non possiamo permetterlo, l’isola d’Ischia deve iniziare a fare comunità. Chi la pensa in modo diverso, deve uscire allo scoperto, chi è diverso deve prendere responsabilità. Chi nasce in contesti di sofferenza, spesso schiacciato dall’attuale politica, è chiamato a farsi avanti. La diversità non può essere rappresentata dai social, dalle giornate-evento della diversità. Chi partecipa a queste mode, regge ancor di più il gioco del potere, di coloro che sfruttano e addomesticano il pensiero alternativo per i loro fini. E siccome il famoso “qui si fa così” fino ad ora non ha portato grandi vantaggi a tutti noi, è tempo di uscire dal proprio mondo solipsistico e di condividere. Bisogna dare voce, corpo all’alternativa, bisogna chiamare a raccolta tutti quelli che non hanno mai avuto la comodità – e non l’hanno mai potuta avere – di sentirsi pecore di un gregge. Bisogna chiamare a raccolta le persone che hanno il coraggio di dire e di fare le cose in modo diverso. Ischia ha bisogno di essere diversa e se questa realtà non viene fuori, saremo persi per ancora molte decadi. Lasceremo ai nostri figli un’essenza insulare mediocre, un’isola prostituita al mercato dell’offerente al ribasso. Fino a ora abbiamo giocato solo al ribasso e le polarizzazioni sono molto evidenti.
Ischia non può più permettersi di essere vittima di particolarismi locali, dettati da azioni poco politiche e ancora pregne di “baratti di polli”. Chi la pensa in modo diverso non deve sentirsi solo, anzi, deve adesso pretendere il diritto di essere rappresentato. Chi vede Ischia in modo non convenzionale, deve diventare attore.
La politica del populismo, della risposta denigratoria, che mai produce accoglienza e progresso del vivere comune, deve adesso iniziare a sentirsi minacciata.
Chi legge queste righe e si sente appartenete a questa diversità. Deve venire allo scoperto, deve prender la parola, deve fare azione, deve creare alternative e smetterla di lamentarsi. Sono troppi i baroni che pontificano dal trono della mediocrità, adesso il pensiero trasversale deve uscire allo scoperto. La diversità può adesso diventare differenza e farla!