di Isabella Puca
Ischia – «Se oggi sono qui è grazie ai medici del Centro DCA di Soccavo e al personale de Policlinico che mi ha nutrita. Ricordo benissimo quando non mangiavo e lì mi facevano buttare il cibo per riflettere su chi, quel cibo, non l’aveva proprio. Quando ho sentito dire “la ragazza soffre di anoressia” non sapevo nemmeno cosa fosse, ne avevo sentito parlare sì, ma in modo superficiale. Pensavo che le anoressiche fossero solo ragazze magre invece è ben altro e l’ho scoperto sulla mia pelle. Su internet trovavo tutti i modi per perdere peso. Non mi ritenevo malata, credevo che il mio pensiero fosse giusto e quello degli altri folle. Lì sopra avevo letto che ingoiare ovatta e succo d’arancia mi avrebbe riempito lo stomaco e così è stato. Volevo perdere giusto qualche chilo perché non mi entravano dei pantaloni e, invece, ho perso 1kg al giorno per 20 giorni di fila. Alla fine basta poco per far succedere di tutto». Fu questa la testimonianza di Emanuela, solo una tra quelle che, in due anni, abbiamo raccolto sul nostro quotidiano. Due anni, sì, perché prima dell’estate del 2015 sembrava che l’anoressia, così come la bulimia, non fossero temi che appartenevano all’isola. E invece, quella dei disturbi alimentari, è un’epidemia silenziosa che s’insinua tra i nostri giovani, maschi e femmine, senza distinzioni, troppo attenti alla loro immagine e a quella che fanno vedere loro i media dove avere dei kg di troppo equivale a essere brutti. “Bye bye anoressia, riprendo in mano la mia vita, ma senza di te” era questo il titolo dell’intervista rilasciataci da Emanuela che, ad oggi, sembra essere ormai lontana dal periodo più brutto della sua vita quando sembrava che non si potesse fare più nulla contro la malattia. La sua fu una testimonianza piena di speranza e non a caso, oggi, in occasione della VI giornata nazionale del fiocchetto lilla, ideata per porre l’attenzione sulla problematica dei disturbi alimentari, abbiamo deciso di riproporla per dire con forza che di un disturbo alimentare si può guarire. Da due anni a questa parte è grande l’attenzione della società isolana al tema dei disturbi alimentari, DCA in gergo. Sembra ieri che, nel dicembre del 2015, accogliemmo l’appello di mamma Cinzia, donna coraggio e mamma di Emanuela, che iniziò una raccolta firme per non far chiudere l’unico centro per la cura dei DCA della Campania, a Soccavo. Sei mila furono le firme raccolte solo a Ischia; una battaglia vinta anche grazie alla sensibilità di Emilio Di Marzio, portavoce del presidente della Regione De Luca e al supporto dell’onorevole Enza Amato. Nell’ottobre dello stesso anno Paolo Massa, papà di Artemisia affidò alle colonne del nostro quotidiano la sua storia. Nemmeno due mesi prima, proprio a causa dell’anoressia, aveva perso sua figlia Artemisia. La tragedia vissuta dalla famiglia Massa resta indelebile come l’inchiostro. I primi sintomi, le lunghe passeggiate di Artemisia, le fughe, i ricoveri forzati e quell’amore di un padre più forte di quei 29kg; una vera e propria via Crucis fin quando il cuore di Artemisia non ce l’ha fatta più. Dal dolore alla nascita dell’Associazione “Artemisia una voce per l’anoressia” e un lungo cammino intrapreso da Paolo Massa in prima persona per informare genitori e insegnanti, per riconoscere i primi sintomi della malattia, affinché non ci sia più un’altra Artemisia. Convegni, incontri con gli studenti con il supporto del professor Tommaso Ariemma, eventi anche in terraferma per porre l’attenzione sul tema e provare, un domani, a cambiare una legge che sembra condurre alla morte chi è maggiorenne e soffre di questo disturbo. Pochi mesi dopo, era il dicembre del 2015, Ischia ha visto nascere sul suo territorio un’altra Associazione “Accoglienza il Girasole” che, dotata di una giovane equipe tutta al femminile ha proposto dei laboratori e un centro ascolto per chi vive il problema. È lì che si sono intrecciate altre storie, altre vite, qualcuno è stato agganciato e ora è in cura, qualche altro è altalenante e continua a giocare sul filo della vita. Ischia non è immune a questa epidemia e lo ammette colorandosi di lilla e prendendo parte a una giornata nata dal dolore di un padre che ha visto morire la sua giovane figlia proprio a causa dell’anoressia.