IL COMMENTO A scuola di politica
Il populismo e l’incompetenza non pagano più. L’opinione pubblica, dopo l’ubriacatura dell’uno che equivale a uno, va convincendosi che la complessità del mondo moderno richiede una formazione di cultura politica e della pratica di governo di alto spessore. Si rivalutano antichi leader della prima Repubblica che accoppiavano, quasi sempre, una solida cultura ad una lunga gavetta nelle sezioni di partito, sui banchi dei consigli comunali o nel Sindacato o nel mondo dell’associazionismo. Lo stesso M5S, che è un po’ l’emblema del movimentismo egualitario, dove nessuno è da considerare più decisivo di altri, sta cambiando pelle. Certo con mille difficoltà e contraddizioni, fino al punto di paventare una possibile spaccatura o, peggio, una deflagrazione particellare. Credo però che non sia da sottovalutare che un giovane leader come Luigi Di Maio, partito da basi molto poco solide, per pochezza di studi e di esperienze di amministrazione e per questo anche irriso come il “bibitaro dello stadio” abbia poi sterzato verso un modo più serio, impegnato di farsi una cultura politica e di governo. Anche avvalendosi saggiamente delle conoscenze e delle esperienze di bravi dirigenti ministeriali. Oggi il Di Maio che, da Ministro degli Esteri, va a colloquio con leader di Ucraina e Russia o Francia o Germania, non suscita più l’ilarità di qualche tempo fa. Non commette più l’ingenuità di incontrare i “gilets jauns”. Non si può dire la stessa cosa dell’altro pretendente leader, Alessandro Di Battista, laureato Dams, ancora fermo ad una visione terzomondista e barricadera. Due strade diverse di formazione: l’una (scelta da Di Maio) che mutua conoscenza ed esperienza dagli ambienti diplomatici e ministeriali, l’altra (prediletta da Di Battista) che si fonda sull’esperienza di lunghi viaggi tra Argentina, Cile, Guatemala, Cuba, Bolivia, Perù. Tutti, ad ogni modo, sentono l’esigenza di dare sostanza ad un’anima politica, il cui esordio era veramente dilettantesco e diafano.
Sempre a livello nazionale ci sono due significativi tentativi di partito per una Scuola di Formazione politica. Per quanto riguarda Forza Italia, Berlusconi, tramite un accordo con ‘Università Telematica Nicolò Cusano, vuole creare una sorta di Università politica che chiamerà Universitas Libertatis, non trattandosi giuridicamente di una vera e propria Università. Naturalmente Berlusconi non smentisce se stesso; egli non punta tanto ad una formazione tradizionale basata su principi di economia, diritto amministrativo e degli Enti Locali, quanto sulla “comunicazione”. Berlusconi ha sempre avuto doti eccezionali di comunicatore, di “venditore” del prodotto Forza Italia e, di conseguenza, la sua prima preoccupazione è quella di trasmettere, alle giovani leve azzurre, “la tecnica e il linguaggio del corpo nella comunicazione pubblica” e per ottenere ciò chiama per esempio una sessuologa, Sara Negrosini, per un seminario sul linguaggio del corpo. Impostazione completamente diversa quella data dal dirigente PD, Gianni Cuperlo, che organizza un “Corso di politica” al Nazareno, con Lectio Magistralis di big della politica come Paolo Gentiloni, Prodi, letta, Fassino o di grandi giornalisti democratici del calibro di Giovanna Botteri e Andrea Vianello, nonché di uomini di cultura come Lucio Caracciolo e l’Ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci. Parteciperanno ai seminari mille giovani tra i 16 e i 30 anni. L’antipolitica non tira più e, pian piano, sta arretrando dalle prime file delle istituzioni democratiche al mondo contrastato dei social, dove va ancora di moda la logica binaria e di contrapposizione tra due tesi opposte. Si torna a fare gavetta, anche in assenza di strutture di circoli e di sezione che sarebbero comunque ancora molto utili. La parola “Scuola” non viene più demonizzata ma esorcizzata. A questo punto e in questo scenario, è interessante esaminare se si muove qualcosa anche qui,nella nostra piccola realtà insulare.
Due iniziative erano state annunciate, una da Luigi Iacono, fondatore del Think tank Progetto Ischia, che aveva in animo di organizzare (e la sua esperienza di dirigente amministrativo in enti locali del nord Italia gliene dà materia) una scuola per aspiranti amministratori locali e l’altra iniziativa era stata annunciata da Davide Conte, non tanto nella sua qualità di neo iscritto a FDI quanto amico e tutore del Laboratorio di politica futuribile “Adesso Ischia”, con giovani come Fabrizio Fiorito, Valerio D’Ambra, Marco Trofa. Anche Adesso Ischia aveva pensato ad una scuola politica e a corsi di formazione politica. Purtroppo si stanno perdendo le tracce di queste due iniziative. Eppure si avverte, come non mai, la necessità di formare gli aspiranti futuri amministratori locali, che saranno alle prese con problemi giganteschi e dai forti legami con fondi e normative europee. I problemi del turismo internazionale, della transizione energetica, della scuola, della giustizia, non contemplano la possibilità di essere affrontati col solo buon senso. Ci vuole competenza, cultura, sensibilità sui temi decisivi della modernità. Ci vuole scuola, studio, applicazione, approfondimento di quello che si va sperimentando con successo in realtà più avanzate della nostra. Credo che la consapevolezza di ciò stia aumentando, ma non è ancora abbastanza. Nel frattempo si notano, sui social, incursioni azzardate su temi complessi di politica internazionale da parte di tanti cittadini che non hanno l’attrezzatura culturale per tale tipo di analisi. Addirittura in alcuni casi si muovono critiche ad esperti analisti internazionali che non avrebbero capito niente dell’evoluzione dei rapporti tra Ucraina e Russia e tra quest’ultima e il resto del mondo. Forse se ci esercitassimo in analisi più semplici di casa nostra riusciremmo a dare un migliore contributo. Ma si sa, muovere critiche al “resto del mondo” fa fare bella figura, senza deteriorare rapporti col potere vicino a noi, che può ledere nostri interessi immediati. E, infine, un’ultima annotazione: domenica scorsa la consigliera comunale Giustina Mattera ha detto a Il Golfo che le azioni amministrative spesso vengono frenate da una eccessiva burocrazia. Forse ci si dovrebbe chiedere se gli amministratori locali credono di poter delegare tutto ai burocrati, non occupandosi essi direttamente di studiare norme, regolamenti, indirizzi europei, nazionali, regionali, di quello che viene realizzato in altre realtà locali. I burocrati, lasciati a briglie sciolte, possono scegliere soluzioni non proprio indirizzati agli interessi collettivi. Il burocrate dipinge il quadro, ma la cornice e anche i colori, li deve fornire l’amministratore pubblico!
POST SCRIPTUM: Il pezzo che avete letto è stato scritto prima dell’invasione della Russia in Ucraina. Avrei potuto modificare e aggiornare il testo lì dove si fa riferimento ai rapporti diplomatici (naufragati). Ho preferito di no, perché in tal modo, il mio articolo – per certi versi ingenuo – testimonia il fatto che nessuno, incominciando da me, pensava ad un’evoluzione così grave e folle della situazione, ad opera di Putin. Questo dimostra altresì che si può andare a Scuola di Politica per capire i meccanismi di potere e gestione ai vari livelli (locale, nazionale,europeo, internazionale) ma la Storia ci insegna che ci sono – a volte – variabili impazzite che sfuggono ad ogni logica e razionalità: il corso storico, a volte, è stravolto da “mostri” irrazionali ed incomprensibili.