LE OPINIONI

IL COMMENTO Il messaggio del voto americano visto dall’isola

DI LUIGI DELLA MONICA

Nell’era della globalizzazione, chi ritiene che la vittoria del Presidente USA non abbia ripercussioni nella nostra comunità si sbaglia di grosso. L’Italia, come ricordano le recenti commemorazioni della morte del Primo Ministro Alcide De Gasperi, è un Paese che nello scacchiere della conferenza di Yalta del 1945 le Potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale decisero di integrare nell’influenza americana e, viva Dio, aggiungo io meno male. Sulle ceneri dei bombardamenti psicologici e materiali della Seconda Guerra Mondiale gli italiani erano visti dalle soldataglie straniere (alludo al romanzo di A. Moravia “La Ciociara”), come indigeni da sottoporre alla punizione e predazione, come castigo per essere stati alleati del vile dittatore tedesco. In altri termini, eravamo diventati un popolo senza dignità ed altrettanto ci apprestavamo ad essere, se non fosse stato per De Gasperi ed il suo governo di centro, di influsso democratico cattolico, che ci affrancava dalla decisione già presa da Palmiro Togliatti di incorporarci nel Patto di Varsavia (si ricordi il compagno Ercole Ercoli). In tal guisa, abbracciamo le stelle e le strisce di “Tu’ vo’ fa’ americano” e del “Nero a metà”.

Il prezzo amarissimo da pagare, purtroppo, fu il ritorno di Lucky Luciano, che fece rifiorire il contrabbando nel porto di Napoli, la piaga della malavita riportata in patria dagli “indesiderabili” provenienti dall’altra parte dell’Atlantico, altrettanto ci ha narrato PIF, autore dei capolavori “La Mafia uccide solo d’Estate”. Nel bene e nel male, però, abbiamo avuto la democrazia, con le sue anomalie endogene e con una lotta continua fra la giustizia ed il torto, la cui risoluzione del conflitto è affidata ad una classe di magistrati, estremamente preparati culturalmente, ma tendenti sempre di più a credere maggiormente alle statistiche, che non alle sofferenze emotive delle parti. La giustizia si smarca del suo contenuto positivo ed aderente al benessere psichico delle parti, per cedere il passo agli algoritmi logico-matematici. Indubbiamente, si tratta di un criterio di efficientamento della macchina burocratica pubblica di matrice anglosassone, che si vorrebbe introdurre nel nostro sistema giudiziario, ma che non ha fatto altro che stritolare tutti gli attori del processo, magistrati compresi. Questi ultimi, con il Dlgs. 28\2010 art. 5 quinques nr.2, introdotto dalla riforma “Cartabia”, che sta piano, piano, assumendo il sapore della stessa debuge della riforma “Fornero”, il magistrato diviene un buon amministratore della giustizia, se aumenta il volume statistico delle mediazioni\conciliazioni promosse. Tutto questo però stride fortemente con il ruolo di sommo perito, delegato al Giudice italiano, il quale viene funzionalizzato ad una sorta di sacerdozio laico, in base al quale l’ordinamento giudiziario gli conferisce la c.d. spada della Giustizia, il compito di affermare ragione o soccombenza in assoluto.

In questo contesto, si chiederanno i lettori, su cosa mai potrà influire la vittoria di Trump nella vita sociale italiana ed anche ischitana. Le risposte sono molteplici, ma la interconnessione italo-americana è assolutamente ineluttabile. Il primo dato è certamente quello turistico, perché le due guerre contemporanee (Ucraina ed Israele) hanno canalizzato un flusso oceanico di visitatori “made in Usa”, per poi argomentare della sicurezza militare. Trump ha fatto da sempre capire ai suoi alleati della N.A.T.O. che era arrivato il momento di autodeterminarsi in politiche di difesa e non pendere dalla labbra di mamma “America”. Il professare politiche fiscali a basso prelievo verso la ricchezza e barricarsi dall’invasione commerciale cinese del mercato globale, mitigare i flussi migratori illegali, sono politiche anche a vantaggio del benessere della società europea, la quale si è imbavagliata e rischia di implodere su stessa per un pacifismo acritico ed astratto. Una grande impresa che produce e vende a prezzi congrui determina politiche economiche benevoli, assunzioni e circolazione di ricchezza: acquisti di case, ristrutturazioni, consumi del ceto operaio e delle loro famiglie, servizi intellettuali. Un ceto medio che filtra la domanda ed offerta del lavoro costituisce l’ossatura della comunità, garantendo interscambio fra i grandi poteri economici e politici e le masse dotate di istruzione culturale di base. Kamala Harris ha perso le elezioni prima di tutto perché come evento mediatico, quasi ieratico, Trump è apparso quasi come un dio immortale, essendo scampato all’attentato alla sua vita, ed inoltre il “tycoon” ha parlato al cuore ed alle pance dei cittadini, non agli intelletti astratti.

Questo è il messaggio, perfettamente estensibile alla nostra società, delle elezioni americane, che addirittura si paragonano a quelle di 120 anni or sono per l’evento della rielezione non consecutiva, la tassazione pesante della ricchezza e la giustizia distante dalla percezione psicologica della aderenza dei provvedimenti giurisdizionali alla giustizia sostanziale non sono più tollerati dal popolo. Ciò decodifica anche le elezioni in Liguria, che avevano tutte le variabili favorevoli per una vittoria del centro sinistra, che è caduto anche in Germania da pochi giorni. Come in USA gli artisti di ogni ordine e grado si sono schierati contro Trump, anche da noi si odono piccoli stridii di musicisti anche blasonati, che tuonano contro chiunque possa ardire di pensarla diversamente da loro. Emancipazione femminile a chiacchere, auto elettriche, stipendi bassi e criminalizzazione dei piccoli proprietari immobiliari: queste pillole di invasamento culturale sono tramontate e la gente lo ha capito, sia in USA, sia in Italia. Immigrati che pascolano in città e in paese che non sono tenuti a rispettare le stesse leggi dei popoli democratici sovrani ospitanti hanno stufato tutti, ma l’egemonia di una certa cultura ipocrita non vuole cedere il passo al realismo. Non mi interessa fare un discorso filo Meloni o filo Schlein, ma una donna integerrima che affronta la maternità monogenitoriale, dopo un gesto vile del padre di sua figlia, è più credibile di una cittadina di 3 Stati ricchi che pontifica sugli altri e strizza l’occhio ad un dirigente sindacale che inneggia alla “rivolta sociale”. L’unica rivoluzione bianca e silenziosa che io suggerirei è quella di revocare ai lavoratori della Stellantis, della Whirpool, della Volkswagen i loro tesseramenti sindacali. Pertanto, la vittoria di Donald Trump ha voluto significare che non ci deve più vergognare di essere benestanti e questo miglioramento della vita dell’alta e della media imprenditoria è suscettibile di irradiarsi a tutti i cittadini. Le elìte culturali hanno stufato, questo il messaggio nord americano.

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