LE OPINIONI

IL COMMENTO Desalinizzazione, il tempo delle sfide

DI GIORGIO DI DIO

Siamo nel 1951, l’anno in cui sono nato io. Procida era la sorella piccola del golfo con i suoi 3,75 kmq e isuoi 10.156 abitanti. Non c’erano sorgenti locali di acqua potabile. L’acqua per gli usi quotidiani veniva attinta dalle cisterne dove si raccoglieva l’acqua piovana. L’acqua potabile arrivava dal continente con le navi cisterna. La mancanza di acqua inibiva un possibile sviluppo turistico che, in ogni caso, nessuno voleva. Ischia, la sorella grande del golfo, aveva una superfice di circa 46 kmq e una popolazione di 31.813 abitanti. Aveva paesaggi molto vari, spiagge bellissime splendide pinetee un monte di 789 metri sul livello del mare, il monte Epomeo. Era suddivisa in sei Comuni. A Ischia, diversamente da Procida, il turismo lo volevano (l’antica E.V.I., Ente Valorizzazione Isola d’Ischia, si occupava sia dell’acquedotto che del turismo) e l’isola aveva tutte le caratteristiche per svilupparlo: acque minerali e termali, con caratteristiche chimiche curative, fanghi vulcanici per la cura di molte malattie. A differenza di Procida Ischia non era completamente priva di sorgenti. C’era la sorgente di Buceto con una portata molto bassa, la sorgente di Nitrodicon una temperatura elevata e caratteristiche chimiche e fisiche più adatte alla cura che all’uso alimentare. Anche nella zona costiera di Forio esisteva una falda acquifera che veniva utilizzata solo per irrogazione di poche campagne perché troppo salata. Come a Procida anche a Ischia il rifornimento più consistente veniva affidato alle navi cisterna che portavano l’acqua dal continente.

La quantità di acqua mediamente trasportata ogni anno nelle due isole era di 125.000 mc e la spesa superava i 150 milioni di lire (spese che si assumeva lo stato). Nell’ adunanza del Comitato dei Ministri per il mezzogiorno del 15 marzo 1951 fu deciso di stanziare i fondi per costruire un apposito acquedotto che portasse l’Acqua potabile a Ischia e a Procida. Il prof. Giuseppe Postilli dell’Università di Napoli , su incarico della Cassa per il mezzogiorno, peraltro da poco costituita, elaborò il progetto di massima per la costruzione dell’acquedotto sottomarino. Le difficoltà per la realizzazione del progetto erano immani. Bisognava stabilire un percorso sottomarino sicuro, considerare i venti, le correnti, il mare agitato ed è da tener presente che la tecnica di costruzione di condotte sottomarine per il trasporto dei liquidi si era sviluppata da poco. In questo caso poi, le distanze erano notevoli e il fondo marino molto duro. Le condotte dovevano avere una durata di molto superiore a quella di altriimpianti simili e dovevano esser protettedall’aggressione del mare e posizionate in modo da poter garantire eventuali interventi di riparazione. Il progetto esecutivo fu presentato il 21 aprile 1956, approvato l’8maggio 1956, affidato il 2 giugno 1956.

Non voglio dilungarmi in una storia che altri hanno egregiamenteraccontata prima e meglio di me. Quello che mi preme dire è che affrontare questo macroscopico progetto è stata una scelta coraggiosa e avanguardistica dettata dalla premessa fatta negli studi preparatori al progetto: bisognava escludere assolutamente la soluzione della costruzione di uno o più dissalatori dell’acqua del mare perché questa scelta avrebbe richiesto impianti di complessa costruzione e di costi di gestione troppo elevati. L’idea del dissalatore, perònon è mai morta ed è stata affrontata anche negli anni a venire dalla prima EVI (Ente Valorizzazione Isola d’ischia), ma sempre puntualmente scartata. La grande siccità di Sicilia, Sardegna, Calabria e l’endemica carenza d’acqua porta a pensare che tali fenomeni potrebbero interessare un domani anche le nostre zone ( ma in certi periodi ne hanno avuto avvisaglie anche Ischia e Procida dove alcune zone sono rimaste per più giorni senz’acqua). E bisogna chiedersi se non sia arrivato il tempo di un altro grande progetto, di un’altra grande sfida. Una sfida non di Ischia e Procida, ma una sfida mondiale. Una sfida che può portare grandi risultati. Ce lo sta dimostrando l’Arabia Saudita paese molto più desertico di qualunquealtro paese da noi conosciuto. L’Arabia Saudita, pur in condizioni peggiori e con tecnologie meno avanzate dei paesi occidentali, ha creato dal mare l’acqua potabile. Acquache serve perinnaffiare i milioni di piante che vengono utilizzateperfermare l’avanzata dal deserto, per riempire le immense piscine degli hotel di lusso, ma anche come acqua potabile per i turisti. L’Arabia Saudita è riuscita a creare dal mare acqua potabile sicuramente più buona dell’acqua minerale in bottiglia utilizzando le migliori tecnologie del mondo. Allora dobbiamo chiederci com’è che un paese come l’Italia con tanto verde e tanto mare si trova a combatterecontinuamene con la siccità e la mancanza d’acqua mentre un paese desertico è riuscito a trasformare l’acqua dimare in acqua potabileutilizzando menti brillanti di origine italiana? Sì, perché mentre in Italia soffriamo la siccità e la mancanza d’acqua, le menti brillanti del nostro paese se ne vanno all’estero a costruire impianti di desalinizzazione in Arabia Saudita e in Africa.

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