«Quella del Primo Maggio è la data più importante per i lavoratori di tutto il mondo perché rappresenta, per antonomasia, il giorno della lotta di classe e della rivendicazione dei diritti sindacali, questi sconosciuti sull’isola d’Ischia dove, a partire da quelli stagionali, i lavoratori sono costretti a lavorare anche otto, nove, dieci, undici, dodici o tredici ore al giorno a fronte di stipendi di fame che vanno dai 1.000 ai 1.200 euro al mese, dovendo spesso rinunciare al godimento o al pagamento delle ferie e persino al giorno di riposo in modo particolare nei mesi di luglio ed agosto. E dopo una stagione lavorativa estenuante nel corso della quale si è costretti a trascurare se stessi, i figli e la propria famiglia, gli stagionali sono anche “invitati” a firmare la famigerata conciliazione con cui dichiarano generalmente il falso e cioè di aver lavorato il giusto e ricevuto le dovute spettanze rispetto al lavoro prestato. Il tutto con la complicità di organizzazioni sindacali e padronati padronali che dalle conciliazioni hanno anche il loro ritorno economico. In questa situazione di sfruttamento medioevale, la cosa che rattrista di più è che sull’isola d’Ischia, per moltissimi isolani, le condizioni di lavoro sono per certi aspetti persino peggiori di quelle del 1800 se pensiamo che, ad esempio, i lavoratori dell’Illinois già dal 1º maggio del 1867 lavoravano al massimo otto ore al giorno: assurdo! Noi Comunisti Marxisti-Leninisti, ovviamente siamo coscienti del fatto che lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo può essere debellato solo con la sconfitta del capitalismo e la vittoria del Socialismo. E non è un caso se nell’ex Unione Sovietica di Lenin e di Stalin la giornata lavorativa era di 7 ore e di 6 ore per i lavori insalubri e pesanti. E se pensiamo che qualche anno prima di morire nel 1953, Stalin disse che le ore di lavoro dovevano essere abbassate a 5 e questo affinché “si lavorasse tutti e meno” e tutti avessero a disposizione più tempo libero da dedicare alla famiglia, allo studio e allo svago, ci rendiamo quanto siamo arretrati ad Ischia in tema di riconoscimento dei diritti sindacali. L’augurio è che la classe lavoratrice isolana trovi la forza di dire basta allo sfruttamento disumano che è costretta a subire, alzi la testa e cominci a rivendicare i propri diritti. Lottando sino a quando non gli saranno riconosciuti. Abbiamo il dovere morale di farlo, non tanto per noi, ma per i nostri figli e i nostri nipoti onde evitare che per trovare maggiori soddisfazioni professionali e diritti garantiti, debbano ancora continuare a scappare all’estero. Il PCIM-L, fondato dal compianto Domenico Savio e il Comitato di Lotta dei lavoratori Stagionali e non dell’isola d’Ischia, continueranno a battersi per il raggiungimento di questi nobili obiettivi».