IL COMMENTO Archeologia sommersa e trasparenza in superficie
Non amo commentare a caldo gli eventi culturali. A caldo si può fare una corretta cronaca ma, per un commento approfondito, sono necessarie la sedimentazione e la riflessione. A distanza di una decina di giorni, provo a indicare quelli che, a mio avviso, sono stati gli aspetti positivi e i non detto del convegno di presentazione del libro “Ischia e la baia di Cartaromana”, sull’archeologia marina di Aenaria, a cura di Alessandra Benini, Gianluca Soricelli e Maria Luisa Tardugno. E’ stato positivo che il Vescovo Carlo Villano abbia derogato a una consolidata tradizione di chiusura delle chiese ad eventi extra religiosi, concedendo l’autorizzazione allo svolgimento del convegno alla Cattedrale dell’Assunta. E’ stata positiva la massiccia presenza di pubblico (qualificato e interessato). Positivi gli approcci degli interventi, con riserva su quello del Soprintendente ai beni Ambientali e Culturali Mariano Nuzzo, di cui non ho apprezzato il taglio troppo formalmente incentrato sul valore estetico del volume pubblicato; ammiccante nei riguardi dell’on. Cangiano; sfuggente sui temi scottanti dell’abusivismo edilizio e degli abbattimenti; troppo vago sul ruolo preciso assunto, nell’archeologia subacquea ad Ischia, da Soprintendenza, Comuni isolani, Università del Molise. Chi guida le ricerche? Che legame istituzionali sono stati formalizzati tra i diversi soggetti in campo? Esistono convenzioni? Se protagonista principale è la Soprintendenza, questa ha valutato quale rapporto ci potrebbe essere tra Aenaria e l’eccezionale realtà del Parco Sommerso di Baia o con le ricerche fatte dall’Università Suor Orsola Benincasa su Vivara, fin dal 1975, dove è stato scoperto un insediamento umano e una realtà portuale fin dal XVII secolo a.C.? Ricordiamo che furono trovate, in prossimità della Punta dell’Alata, i resti di due capanne di 4 metri per otto con significativi reperti di vasellame, piastre per cuocere e strumenti di caccia e lavorazione del pellame. E anche Vivara, come la baia di Sant’Anna, svolgeva importanti funzioni di collegamento marittimo e commerciale.
Circostanza negativa del convegno è stata invece, ancora una volta, la mancata citazione di Don Pietro Monti e la sottovalutazione dell’ipotesi dell’esistenza di botteghe per la lavorazione dei metalli (che potrebbero essere situate più a terra rispetto all’attuale area di ricerca) Si continua ad ipotizzare solo affondamenti di navi col carico di metalli già lavorati; ma non viene spiegata la presenza di macine per la lavorazione della galena e di mestoli per coppare il piombo fuso. Non lo dico per polemica ma solo per sollecitare un allargamento del raggio di ricerca archeologica. Se il 27 ottobre c’è stata la presentazione del libro sulla baia di Cartaromana, a Pestum, dal 31 ottobre al 3 novembre, c’è stata la XXVI edizione della Borsa Mediterranea del turismo archeologico. E’ andato, oltre alla partecipazione del Museo di Villa Arbusto, qualche altro amministratore locale? Ci siamo confrontati con altre realtà similari? E, ancor prima, il 25 ottobre a Bibione ( località balneare) c’è stato il “Summit del Mare”, dove si parlava di lavoro legato al mare. Abbiamo mai riflettuto, ci siamo mai interrogati sulle opportunità che il mare offre in tema di lavoro moderno e culturale? Certo, lo fa l’Istituto professionale Cristofaro Mennella, sotto la sapiente direzione della Dirigente scolastica Di Guida. Ma i Comuni hanno mai pensato a occasioni di lavoro legate al mare che non siano la pur apprezzabilissima pesca o la navigazione marittima o i servizi portuali a terra? I Comuni vogliono in questo avere un ruolo attivo o preferiscono delegare tutto all’iniziativa privata? Certo che l’iniziativa privata va incoraggiata e sostenuta, ma il quadro di riferimento, il perimetro tra interessi pubblici e interessi privati li deve delineare l’istituzione pubblica (Comuni, Città Metropolitana, Regione) Ancora, dal 7all’11 ottobre scorsi si era tenuta, tra il cinema Filangieri di Napoli, l’Aula Magna dell’Università Parthenope, la Galleria Toledo e il Museo Darwin Dohrn, la terza edizione del PMFF (Pianeta Mare Film Festival) con 40 film che avevano come scopo l’alfabetizzazione marina, che stenta a farsi largo nella cultura generale. E questo mi fa pensare a quanto proposto, su questo giornale, da Raffaele Mirelli: la necessità di un network tra le varie Associazioni culturali esistenti a Ischia per la creazione collettiva di un nuovo e alternativo modello di sviluppo dell’isola. Sul mare non possono che intrecciarsi gli interessi e l’attenzione degli archeologi subacquei, delle cooperative di battellieri e traghettatori turistici, della Guardia Costiera, dei Carabinieri nucleo specializzato anti depredatori dei reperti, dell’Area Marina Protetta, del Museo del Mare, della Film Commission Regionale, dell’Associazione Marinai d’Italia, dei Festival Cinematografici isolani, di tutte le Associazioni ambientalistiche, dei pescatori di mestiere o di svago, dei Comuni. Ecco come e con chi costruire il network sul mare.
Il mare, con i suoi tesori (naturali o storico archeologici) è di tutti e va difeso da tutti. E la gestione di tutto ciò che avviene nelle nostre acque deve essere trasparente e pubblica. E non si scambi, ancora una volta, un’innocente richiesta di chiarezza e trasparenza, per irriconoscenza o, peggio, per boicottaggio verso le iniziative lodevoli di privati che fanno della loro passione una professione. Non è questo in discussione, ma in ballo c’è la delimitazione precisa tra ruolo pubblico e ruolo privato. Non basta dire genericamente “sinergia”, vanno individuati gli esatti ingranaggi sinergici.