IL COMMENTO Dal Porto d’Ischia all’Archistar
DI GIUSEPPE LUONGO
Nel 2011 con alcuni colleghi geologi e una storica dell’Architettura, esperta conoscitrice deli Beni Architettonici dell’Isola fummo invitati a fornire un nostro contributo sull’aperura del porto d’Ischia in un volume sulle grandi operemarittime realizzate in ambienti dalle caratteristiche singolari. Partecipammo volentieri all’iniziativa perché ci spronava a produrre un saggio-riflessione su una parte dell’Isola dove si intersecano problematiche naturalistiche, ingegneristiche, architettoniche, archeologiche, storiche, economiche, politiche. Naturalmente, pur avendo contezza della complessità del progetto e degli effetti che avrebbe prodotto all’evoluzione dei traffici da e verso l’Isola, il nostro obiettivo rimase nei limiti delle nostre competenze e ragionammo della natura dei luoghi e del cambiamento di destinazione d’uso dello specchio d’acqua da bacino chiuso a porto.
In questi giorni mi torna alla memoria “Il Lago del Bagno” che Ferdinando II di Borbone nel 1854 volle trasformarlo in porto, tagliando l’istmo di sabbia che formava il bordo di un cratere di esplosione formatosi nel IV secolo a.C..Il contesto storico e sociale del tempo dell’apertura del porto d’ Ischia era caratterizzato da un significativo fermento culturale e scientifico prodotto da uno spirito di innovazione tecnica e industriale. Tuttavia, è diffusa l’interpretazione che le ragioni che portarono all’apertura del porto a Ischia fossero dovute principalmente alle scelte personali del re in quanto il sito era una residenzafestiva della famiglia reale. Il sito era attraente dal punto di vista ambientale per il lago, le colline retrostanti e le sorgenti termali al bordo del lago.Questo straordinario paesaggio può ammirarsi nell’immagine realizzata da Filippo Hackert, paesista ufficiale di Corte, che mostra il lago con le sue gondole pescherecce e i pescatori al lavoro con le loro reti.
Il ricordo di questa opera è dovuto alle vicende alle quali assistiamo dopo le recenti catastrofi che hanno interessato prevalentementeCasamicciola e, in misura minore, Lacco e Forio, nonché la destinazione di ambienti della residenza del Borbone alla struttura del Commissario di Governo per la ricostruzione dopo il terremoto del 21 agosto 2017 e la colata di fango del 26 novembre del 2022.Il confronto tra l’immagine del sito e degli eventi attuali con quelliodel 1854 mostra nella sua plasticità il cambiamento politico e culturale avvenuto dalla metà Ottocento ad oggi. Non intendo soffermarmi a lungo sulle differenze, perché sono palesi e non operano a favore né dei decisori politici e né dei tecnici che hanno operato in tempi recenti. Ma oggi diventa insopportabile il disamore per un sito straordinario per storia civile e naturale di chi vi dimora e ha avuto legami familiari con questa terra da lungo tempo. Oggi si vive nell’Isola non da cittadini del mondo, né da componente di una comunità aperta, né da aggregato ad una struttura familistica amorale, come un sociologo ebbe a definire alcune comunità del Mezzogiorno d’Italia, bensì da isolani isolati dal mondo a difesa di modelli di sviluppo ormai obsoleti. Rifacendomi ai processi termodinamici, si potrebbe dire che il sistema Ischia è un sistema chiuso nel quale l’entropia, o più genericamente la caoticità aumenta. All’aumento dell’entropia del sistema temo che contribuiscano le azioni e le non azioni degli amministratori regionali, locali e il Commissario. I primi hanno la responsabilità di non aver prodotto il piano di ricostruzione dopo il terremoto del 21 agosto 2017 e l’alluvione del 26 novembre 2022, i locali per aver brillato per l’assenza di idee, il Commissario per aver frammentato l’intervento per la ricostruzione in microprogetti senza alcun vincolo unitario finalizzato alla ricostruzione di un borgo sicuro proiettato nel futuro, valorizzando le risorse ambientali. In questo clima sonnolente in cui era precipitata la comunità di Casamicciola esplode la notizia del coinvolgimento dell’architettoMassimiliano Fuksas per riqualificare Casamicciola. L’Archistar è stata invitata dal Sindaco di Casamicciola e dal Commissario alla ricostruzione a realizzare il piano di rigenerazione di Casamicciola dopo il sisma e l’alluvione. Seguiremo con attenzione le scelte di Fuksas e le decisioni della Regione sul piano di ricostruzione, che non ha ancora approvato, e come procederà l’archistar per la messa in sicurezza del territorio dal sisma e dalle alluvioni in mancanza di tale piano mentre sono attivati o in via di attivazione una vastità di interventi sconnessi proprio per la mancanza del piano.L’ architetto progetterà la neo-Casamicciola come la città dell’avvenire, nella sicurezza sia idrogeologica che sismica. Per il rischio idrogeologico si devono attuare interventi sul territorio che non fanno parte delle competenze dell’archistar; allora saranno impegnati, ma avrebbero già dovuto farlo, geologi, ingegneri idraulici, botanici, pedologi. Per la mitigazione del rischio sismico invito i responsabili della ricostruzione ad una riflessione sulla vulnerabilità degli insediamenti alle sollecitazioni sismiche, osservando gli effetti del recente sisma nell’isola di Taiwan, dove le moderne ed avanzate tecniche costruttive hanno consentito ad alcuni edifici di conservare quasi del tutto intatta la struttura che, però, sono affondati perché il suolo, sotto l’azione delle vibrazioni prodotte dal sisma, ha subito il processo della liquefazione, ovvero è venuta meno la sua consistenza di solido. Tutto ciò si amplifica in un sito interessato dalla emergenza in superficie di un piano di faglia, dove il suolo non si liquefa ma si frattura, come è avvenuta più volte a Casamicciola dal 1796 al 2017.