LE OPINIONI

IL COMMENTO Il bello e il brutto

La recente polemica sulla passeggiata dal Porto d’Ischia alla spiaggia di San Pietro (di cui mi sono occupato domenica scorsa) ha messo in rilievo una diversa concezione del “bello” che ciascun cittadino ha. Secondo alcuni, la riduzione della lingua di spiaggia libera sotto Villa Dohrn, per consentire il passaggio di un percorso pedonale di collegamento, costituisce un attentato alla natura dei luoghi. Ci può stare. Se non fosse sotto gli occhi di tutti che da anni è stato consentito, nel silenzio di tutti, una baraccopoli poco più avanti, data in uso (non so da chi) a “rifugiati” vari. Se non fosse sotto gli occhi di tutti che attività balneari e sportive marine hanno occupato, sul vasto arenile di San Pietro, tutto l’occupabile e creato un dedalo inestricabile tra stabilimenti. Questo fa parte del brutto o del bello? Ci interessa veramente il decoro della natura dei luoghi o semplicemente fare il bagno in santa pace in arenile libero (credo che la frequentazione della spiaggetta riguardi una decina di habitué). E apprendo che la creazione di un percorso pedonale deve essere in funzione esclusiva di godimento e rapporto individuale con la natura; cosa che verrebbe compromessa se il percorso pedonale venisse inteso come infrastruttura di cucitura con il restante waterfront. Non ho competenze né urbanistiche, né ingegneristiche e né architettoniche, ma un sufficiente scorcio di vita mi ha consentito di sviluppare un minimo di sensibilità estetica. Davvero un’infrastruttura non può coniugarsi col bello della natura? Davvero un rammendo della costa, spezzata e frammentata può nuocere alla bellezza dei luoghi e disturbare la quiete dell’anima? Non dipende forse dalla qualità del progetto? Che se le perplessità riguardano carenze progettuali, non è il caso che ci soffermiamo su queste per migliorale?

Che ognuno abbia una propria concezione del bello, lo si può del resto verificare anche in altre circostanze. Avendo personalmente visto e sperimentato dall’interno il nuovo Terminal del Molo Beverello a Napoli, confesso di essere rimasto colpito dal parere fortemente negativo, espresso, sui social, da Lello Montuori, che stimo molto e che so viaggiatore del mondo e quindi osservatore esperto. In un primo momento, Lello ha dato l’impressione di una condanna globale del progetto (per altezza, per compromissione visiva dei beni storici-architettonici alle spalle, per rivestimenti esterni). Poi, con una parziale correzione, ha riconosciuto la bontà e bellezza degli interni e ha limitato l’aspra critica alle mattonelle (da wc) poste parzialmente all’esterno della struttura. Per quanto riguarda la “compromissione visiva”, il giornalista architetto Davide Vargas, su Repubblica, ha scritto: “Uscendo dalla Galleria della Vittoria, la grande nave da crociera attraccata al Molo Angioino è come una muraglia che incombe sul nuovo arrivato (il nuovo Terminal al Molo beverello), edificio basso, con una geometria spezzata e spigolosa e che si distende lungo il tratto di porto. E’ rivestito di pietra lavica e discende a terra in continuità con la copertura.. Spicchi di verde inclinato si inseriscono con i ciuffi di sedum e mirto. L’interno ha pilastri circolari scuri e controsoffitti a spicchi triangolari; dietro una bassa ringhiera sono esposti reperti rinvenuti”. Diversità di vedute!

Ma l’esempio più clamoroso di strabismo valutativo, a mio modesto parere, lo riscontriamo a proposito del Castello Aragonese. Chi, tra gli ischitani, non ha mai postato sui social, una foto del Castello, all’alba, al tramonto, visto da mare o dall’alto, col buon tempo o cattivo tempo, con i fuochi d’artificio o con le luci artificiali? E, naturalmente, il Castello merita, è un bene storico-monumentale unico. Ma quanti sanno e si preoccupano che il Maschio (uno dei simboli del Castello), per controverse vicende, è in stand by, sotto sequestro e minaccia di degradarsi nel tempo? Di recente c’è voluta la pressione del Fronte Unito degli ambientalisti per sollecitare il Sindaco a prendere provvedimenti provvisori: diffida al privato, nonostante la sua mancata fruizione del bene sequestrato, a ripristinare le parti deteriorate. Forse che i cittadini (amanti del bello) sono insorti? Forse che un consigliere comunale ch’è uno si è dato da fare per denunciare lo stato dell’arte e proporre soluzioni? Macché! E la baia sottostante, dove si reclamizza l’importante area museale subacquea di Aenaria, come è possibile che sia invasa, in superficie, da decine e decine di imbarcazioni? Nel concetto di “bello” non rientra la tutela e la valorizzazione dell’eredità storica di un antico quanto integro molo portuale sommerso? Perché nel Parco Archeologico dei Campi Flegrei (antica zona portuale romana del Portus Julius) i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Napoli, in uno con i Carabinieri subacquei di Napoli, sorvegliano l’area contro i predoni dei reperti e invece per Aenaria vige l’anarchia? E quanti amanti del bello si sono fino ad oggi schierati, con decisione, a favore dell’istituzione del Parco Regionale Protetto del Monte Epomeo, proposto da CO.RI.VERDE? Parecchi giovani, pochi amministratori pubblici e pressoché nessun cacciatore. E quanti cittadini hanno condiviso e considerano virtuosa la battaglia sostenuta da pochi volontari attivi e, successivamente (con ritardo) dall’amministrazione comunale, per evitare che il parcheggio della Siena (con auto e pannelli solari in superficie) diventasse un obbrobrio?

Diciamo la verità: alla maggioranza dei cittadini interessa il parcheggio a prescindere, costi quel che costi. L’utile prima dell’estetica. Il ritorno commerciale prima che la difesa del paesaggio e della bellezza naturale. Su “bello” e “ brutto”, come si è visto, ad Ischia c’è ancora tanto da lavorare e imparare. Ah, se solo ci fosse ancora ad insegnare, il prof. Edoardo Malagoli, con i suoi quesiti che ti inchiodavano e inducevano a riflettere: “Che cosa è il bello?” E, dopo tante risposte parziali, imprecise, titubanti degli studenti, si concludeva che lo sviluppo della sensibilità emotiva è il risultato di una molteplicità di fattori: condizioni culturali, sensibilità e gusto personali, esperienza percettiva e relazionale, influenza del contesto in cui si vive. Il tutto contribuisce a organizzare lo “stupore” estetico.

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