LE OPINIONI

IL COMMENTO Il miraggio turistico

Il miraggio è un fenomeno ottico che si verifica, in particolari condizioni, su superfici piane (deserto, strade asfaltate ecc.). Esso inganna l’uomo che osserva, facendogli vedere immagini di oggetti inesistenti. Ciò è determinato dalla rifrazione dei raggi luminosi in particolari condizioni atmosferiche. Questo per dire che non dobbiamo mai fidarci delle “ apparenze”. E’ bastato un assalto di turisti, nell’ultimo ponte di inizio giugno, per farci ottimisticamente esclamare “Ischia resta meta preferita dai turisti”. Attenzione: in quei giorni (non per motivi turistici) percorrevo 2.700 km in auto tra Roma, Bologna, Verona, Lago di Garda, Udine. Vi assicuro che la movimentazione turistica avveniva in tutte queste località, in misura superiore alle aspettative degli operatori locali.

Prima conseguenziale considerazione: quando scoppia la voglia insopprimibile di viaggiare, si registra il pieno in tutte le zone belle d’Italia (e sono molte). Ischia non è bella, è bellissima, ma questo non ci autorizza a credere che possiamo battere la concorrenza in virtù delle sole nostre bellezze. Ischia del dopo pandemia (se possiamo già considerarci in tale fase) non sembra aver compreso i suoi difetti: frammentazione amministrativa, traffico insopportabile, mancanza totale di programmazione. Non illudiamoci che, con qualche ordinanza di ordinaria amministrazione, riusciamo a rendere il paese più vivibile. E, guarda caso, le ordinanze per il decoro, la sicurezza e la tranquillità urbana, sembrano dirette esclusivamente agli ospiti, mai agli ospitanti. E’ opinione generale che gli “scostumati” arrivino dalla periferia napoletana, che sono solo loro che gironzolano a torso nudo, sono loro che fanno chiasso, che alimentano la microdelinquenza. Noi siamo convinti di essere le vittime, mai i carnefici. Sì, però, 60.000 autoveicoli sono nostri, gli incidenti stradali li provochiamo anche quando non ci sono i “lazzaroni”. E non è che, in assenza di ospiti, non vengano gettati frigoriferi e lavatrici vecchie in mezzo alla strada o, peggio, abbandonati in luoghi collinari e boschi meravigliosi Il turismo lazzarone non è inevitabile, basterebbe sottrargli il brodo di coltura entro cui si muove con agio. Invece, quel brodo di coltura lo prepariamo noi, ci sta bene, perché porta soldi, più di quanti ne porta normalmente un turismo colto e sensibile.

Un paese che si presenta disordinato, poco attento alla cura dell’estetica cittadina, delle proprie pinete, delle proprie strade, del proprio abitato, (spesso imbruttito da appendici abusive, cannucciate posticce, teli verdi per coprire “vergogne edilizie”, cubi di mattoni al grezzo) è terreno fertile per il turismo invasivo e distruttivo. E non sono solo i proprietari di case-vacanza a favorire l’insediamento di turisti cavalletta. Molti turisti disturbatori degli equilibri naturali, storici, estetici ed acustici, alloggiano tranquillamente in alberghi. Provate a chiedere al Commissariato di P.S quante volte, dopo aver ricevute le schede anagrafiche dei clienti dagli alberghi, fanno irruzione nelle strutture ricettive per la consegna di fogli di via. Non solo c’è bisogno di reimpostare la nostra economia turistica nel senso della sostenibilità, della vivibilità e della crescita civile e culturale. C’è anche bisogno di passare da una trama di strutture ricettive-ristorative di basso-medio livello ad una trama di strutture di livello medio-alte, con punte altissime.

A noi mancano soprattutto gli stranieri e si sa che il 60% del luxury è acquistato da visitatori stranieri. Secondo fonti di Altagamma, organizzazione turistica che raggruppa, in Italia, 107 imprese di eccellenza, il turismo di alto livello vale oggi 25 miliardi di euro ma, con un piano strategico (e il PNRR prevede stanziamenti di fondi per la riqualificazione alberghiera) potrebbe arrivare fino a 100 miliardi di euro. Al cospetto del ministro del Turismo Garavaglia, il presidente di Altagamma ha individuato nove direttrici strategiche che il turismo italiano dovrebbe imboccare: più residence e hotel di lusso, esperienze personalizzate, mobilità esclusiva, comunicazione digitale, ospitalità e formazione, destagionalizzazione, smart working e maggiore attenzione verso i turisti asiatici, che prediligono il settore del luxury.

Provate a scorrere l’ultimo numero della rivista turistica “Bell’Italia” del mese di giugno, dedicato interamente alla Sardegna, definita l’Isola dei Tesori. In esso troverete una logica assolutamente nuova nel modo di pubblicizzare l’isola, di trasmettere ai potenziali clienti un’idea precisa del “genius loci” della Sardegna. La Gallura manda questo stringato messaggio: “Mezzogiorno di cicale, notte di stelle e pace”. La spiaggia della Pelosa, a Stintino, fa sapere che – per il secondo anno consecutivo – porrà il numero chiuso di visitatori: non più di 1.500 persone al giorno, col divieto di fumare e di stendere gli asciugamani sull’arenile (a confronto, l’ordinanza del Comune d’Ischia sul divieto di girare a torso nudo, appare poca cosa). L’isola di Caprera nell’arcipelago di la Maddalena, luogo di rifugio e morte di Giuseppe Garibaldi, reclamizza la scuola di vela più antica d’Italia (50 anni di storia) e 130 mila allievi addestrati negli anni. Il Lido di Cagliari vanta il più grande stabilimento balneare ed elioterapico d’Europa, risalente al 1914. A disposizione 1.000 cabine, docce calde e fredde. miniclub, bar sul mare, pizzeria, gelateria, pasticceria artigianale, discoteca sul mare, area sportiva. Infine, la Sardegna segnala, con reportage fotografici, quattro “tracce identitarie”: le miniere, i costumi femminili tradizionali, il sughero, il paesaggio. L’impronta sarda ! Noi, ad Ischia, siamo fermi a gingillarci su un “rebranding” che sembra la Chimera, il mostro della mitologia greca, romana ed etrusca, impossibile da realizzarsi, visto il miscuglio eterogeneo di elementi non riscontrabili in natura (leone,capra, serpente ecc.) E ci fermiamo qui, avendo citato solo una piccola parte dei “Tesori di Sardegna”. Non che Ischia abbia da invidiare tesori ad alcuno, ma nessuno – da noi – si preoccupa di metterli a sistema, di valorizzarli nel modo giusto, di stendere un “fil rouge”, capace – con poche immagini e parole – di far intendere al visitatore potenziale il nostro “genius loci”. Il “ locus” c’è, è il “genius” che manca!

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