IL COMMENTO Difendiamo istruzione e salute
DI ANTIMO PUCA
Vivere su un’isola non è facile. Richiede orgoglio, determinazione, coraggio. Spirito di sacrificio e un pizzico di fatalismo. Siamo su una zattera in mezzo al mare, soggetta allo schiaffo di tutti i venti. Compresi quelli della trascuratezza o della dimenticanza dei governanti. Ma Ischia non è uno scoglio ed esigiamo che non ci si scordi di lei e delle necessità dei suoi abitanti, specialmente se queste necessità si chiamano istruzione e salute. Le consideriamo i nostri valori più grandi e siamo disposti a tutto per difenderle. Abbiamo una battaglia da combattere, importante e impegnativa: la difesa della nostra salute e soprattutto di quella dei nostri figli, salvaguardando l’ospedale, l’unico presidio sanitario degno di questo nome che possediamo. Noi ischitani siamo abituati ai disagi, perché l’insularità inevitabilmente li comporta. Li conosciamo. Li abbiamo succhiati col latte materno. Li possediamo nel Dna. Da sempre ci spostiamo. Affrontiamo il mare per mille motivi e abbiamo col nostro elemento naturale e imprescindibile un sentimento di odio/amore, di attrazione/repulsione. Il mare ci identifica, ci distingue, cingendoci nel suo abbraccio. Rende il nostro territorio, le nostre coste, i nostri paesi altrettanti oggetti di desiderio per tanti turisti che ci portano lavoro e possibilità di vita. Ma il mare è anche barriera, ostacolo insormontabile a volte. E allora lo malediciamo e ci sorprendiamo a provare invidia per chi, sul continente, a qualsiasi ora del giorno e della notte, può prendere e partire, può andare dove vuole o deve, mentre noi siamo legati ad orari di trasporto marittimo insoddisfacenti e lacunosi, spesso non coincidenti con quelli dei pullman, e naturalmente solo giornalieri, tanto da poter raggiungere ipoteticamente solo l’indomani un congiunto portato via d’urgenza la notte con l’elisoccorso. Il mare, dunque, al contempo ci regala e sottrae libertà, condiziona le nostre esistenze, ci toglie presto i figli di casa, se vogliamo farli studiare, e spesso non ce li restituisce, perché vivere “fuori” è più comodo e può essere più stimolante, per le occasioni di crescita personale e di un lavoro soddisfacente. E il mare ci obbliga a trasferirci altrove, per farci curare, quando arriva qualcosa di veramente serio a spezzare la normalità delle nostre vite. Questo lo accettiamo, da sempre, quasi con fatalità.
Non accettiamo invece di dovercene andare, magari con l’elicottero, per risolvere problemi di media o lieve entità. Non accettiamo di spiccare il volo se si presenta un parto gemellare fisiologico o di partire per un esame che fino a poco tempo fa si poteva eseguire qui o, se cadendo, ci rompiamo qualcosa o se abbiamo bisogno di una visita oculistica. Non accettiamo che ci vengano sottratti, mese dopo mese, pezzi della nostra struttura ospedaliera, ridotti i posti letto e i giorni necessari di degenza. Non accettiamo la soppressione delle guardie mediche, le file di ore per prenotare le analisi e poi, quando c’è posto, per farle né la ventilata soppressione della chirurgia, che metterebbe drammaticamente a rischio la nostra stessa sopravvivenza. Non accettiamo che sia progressivamente smantellato l’unico baluardo sanitario di una comunità insulare sparsa su un territorio che nei mesi estivi, almeno per ora, speriamo anche in futuro, si moltiplica. Anche i turisti italiani e stranieri che amano Ischia ci appoggiano in questa lotta perché, è intuitivo, vogliono che la loro vacanza sia garantita da un presidio ospedaliero efficiente. Amiamo molto la nostra terra, per la sua “scomoda” bellezza e, pur essendo gente “tosta”, gente di sale, sappiamo dimostrare ospitalità e generosità. L’ obiettivo è dotare il nostro territorio di una struttura ospedaliera più moderna, più funzionale, più dotata di quelle tecnologie indispensabili per un più corretto esercizio dell’attività sanitaria e quindi più rispondente alle esigenze dell’utenza, più attrattiva per lo stesso personale sanitario la cui carenza rappresenta e rappresenterà il problema maggiore con cui confrontarsi negli anni a venire. Uno dei motivi della carenza di personale negli attuali presidi è la riluttanza da parte dei potenziali candidati residenti in Comuni non insulari a trasferirsi a vivere nella nostra isola a causa della ben nota crisi abitativa e del costo degli affitti. Giovani medici dell’isola vorrebbero realizzato il legittimo sogno di poter ambire a svolgere il nostro lavoro sul nostro territorio, offrendo alla nostra comunità i frutti di studi e di impegno pluriennali che devono rappresentare una risorsa cui attingere piuttosto che una risorsa da “allontanare” dal territorio. Come si pensa di porre un freno alla migrazione professionale (non solo in campo sanitario) con conseguente depauperamento delle risorse umane che non vengono messe in condizione di poter prestare la propria opera là dove hanno radici e dove coltivano anche i propri rapporti con la comunità? L’eventualità di dover cercare lavoro al di fuori di questa realtà insulare lascia sconfortati e sconcertati giovani professionisti e cittadini innamorati delle proprie origini e volenterosi di investire sul territorio in cui sono nati e cresciuti. Molti quando hanno intrapreso gli studi sono stati incoraggiati e ulteriormente motivati dalla prospettiva di poter un giorno lavorare nel nostro territorio in un Ospedale degno di questo nome e di cui andare orgogliosi, per esserne parte attiva e propulsiva. Signori Sindaci, insieme a tutte le altre voci e considerazioni, auspico che terrete presente anche questo punto di vista, che umilmente, ma fermamente, ho voluto rappresentarvi. Si tratta fi decisioni tanto importanti per gli interessi generali delle nostre comunità.