Si attendevano evoluzioni sotto il punto di vista del personale della sezione distaccata del Tribunale. Ci sono significative novità?
«Tutto va estremamente a rilento a causa dell’emergenza-covid. I rapporti istituzionali diretti sono quasi impossibili, cosa che non facilita la soluzione dei problemi della giustizia isolana, ma anche la possibilità di confrontarsi, perché avviene tutto in maniera indiretta, e non è semplice in questo modo curare i rapporti con i responsabili dei vertici istituzionali. È trascorso quasi un anno dall’insediamento del nuovo direttivo dell’Assoforense, e siamo stati nella quasi totale impossibilità di fare quello che ci eravamo prefissati. Tra le varie iniziative elaborate, ci sono due progetti di grande respiro che hanno la priorità sugli altri. Il primo progetto che l’associazione ha elaborato è quello che persegue il cosiddetto passaggio “da insula minor a Insula Maior”: esso ha una portata molto ambiziosa, che non si ferma al comparto giudiziario e che va nella direzione di garantire all’isola, per tutto quello che esprime e per tutte le necessità esistenti, i servizi essenziali in ogni settore della realtà locale, dalla sanità all’istruzione ai trasporti. Il progetto elaborato va in questa direzione».
Infatti era stato annunciato il varo di un’apposita Commissione.
«Come Assoforense stiamo perseguendo l’ambizioso progetto “Insula Maior” per garantire all’isola i servizi essenziali in ogni settore della realtà locale, dalla sanità all’istruzione ai trasporti e alla giustizia, tramite una proposta di legge che superi il concetto di “zona disagiata”: Ischia deve essere considerata un’opportunità»
«Sì, il direttivo dell’Assoforense ha creato una Commissione coadiuvata da gruppi di lavoro, che dovranno approfondire le varie tematiche, portando possibilmente a una proposta di legge che passerà agli esponenti politici, dai sindaci alla Regione e a tutti gli altri referenti istituzionali. Vogliamo capire se l’isola ha la possibilità di ambire ad ottenere il riconoscimento di ciò che appare auspicabile anche alla luce della densità demografica, dell’importanza da un punto di vista economico-turistico dell’isola stessa rispetto ad altri luoghi che non esprimono le stesse risorse. In tal modo si cerca di garantire dei servizi, ma soprattutto il reclutamento di personale amministrativo.
Prendiamo ad esempio l’ospedale, ma anche la scuola o il tribunale: i sistemi di reclutamento del personale amministrativo sono molto farraginosi per una serie di ragioni. I dipendenti assegnati ai servizi isolani sono quelli che occupano gli ultimi posti nelle graduatorie, o che magari arrivano qui per decisioni “dall’alto” o ancora perché destinatari di procedimenti disciplinari, quasi l’isola fosse una sorta di “confino” punitivo. Noi vogliamo invertire questa tendenza. La politica ha spesso parlato del riconoscimento di “zona disagiata”, ma essa è una formula vuota e noi vogliamo invece riempire di contenuti questa proposta. Già parlare di luogo disagiato dal punto di vista psicologico è una connotazione negativa agli occhi di chi deve venire a prestare servizio sull’isola. Noi vogliamo invertire la rotta, quindi indurre a pensare che venire sull’isola sia un’opportunità. Riteniamo ci possano essere dei meccanismi per dare garanzie anche a territori reputati “difficili” dal punto di vista geografico. C’è un principio, ed è quello previsto dall’articolo 3 della Costituzione: il principio di uguaglianza, che serve a garantire a tutti le medesime opportunità pur in condizioni diverse. L’altra iniziativa, invece, è direttamente legata all’attuale contingenza…».
Quale?
«Il covid ha rallentato ogni iniziativa, compresa quella che a breve dovrebbe portare a un rinforzo dell’organico della sede giudiziaria»
«Si tratta ovviamente della necessità di garantire nell’immediato il personale necessario alla sede giudiziaria. Considerando tutto ciò che abbiamo fatto, siamo ottimisti nel ritenere che a breve gli uffici giudiziari possano contare su un numero sufficiente di dipendenti. Al momento siamo realmente in una situazione critica, in quanto non si riesce a far fronte alla domanda di giustizia proveniente dalla cittadinanza. La macchina giudiziaria non funziona e genera insoddisfazione per tutti gli attori coinvolti, dai giudici agli stessi avvocati, ma soprattutto i comuni cittadini.
Purtroppo, come ho detto, l’emergenza sanitaria ha rallentato tutto. Dall’incontro con il Ministro della Giustizia a settembre, sono passati oltre tre mesi: ci era stato garantito che già entro fine settembre si sarebbe sbloccato l’iter per ottenere qualche unità di personale in più. La pratica relativa a una dipendente amministrativa, passata dal Ministero dell’Interno a quello della Giustizia, che dovrebbe essere assegnata alla nostra sede giudiziaria, è rimasta bloccata alla Ragioneria di Stato per un visto: esempio lampante di come tutte le procedure siano fortemente rallentate dall’emergenza sanitaria. Purtroppo, se non c’è la possibilità fisica di interloquire coi vertici istituzionali o comunque con interlocutori qualificati, tutto diventa difficile. L’auspicio è che il problema del covid si risolva o si attenui nei primi mesi dell’anno, per poter ripartire. Il rallentamento ha interessato del resto anche i gruppi di lavoro istituiti all’interno dell’Assoforense a supporto della citata Commissione di studio, vista l’impossibilità delle riunioni in presenza».
L’addio del vescovo Lagnese ha significato anche la partenza di un esponente pronto a condividere la battaglia degli avvocati per la stabilizzazione della giustizia isolana.
«Il Vescovo Lagnese ha dato credibilità a molte iniziative grazie alla sua capacità di diventare un punto di riferimento e di aggregazione. La sua partenza è una grande perdita per l’isola»
«Penso che di recente l’isola sia stata privata di figure-simbolo, e tra queste vi è sicuramente il Vescovo Lagnese. Egli era diventato un punto di riferimento per tutte le problematiche sociali, comprese quelle che riguardano il comparto della giustizia. Abbiamo portato avanti tante iniziative: grazie al Vescovo e sapendo di avere il Vescovo dalla nostra parte tutto ci era facilitato anche per la grande capacità di aggregazione che aveva Monsignor Lagnese. Ecco perché la sua partenza dall’isola è una grande perdita.
Ma anche la recente improvvisa scomparsa di Pietro Greco lascia un vuoto davvero incolmabile, per lo spessore del personaggio. L’isola perde anche simboli di altro genere, come il Bar Calise, una circostanza davvero penalizzante pensando a cosa ha rappresentato tale impresa per l’isola d’Ischia, che ritengo debba tributare il giusto e doveroso riconoscimento a Emidio Calise per quello che ci ha dato: penso che sull’isola sia stato uno dei pionieri raggiungendo livelli internazionali. Il Calise era un biglietto da visita per l’isola, per l’eleganza, la bellezza. Sembra incredibile che l’isola possa andare avanti senza il bar Calise. Sono tante le perdite, di uomini e simboli, che contribuiranno a rendere questo Natale più povero, al di là dell’emergenza sanitaria».
L’anno contrassegnato dalla pandemia ha messo a nudo involontariamente varie criticità del sistema-Ischia, come il divieto di spostamento tra Comuni, che sembra riproporre le problematiche connesse al tema del Comune unico. Anche alla luce dei recenti accadimenti, come vi ponete di fronte all’ipotesi di unificazione amministrativa?
«Il 2020 ha privato l’isola di un simbolo internazionale come il Bar Calise, a cui l’isola deve tantissimo, e di un personaggio di enorme caratura come Pietro Greco. Si tratta di vuoti praticamente incolmabili»
«La ringrazio per questa domanda, perché è una cosa che penso quotidianamente attraverso i media apprendo le misure varate dal Governo. L’inadeguatezza di una divisione in sei municipalità, pur essendo ormai irrisorie le distanze tra un Comune e l’altro, la si vede proprio quando veniamo equiparati alle realtà della terraferma dove invece le distanze sono molto più ampie. Anche sotto questo profilo la distinzione e la differenziazione tra sei municipalità si dimostra sempre meno adeguata alle esigenze dell’intera collettività. Le recenti discipline sui divieti di spostamento rendono sempre più evidente l’anacronismo di una realtà come quella ischitana, per cui, pur non volendo ambire al Comune unico, visto che le iniziative in tal senso sono spesso abortite, si deve comunque pensare a un modello diverso: pur lasciando le sei municipalità, è necessario un modello che si basi su un’idea consortile.
Non possiamo essere considerati come un’isola ripartita in sei differenti realtà, anche in riferimento alla considerazione che si ha al di fuori dei confini isolani, dove non esiste la percezione di una divisione in diversi territori come quella che conosciamo noi isolani. Bisognerebbe quindi individuare dei modelli rispondenti alle esigenze dell’intera collettività isolana. Personalmente non mi sono mai considerato cittadino di un singolo comune, bensì mi ritengo “isolano”, e mi auguro che le nuove generazioni siano allevate con questo principio, perché le divisioni territoriali potevano avere giustificazioni in passato, ma che attualmente non hanno nessuna ragion d’essere. D’altra parte, anche ai fini di misure meno rilevanti, credo che una cosa sia rappresentare un bacino che esprima una popolazione di 75mila abitanti, altra cosa sia battersi solo per la propria comunità di 5mila-10mila persone. Dunque, anche quando si affronta una qualsiasi battaglia a livello politico, essa avrà maggiori probabilità di successo se e in quanto espressione di un contesto generale quale è l’isola nella sua interezza».
La professione forense sull’isola da sempre fa i conti con il pendolarismo. Quanto pesa il fatto che col passare degli anni i trasporti marittimi sembrano fare sempre passi indietro?
«I DPCM sugli spostamenti tra comuni hanno dimostrato l’inadeguatezza e l’anacronismo della divisione isolana in sei municipalità. Senza volere per forza raggiungere il Comune unico, sono convinto che l’isola necessiti di un nuovo modello consortile, per rispondere alle necessità del presente»
«La nostra categoria ha sempre avuto delle gravi difficoltà per il peso legato ai disagi per il raggiungimento della terraferma (ma questo vale anche per gli altri settori, dalla sanità all’istruzione), tuttavia, paradossalmente, la risposta e la comprensione che le istituzioni garantiscono in terraferma allevia di molto i disagi noti a tutti per l’oggettiva difficoltà nei trasporti e della mancanza di continuità territoriale.
Devo inoltre dire che però è un peso piuttosto relativo, perché nonostante i noti problemi di soppressione delle corse in questo periodo storico, complessivamente siamo comunque messi in condizione di raggiungere la terraferma, tribunale compreso. La cosa che credo penalizzi l’intera collettività, è l’inadeguatezza generale dei trasporti che ad esempio di sera costringe gli isolani a rientrare a un determinato orario senza avere la possibilità di partecipare a manifestazioni ed eventi culturali, visto il timore di non poter ritornare perché le ultime corse dei traghetti sono fissate ad orari che lo rendono impossibile: è una cosa che io trovo davvero antistorica, indecorosa».
Qual è il suo bilancio di un anno così particolare, che Lei ha vissuto anche sulla sua pelle, e quali sono gli auspici personali e professionali per il 2021?
«Per il futuro penso sia arrivato il momento di fare un salto di qualità, alzare l’asticella a ambire ad ottenere dei servizi all’altezza delle necessità di un’isola come Ischia, che possiede tante intelligenze adeguate a tali ambizioni»
«Io guardo sempre alla fine del tunnel e una luce la trovo sempre. Anche in un periodo buio come quello che abbiamo vissuto, io penso che in effetti la pandemia abbia avuto un effetto positivo, se così si può definire: anche solo la possibilità di riflettere sulla condizione umana e soprattutto sulle storture che noi, come esseri umani, abbiamo originato, è qualcosa di importante e fondamentale per guardare al futuro in maniera diversa. Senza la pandemia non avremmo modo di soffermarci su tali aspetti.
Per quanto riguarda gli auspici, sono quelli legati alla mia terra, alla mia gente e quindi all’intera collettività: penso sia arrivato il momento di fare un salto di qualità, alzare l’asticella a ambire ad ottenere dei servizi all’altezza. Io mi batterò fino a quando ricoprirò la carica di presidente dell’Associazione forense per raggiungere questo obiettivo, che non è limitato al comparto della mia categoria professionale, ma riguarda i servizi dell’intera isola d’Ischia. Un’isola importante come la nostra, splendida, che ci viene invidiata ovunque, penso che debba avere delle ambizioni. Spero che le giovani generazioni avvertano tale necessità e quindi facciano e ottengano molto di più di quello sono riuscite ad ottenere la mia e quelle precedenti: sull’isola ci sono tante intelligenze, che vanno solo stimolate. Si tratta di un patrimonio, e dobbiamo utilizzarlo adeguatamente».