IL COMMENTO Contemplando le stelle nell’anno nuovo
Martedì mi sono soffermato sui valori semplici della vita e sulla bellezza e poesia di tutto ciò che ci circonda, anche nel ristretto raggio di un’isola. Oggi, per l’anno nuovo 2021, sento la necessità di passare dal microcosmo al macrocosmo, dalla Terra all’Universo, perché un modo di esorcizzare l’angoscia, che ci ha fin qui attanagliati, è quello di dare spazio allo “stupore” di fronte alla grandezza dell’Universo e del firmamento. C’è una bellissima poesia, dal titolo “Contemplando le stelle” del turco Octay Rifat. Ecco i versi: “Il pane è sui miei ginocchi/ Le stelle sono lontane/ Mangio il pane contemplando le stelle/ Non credereste a qual punto sono distratto/ A volte, sbagliandomi, invece del pane/ Mangio le stelle/. Questo è l’incantamento della vita e per questo vale la pena di vivere, qualunque sia la nostra fede, la nostra filosofia, il nostro orizzonte di senso. Si mangia il pane (alimento primario e quotidiano) ma si può mangiare (con gli occhi) anche il firmamento. Oppure si può “bere” : “A grandi sorsate mi ubriacavo di stelle” recita il poeta francese Guillaume Apollinaire. Ad Ischia esistono molti appassionati di astronomia, alcuni dei quali hanno creato, sui tetti delle loro case, veri e propri piccoli osservatori e spesso hanno protestato per l’alto inquinamento luminoso che, soprattutto in estate quando le stelle sono più visibili, impediscono una visione nitida. E’ notizia di questi giorni che il satellite astronomico Gaia, dell’ESA Europea, ha tracciato una mappa di un miliardo e ottocentoundici milioni di stelle della nostra galassia, la via Lattea. Grazie a queste rilevazioni conosciamo, di queste stelle, movimenti, velocità, luminosità e colore. Ma come ci spiegò Margherita Hack, nella nostra galassia ci sono circa quattrocento miliardi di stelle e nell’ Universo ci sono più di cento miliardi di galassie. Personalmente, di fronte a questa immensità e a questa grandezza di numeri, mi smarrisco e, ogni volta che ci penso, me ne ritraggo per la paura di non reggere mentalmente e psicologicamente a queste dimensioni. Non so voi. Gaia ci ha disvelato anche un particolare curioso: le cosiddette “ nubi di Magellano”, le due galassie più vicine alla nostra,, distanti 160 mila anni luce, stanno in conflitto tra di loro, in quanto la più grande sta inglobando la più piccola; stelle che mangiano altre stelle. Si parla, infatti, in termini scientifici, di “cannibalismo cosmico”.
Questo ci riporta alla memoria Margherita Hack, la nostra grande astrofisica, scomparsa nel 2013, che fu direttrice dell’Osservatorio astrofisico di Trieste, città che a sua volta ci rimanda al caro amico Pietro Greco che aveva contribuito alla creazione del Master in Comunicazione della Scienza al SISSA di Trieste (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati). La grande scienziata Margherita Hack, che riteneva molto probabile l’esistenza di forme di vita nella galassia, ma che non saremmo mai riusciti a metterci in contatto con esse, data l’enorme distanza e il grande divulgatore scientifico Pietro, che ci ha lasciato, sono il simbolo dell’eterno desiderio dell’uomo di varcare continuamente i confini della nostra conoscenza. “E quindi uscimmo a rimirar le stelle” dice Dante nella Divina Commedia (Inferno canto XXXIV) e – non lo direste mai – nelle serate terse d’estate, ad occhio nudo, senza ausilio di telescopio, è teoricamente possibile distinguere fino a tremila stelle e cinque pianeti: Venere, Mercurio, Marte, Giove e Saturno. E poi ci sono le costellazioni che possono essere viste. E nel corso dei secoli a da varie latitudini, gli uomini si sono sbizzarriti a vedere nelle costellazioni forme di animali, personaggi mitologici, oggetti. Una commissione di studiosi, pertanto, decise negli anni 30, di dividere la sfera celeste in 88 parti. La costellazione più facilmente riconoscibile del nostro emisfero è l’Orsa Maggiore e, al suo interno, il grande Carro. All’Orsa s’ispirò un grande poeta, Giacomo Leopardi, in le Ricordanze: “Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea/ tornare ancor per uso a contemplarvi/ sul paterno giardino scintillanti”. E Luchino Visconti diresse il film “Vaghe stelle dell’Orsa” riprendendo il titolo di Leopardi. Poi c’è l’Orsa Minore e il Piccolo Carro, in cui troviamo la Stella Polare, punto di riferimento dei naviganti. Tanto che oggi diciamo: “ha perso la tramontana” (nome che i naviganti veneziani diedero alla Stella Polare) per significare che ha smarrito ogni orientamento. Quindi abbiamo le costellazioni di Cassiopea e Cefeo, sulle quali la mitologia greca ha interessato innumerevoli miti. Poi c’è il cosiddetto Triangolo Estivo (perché visibile durante l’estate) costituito da tre grandi stelle: Vega, Deneb e Altair. Tra le tre, la più luminosa ci appare Vega e quella meno luminosa Deneb. In realtà non è così, perché Vega è distante 25 anni luce, mentre Deneb 2500 anni luce. Altre costellazioni importanti della nostra galassia sono: Lira (a forma dello strumento musicale), Cigno (per i primi cristiani, questa costellazione rappresentava la Croce di Cristo), l’Aquila (per i Greci era l’uccello, sacro a Zeus, che rapì Ganimede, divenuto poi coppiere degli dei), lo Scorpione (che nella mitologia greca era l’animale cosmico, che era stato mandato da Artemide a punire Orione, artefice del tentativo di violentarla). E poi ancora la costellazione del Delfino (animale marino che aveva salvato il poeta Arione, che era stato derubato di tutte le ricchezze accumulate nei suoi viaggi in Grecia e in Italia ed era stato gettato in mare dai suoi marinai e fu salvato dal delfino) ed altre costellazioni.
Nelle settimane scorse ho tessuto le lodi del mare (Come è profondo il mare), sottolineandone però, oltre la bellezza e le risorse, anche le insidie, tra le quali va annoverata quella ( tutta dei tempi moderni, caratterizzati dai cambiamenti climatici) della sparizione di alcune specie di flora e fauna marina e dall’arrivo di specie aliene, favorite dal surriscaldamento dei mari. Allo stesso modo avviene nella nostra galassia e nell’Universo: interi mondi vengono stritolati dal buco nero centrale, generando catastrofi e cataclismi di proporzioni inaudite. C’è un dato che mi consola, in questo catastrofismo cosmico che potrebbe gettarci nello sconforto più totale: i progressi della scienza. Quanto alle stelle, che continuano a ispirare scrittori, poeti, musicisti (cito alcune strofe di Ermal Meta: “ Lasciami le stelle/ almeno so con chi parlare/ a chi rivolgermi stanotte/ perché tu non puoi restare/”, sono di una bellezza ed incantamento tale che dovrebbe spingere tutta l’umanità a riconsiderare molti aspetti della nostra travagliata vita quotidiana. La bellezza e il significato trascendentale delle stelle è tale che in ogni settore dell’attività umana e in ogni epoca, si fa riferimento alle stelle per un segno distintivo di qualità: dalla classificazione degli alberghi, agli chef stellati e perfino in politica c’è chi ha scelto il nome “ Cinquestelle”, supponendo di essere di una “ categoria morale” superiore ( ma questo è discorso da approfondire in altra sede). Ci sono stati due soli casi, nella storia, nei quali la stella è stata segno distintivo di distruzione e morte. Il caso del nazismo, che perseguitò e sterminò gli ebrei, contrassegnati dalla stella di David a sei punte e ritenuti antropologicamente inferiori e il caso delle Brigate Rosse in Italia e del suo grande vecchio Senzani, che contrassegnarono con una stella asimmetrica a 5 punte, i loro farneticanti comunicati di morte
Chiudo questo articolo ( per molti aspetti anomalo e strano da inserire in un quotidiano locale) con le parole di un grande scrittore russo (Fedor Dostoevskij – Notti Bianche): “Era una notte meravigliosa, una di quelle notti che possono esistere solo quando siamo giovani, cari lettori. Il cielo era così pieno di stelle, così luminoso che a guardarlo veniva da chiedersi : è mai possibile che vi sia sotto questo cielo gente collerica e capricciosa?” Eh, sì, anch’io mi chiedo “è mai possibile”?