IL COMMENTO Ischia e gli “schiaffi” ad una perla
DI ANTIMO PUCA
Un pellicolato della metro milanese celebra le bellezze della rinomata isola partenopea. Stiamo parlando di turismo e comunichiamo ad una città come Milano, una città internazionale, su una linea che trasporta clienti provenienti da tutto il mondo. Sostenere il turismo in un’isola che è la perla del Mediterraneo. Questo potrebbe essere l’inizio di un modo di comunicare alternativo. Questo significherebbe guardare fuori, “out the box”, cercare di svolgere il proprio business, ma anche di vivere questi spazi per altre esigenze sociali dei cittadini. Terra di agricoltori da sempre, di cui il vino. Terra di ospitalità da sempre, di cui le Terme. Terra di una natura speciale: che incrocia sei Comuni e quella unica biodiversità ischitana diventa qui più che mai magia. Capolavori inaccessibili. Coperti di rifiuti. Usati come spartitraffico. O abbandonati da anni, i tesori naturalistici e artistici gridano vendetta.
Uno dice: Ischia. E già basta a evocare, in tutta la sua magia, un vanto della nostra nazione. Testimonianza storica di valore assoluto, dovrebbe essere un gioiello da custodire con venerazione. E invece no. Questa meraviglia viene in continuazione aggredita dai responsabili pubblici con interventi invasivi. Basti pensare che si rimedia ai crolli con rinforzi in cemento armato, coperti da mattoni di tufo che nascondono lo scempio. E non basta il problema di cose crollate anni fa poi in fase di recupero con assurdi pilastri di ferro e cemento già utilizzati per altre parti malridotte. Il peggio è qualche strada carrabile interna utilizzata come una qualunque circonvallazione con migliaia di auto. Un sigillo di modernità invasiva a cui i cittadini abbinano, loro malgrado, enormi buche. Di fatto, sventurati “orto-giardini” trasformandoli in discariche di materiali inerti. Della serie: Il miglior biglietto da visita, per chi approda alla nostra, isola…
L’hanno ribattezzato turismo harakiri, gli esasperati addetti ai beni culturali e alla tutela del territorio. È la specialità nostrana di scoraggiare i visitatori, internazionali e non, con inefficienze ed errori da matita blu. Una combinazione fatale di sciatteria, furbizia autolesionista e incapacità di promozione. A parte forse qualche splendore naturale, il territorio soffre la disattenzione cronica alle sue bellezze. Un handicap che lega i sei Comuni tra loro. Un controsenso, amare i nostri gioielli e non volerli sostenere, che è figlio dell’abbondanza. Se Ischia non valorizza, anzi mortifica il binomio arte e natura, è insomma colpa dell’assuefazione all’eccellenza, sfociata poi in puro masochismo. Abbiamo il territorio marchiato da collinette di pattume seppellito. E peggio ancora si mostra l’interno, dietro a cancelli chiusi, per proteggere dai cedimenti. Cos’altro aggiungere? Che per i visitatori stranieri è una vergogna inqualificabile, mentre per noi Ischitani ci sono tante, tantissime occasioni sfumate.
Si potrebbe pensare: ecco le solite sventure in terra di Gomorra. Ecco il solito degrado di un Meridione sempre più abbandonato a se stesso. E in parte è così. Resta il fatto che, anche cambiando costumi, il vizietto dell’autogol turistico si ripresenta puntuale. Venite a scoprire come si punisce una provincia di mare! E in effetti non si ha tutti i torti a parlare in quest’angolo di soluzioni miopi. Per vedere le colline, i turisti più volenterosi provano ad arrampicarsi sugli argini di cemento, ma sono talmente alti che devono arrendersi. Incapacità. Disattenzione per il territorio. O inevitabili costi della modernità? Resta il fatto che la reazione degli Ischitani, di fronte a queste situazioni, è sempre identica. Un faticoso dispiacere. I turisti potrebbero sperimentare certe splendide linee secondarie, attraverso paesaggi e sapori dimenticati. Ma per ragioni che oscillano tra carenza di fondi o anche solo aggiustamenti delle linee, queste tratte vengono sospese. Situazioni che potrebbero essere sfruttate al meglio non fosse appunto che sono negate da lavori in corso. Il problema è che al di là dei singoli episodi, i cittadini si aspettano ancora che intervenga lo Stato. Non capendo, invece, che in questo settore i vertici pubblici si sforzano poco. Anzi, pochissimo. Per la nostra politica, la ricchezza culturale e ambientale è un orpello. Niente che meriti eccessive attenzioni o una sorveglianza severa e costante da parte delle sovrintendenze. Dopodiché è naturale che questo clima pesante, per non dire asfittico, si riverberi su tante perle dell’isola.
La verità è che siamo all’allarme rosso. E la situazione peggiora a velocità spaziale. Una rincorsa all’efficienza che alimenta fiumi di frustrazione, provocando sul fronte locale danni a tutto campo. Cataste di rifiuti a rischio come bombole di gas, plastica di ogni genere e ferraglia arrugginita. Accanto al mare. A pochi metri dal mare. Ma ricoperto in buona parte da terriccio e ciuffi d’erba, nonché privato dei suoi pezzi migliori.
I Bel vedere, tra i luoghi più suggestivi della nostra isola, invidiabile affaccio e panorama fino all’Epomeo, abbandonati senza pudore tra sterpaglie e buche
La sensazione è che gli ischitani stiano realizzando quanto sia devastante, in termini culturali ed economici, questa sindrome autidistruttiva. Tanto più che, in parallelo, il potere insiste a concentrarsi su tutt’altro, non afferrando alcuna opportunità di riscossa nazionale.
Articolo da condividere a tappeto. Grazie!