LE OPINIONI

IL COMMENTO Costruire la pace pensando a Mandela

DI ANTIMO PUCA

Si possono abbattere steccati, pensando a quanto ha fatto Mandela per ricostruire la convivenza in Sudafrica, sfliando nelle manifestazioni con un’asta con tre bandiere: quella della pace, quella palestinese e quella israeliana. Proiettare un futuro politico di possibile convivenza significa oltrepassare Netanyahu, Hamas e Abu Mazen, costruendo percorsi politici-sociali traendo insegnamento da quanto fatto da Nelson Mandela (1995) quando istituì la “Commissione per la verità e la riconciliazione‘ per superare i veleni e i drammi dell’apartheid. Per tale transizione storica e per ricostruire unità nel popolo palestinese serve rimettere in libertà capi storici come può essere anche l’anziano Marwan Barghouti, uno dei leader della seconda intifada, condannato all’ergastolo nel 2002, per 12 anni in isolamento. La sconfitta di uno è la sconfitta di tutti. Nessuno si può salvare dalla responsabilità di lasciar consumare un crimine di guerra in mondovisione, in attesa dei bollettini di guerra che aggiornano numeri di morti, di distruzioni, di emergenze e richieste di aiuto inascoltate. Non sarà la distruzione di Gaza e l’accanimento contro la sua popolazione a portare la sicurezza d’Israele. Il seme della vendetta piantato da Hamas e dai suoi alleati, è un seme avvelenato che non va raccolto se non si vuole andare ad una guerra senza più limiti e barriere. Esiste una soluzione? Continuo a credere che esista una soluzione pacifica alla nostra situazione, appoggiandosi alla maggioranza che vuole vivere in pace. Possiamo e dobbiamo vivere fianco a fianco. Altrimenti, il circolo della morte e della sofferenza continuerà.

Questa guerra, co appello di 60 intellettuali israeliani, in tutto il suo orrore è la nostra opportunità per cambiare radicalmente il nostro approccio e muoverci verso un futuro diverso. Rimettiamo al centro la necessità di rispettare il diritto internazionale che non è cosa astratta ma è la traduzione codificata di ciò che esprime la nostra società in termini di principi e di valori che permettono la pacifica convivenza. Prendere decisioni o tollerare la violazione di questo impianto è come voler entrare con un bulldozer in casa per pulire il pavimento. Si distrugge la casa ed il condominio. Tutti noi dobbiamo riprendere la pace per mano ed il primo passo è fermare la violenza, proteggere i civili. Sedare la sete di vendetta. Non bere alla fonte dell’odio. Oggi è urgente che le istituzioni nazionali ed internazionali si esprimano con chiarezza e con urgenza contro l’azione militare in corso nella Striscia di Gaza, perché è loro obbligo di dirlo e di farlo. Non è solo per una questione morale, ma per il rispetto delle regole che ci siamo dati come comunità internazionale e non possono essere le istituzioni democraticamente elette a violare le regole o ad usare il “doppio standard”. Esigere, con tutti i mezzi della diplomazia e della politica, che Israele tolga l’assedio alla popolazione di Gaza e, nella sua azione di difesa, rispetti il diritto umanitario internazionale, non è un’azione contro Israele ma, al contrario, è la migliore azione che si possa fare per salvare Israele dalla trappola che gli è stata tesa. E stessa cosa vale per i palestinesi che non debbono cadere nella stessa trappola consegnando il loro diritto di autodeterminazione alla logica della violenza e del terrore.

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