A bocce ferme, è necessario fare una riflessione su quello che, una settimana fa, ci ha detto e fatto capire la 43^ edizione del Premio Ischia Internazionale di Giornalismo. Non parlo della riuscita dell’edizione 2022. Quella è fuori discussione. Ormai i fratelli Elio e Benedetto Valentino, con la collaborazione di sperimentate spalle organizzative, hanno un’esperienza collaudata che fa sì che, anche con una parte spettacolare in tono minore, tutto si svolga con eleganza e gradevolezza. E certamente la scelta di far svolgere la manifestazione di quest’anno nel Piazzale Anna De Felice a Casamicciola è stata una scelta eticamente giusta, per un atto di solidarietà e per la necessità di rilanciare una realtà martoriata dal terremoto e più ancora dal dopo terremoto, costellato di inefficienze e ritardi. Emblematico che a salire sul palco, non ci sia stato un Sindaco per Casamicciola bensì la Commissaria prefettizia, dottoressa Calcaterra. No, non è questo l’aspetto che voglio affrontare, fatte le debite congratulazioni ad Elio e Benedetto Valentino. Quello che voglio chiedere e sottoporre alla valutazione dei lettori è un’altra questione: “Ma i giornalisti ci credono ancora nei giornali?”. Pongo il quesito per il fatto che il giornalismo italiano, e di conseguenza anche la prestigiosa giuria messa in campo dal Premio Ischia, mai come quest’anno, è sembrata oscillare tra la ricerca, a tutti i costi, di un collegamento con i giovani, attraverso la comprensione e l’adattamento del linguaggio giornalistico a quello usato dai giovani nei new media e, d’altro lato, ha voluto premiare anche chi, come Anna Zafesova ,di La Stampa di Torino, ha continuato ad esaltare l’importanza dello scritto su carta stampata e chi, col Premio alla carriera, ccme Lorenzo Cremonesi del Corriere della Sera, corrispondente di guerra e giornalista che ha continuato a fare giornalismo secondo canoni antichi. Nello stesso tempo, è stato premiato un giovanissimo,come Francesco Oggiano, editore di forme di giornalismo che fanno largo uso di new media e social come You Tube e Tik Tok. E’ come se oggi, seguendo il sociologo Mc Luhan, lo strumento di diffusione delle notizie venga considerato più importante delle notizie stesse.
I media sarebbero così un’estensione dei sensi dell’uomo, che assorbe ogni altra sensorialità umana. Insomma il “mezzo” si fa “messaggio”. Tutto questo è stato affrontato, con grande competenza e serietà, nel dibattito che si è tenuto nel Giardino del Regina Isabella, il primo luglio. La presenza del sociologo belga Derrick de Kerckove (che non a caso ha diretto, dal 1983 al 2008, il Mc Luhan Program in Culture e Tecnology dell’Università di Toronto in Canadà) ha dato un respiro e un livello altissimo al dibattito. Anche con l’ausilio di Lello Savonardo, dell’Osservatorio Giovani del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli, del giovane premiato Francesco Oggiano e di Fernando Vacarini, direttore del Magazine “Changes”, edito dal Gruppo assicurativo Unipol, uno dei prestigiosi sponsor del Premio Ischia. Del numero 9 del Magazine, dedicato alla Generation Pnrr, sono stati distribuite copie, senza risparmio, sia la sera del primo luglio che la sera del 2. Non so quanti lo abbiano conservato e letto. Penso pochi, anche a giudicare dal grado e dal livello di attenzione registrati per il dibattito al Regina Isabella. Spero di non offendere alcuno se dico che solo un 20% dei presenti ha seguito, con attenzione, il dibattito; l’altro 80% era intento a chiacchierare d’altro e a consumare un gradito buffet. La mia impressione è che si è diffuso, in gran parte del mondo giornalistico, uno scetticismo sulle sorti future dell’informazione, un’arrendevolezza verso forme di comunicazione solipsistiche, un’informazione per se stessi, uno specchio deformato in cui riflettersi.
Ha detto bene De Kerckove: “C’è un apparente potenziamento del ripiegamento in sé, che si risolve paradossalmente in una sottomissione alla piazza mediatica. Così l’interiorizzazione si esteriorizza al massimo. C’è bisogno di un’autoesaltazione per esaltarsi poi nella grande piazza dei new media“. La Rivista “Changes” ( che vuol dire “Cambiamenti”) si apre con un editoriale di Vittorio Verdone (Direttore editoriale) che termina con una significativa citazione tratta dal libro di Giacomo Balla “Dinamismo di un cane al guinzaglio”, in cui lo scrittore descrive il movimento convulso di un cane bassotto, incatenato, e perciò frenato e limitato nei suoi movimenti. Questa è una perfetta immagine per descrivere la situazione odierna dei giovani, che vorrebbero “muoversi” ma sono frenati da lacci e lacciuoli della realtà italiana. Ma il dibattito ci ha fatto capire anche che non è con l’adattamento acritico dei giornalisti della carta stampata al linguaggio dei giovani che si risolvono i problemi. Non possiamo fare a meno di apprendere e comprendere i nuovi linguaggi dei giovani, ma senza stravolgere il senso delle cose.
Nessuno può sostituire o destituire il valore della parola, la bellezza della scrittura, che sono strumenti universali e necessari. E’ solo l’approccio, la modalità di trasmissione che cambia e si aggiorna. Tutto questo deve far riflettere anche noi, piccolissimi artigiani del giornalismo locale. Non possiamo né dobbiamo strumentalizzare i giovani, lusingandoli o reprimendoli secondo le convenienze di questo o quel giornale, di questo o quel “direttore” di giornale. I giovani vanno rispettati sempre e compresi. Ma il rispetto si dimostra sapendo offrire loro anche la propria visione, senza pretese di detenere verità in tasca, ma fermamente convinti che si va, con la parola, lo scritto, alla ricerca della verità, sia che essa ci piaccia, sia che non ci piaccia. Il 2022 è l’Anno Europeo dei Giovani e,per l’occasione, il Magazine “Changes” intervista Marija Gabriel, Commissaria Europea per l’innovazione,l’istruzione e i giovani e la Ministra italiana per la Gioventù, Fabiana Dadone. Dalle parole di entrambe emerge che il Pnrr offre molte opportunità alle giovani generazioni: dalla digitalizzazione alla transizione energetica, alla green economy. Il tutto, si stima possa contribuire ad elevare l’occupazione giovanile, entro il 2026, del 3,3%, con l’impiego di 21,9 miliardi di euro. In questa prospettiva, l’informazione non può essere ignorata. Aggiorniamola, ringiovaniamola, ma difendiamola!