LE OPINIONI

IL COMMENTO Due gocce cambiano il mare

DI LUIGI DELLA MONICA

Non mi interessa trasmettere ai lettori nozioni di geografia marina, per cui non mi dilungherò ad illustrare le estensioni delle coste isolane, dalla terraferma alle dodici miglia in direzione perpendicolare, ma sicuramente posso affermare che i due pescatori di Forio, padre e figlio hanno compiuto un gesto dirompente con il passato. La metafora della intestazione dell’articolo riprende le frasi della Santa Madre Teresa di Calcutta, prediletta del Santo Giovanni Paolo II, che rispondeva di essere una goccia nel mare a quanti le chiedevano se il suo sacrificio per l’umanità potesse cambiare il Mondo. Non conosco i due pescatori di Forio, perché a volte le tante microisole che coesistono in Ischia impediscono, di questo me ne faccio colpa personale, di essere sempre informato su tanti aspetti specifici del territorio, rimanendo attenti soltanto agli accadimenti all’ombra del proprio campanile. Ma questo episodio è suscettibile di creare un precedente importantissimo di speranza di cambiamento, per riallacciarmi all’ultimo tema di Graziano Petrucci.

Di fronte a tanta indolenza collettiva, a tanta accidia rispetto al terrore di una crisi economica strutturale ed epocale, un padre ed un figlio, uomini di mare per professione, che spesso imbarcano le loro anime con il timore non tanto lontano di fare ritorno senza il pescato necessario, impiegano un’intera giornata di lavoro per ripulire il mare dalle nasse abbandonate. Qualche lettore, giustamente, potrebbe domandarsi il nesso fra la macroeconomia dell’isola intera ed un gesto composto de avveduto di due singoli pescatori. E’ presto detto! Questi due isolani, foriani, padre e figlio, hanno dato una lezione magistrale, senza bisogno di essere accademici tiberini o dei lincei: la comunità insulare territoriale senza il rispetto dell’ecosistema del mare non ha identità. Senza il rispetto della catena della vita sottomarina e submarina Ischia muore, culturalmente, economicamente, socialmente. Non si tratta di creare o consolidare un acquario a cielo aperto, ma semplicemente di incentivare piccoli gesti di rispetto. Nell’inconscio collettivo e nel comune sentire, il mare pulito e disinfestato dai manufatti umani invasivi dell’ecosistema deve penetrare in senso immanente nella mentalità delle persone. Il mare pulito è Ischia, il mare sporco non è Ischia: l’isola più bella del Mondo deve rispondere a questa equazione; perdonate il riferimento a Parmenide di Elea, padre greco dell’ontologia, che abitava 2500 anni fa in Cilento, per intenderci.

In sintesi, Ischia è Ischia se il suo mare è pulito e rispettoso dell’ecosistema naturale, Ischia con il mare sporco o invaso non è Ischia.

Questa logica deduttiva, per arrivare agli assiomi della logica cartesiana, laddove dal particolare, cioè dal piccolo gesto simbolico, si deve approdare al generale, inteso come il bene di tutta la comunità. Chi te lo fa fare, perché hai perso una giornata di “campata”, nessuno ti dà la medaglia e poi ci devono pensare i politici, il Sindaco, l’Assessore al Demanio Marittimo, la Regione, la Città Metropolitana….bla…bla… Molti isolani pensano di non essere legittimati alle reprimende di una pratica sbagliata ed illegale sul proprio territorio, quasi come se le storture endogene di Ischia dovessero essere risolte da un drone militare, che piomba dall’alto. Vige il diktat del “non si è mai fatto, ma perché si deve fare ora” e così si ammazza la speranza. Di norma gli anziani sono quelli che hanno fatto incetta per così dire di speranza e molto spesso i giovani da loro allevati sono invecchiati insieme a loro. Ecco che via, via, di questo passo siamo arrivati a che l’intera isola ospita più di 5 campi regolamentari di calcio, ma di nessuna piscina coperta da destinare alla scuola di nuoto; non ha una squadra di pallanuoto, non esiste un circolo di canottaggio, la scuola di vela è gestita benissimo dalla Lega Navale, ma vige per lo più la trasmissione delle scienze nautiche da padre in figlio, o da zio a nipote. Nessuno mi fraintenda, non voglio dissacrare la divinità laica delle squadre di calcio isolane, ma è evidente che fioriscono solo sport di terraferma, mentre la vocazione marittima è completamente accantonata. A parte il bellissimo gesto del padre e del figlio pescatori che ripuliscono il mare, non si è pensato di organizzare attività stanziali di osservazione delle tartarughe marine e dei cetacei: non sto sostenendo eresie, basta implementare le infrastrutture marittime per attirare e per far proliferare il transito e la nidificazione di questi meravigliosi anfibi, che naturalmente si nutrono di orate, occhioni e dentici ma anche di pinterrè e guarracini, i quali ultimi mangiano anche la posidonia. Le nasse spezzano questo circuito alimentare ecomarino, intrappolando di tutto e di più, inquinando le praterie di posidonia perché composte da plastiche cancerogene, trasmettendo le stesse ai pesci di piccola taglia, che a loro volta sono il cibo dei pesci da cucina umana, ma anche dei cetacei o dei tonni, trovandoci ad ingerire più e più volte questi materiali nocivi e determinando le condizioni per l’allontanamento dai nostri fondali delle specie che costituiscono fonte di ricchezza per il turismo esperenziale. Non dimentichiamo che sull’isolotto di Vivara si pratica il birdwatching, ma Ischia è completamente digiuna da aree di osservazione delle tartarughe caretta o dei delfini: qualche rara notizia random e nulla di più. Pertanto, cari lettori comprenderete il piccolo gesto rivoluzionario e benefico per la comunità dei due pescatori foriani, che hanno con i fatti e con la buona volontà dimostrato, l’anziano ed il giovane, che si può scardinare questo sistema di assuefazione e torpore sociale di improduttiva attesa degli eventi turistici o politici per conseguire il cambiamento. Molti isolani credono ostinatamente che l’isola si cambi da sola e chi proviene dalla terraferma abbia un obbligo divino di cambiarla dall’esterno, per il sol fatto di frequentare Ischia. Il forestiero, a parere di questa mentalità becera ed obsoleta, si deve adeguare alle leggi reazionarie non scritte dell’isola e se del caso cambiarle, affaccendarsi per porgere le soluzioni migliorative sul piatto di platino agli ischitani e riceverne anche critiche, tutto perché Ischia è bella e tutti si devono inchinare alla sua bellezza.

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Ci mancherebbe, Ischia è superlativamente bella, ma è infinitamente brutta, per una piccola, piccolissima parte di abitanti che ha perso la speranza di cambiarla, un po’ per loro incapacità, ma la cosa più grave è che ostacola con gelosa ignoranza quelli che invece non hanno perso la speranza, non si sono rassegnati a rendere oasi e paradiso terrestre un territorio abitato da barbari, che per il denaro consegnano due mesi all’anno la loro vita ad un’orda di barbari ancora più selvaggi di loro. Bene ai due pescatori, che hanno dimostrato che si può cambiare, anziani e giovani insieme.

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