Fuori i soldi, dentro le idee. E viceversa
di Graziano Petrucci
Quanti hanno capito di questo crepuscolo economico che stiamo attraversando o hanno un’idea degli effetti che certi mutamenti stanno provocando nel panorama, nazionale e internazionale, ragione per la quale da alcuni docenti di economia – per esempio il Professor Zamagni dell’Università di Bologna- è stato proposto di cominciare a pensare una scelta differente al paradigma neoliberista che si sta frantumando? La domanda serve per introdurre un tema che ha bisogno di essere trattato in altra sede non certo in una rubrica. Magari dovremmo ricominciare a gettare le basi del periodo florido fatto di convegni a carattere internazionale pure sull’isola. Tuttavia su alcuni punti ci si può fermare a riflettere. Sulla certezza, per esempio, che certe dinamiche del mondo, di cui l’Europa è parte, le stiamo subendo in Italia e, ricordiamo anche questo, Ischia ne è un pezzo. D’altronde, inutile negarlo, se da un lato si sentono i colpi di frusta di una crisi che ci trasciniamo da anni, dall’altro potremmo contrastarla solo se con lungimiranza anticipassimo la visione che ci chiede di stringere collaborazioni e perseguire scopi comuni e non quelli di bottega, anche tra isole. Purtroppo le botteghe fatte di governanti di professione sono particolarmente restie a parlare di trasformazione, in senso migliorativo, e politiche serie. Non ci crederete ma esistono pure da noi e qualcuno, presentandosi come il nuovo che avanza, trova posto nei consigli comunali. Ovviamente l’età non c’entra. Questi bazar di politicanti in certi casi s’intrecciano addirittura con la dimensione imprenditoriale (e “pseudo-tale”), creando a volte danni enormi al presente e al futuro e non soltanto in termini economici. La gran parte di intrecci così pensati scimmiotta le lobby senza però ottenere risultati apprezzabili. L’ipotesi di iniziare ad assumere un cambio di prospettiva oggi sta diventando più reale, perché se l’imprenditore o l’operatore di servizi, o la politica in genere che ha il dovere di occuparsi della gente, continua a trattare male clienti e cittadini si rischia di subire un costo in termini di risorse con minori entrate da cui derivano gli effetti che sappiamo. Se fosse per queste “botteghe”, tutto rimarrebbe così com’è. Tra le fila dei bazar attuali, isolati nelle proprie arterie mentali, c’è chi assume la parte del centro di potere che risolverà, farà, dirà! È possibile che in alcuni casi si tratti solo di «cambiali» da pagare in terra ferma. Per esempio vi siete mai chiesti perché non riesce a decollare la raccolta unificata dei rifiuti tra i sei comuni, cosa che ci farebbe risparmiare quasi venti milioni di euro l’anno che invece potremmo destinare ad altro? Non è che forse è uno dei dazi che ci tocca liquidare perché qualche “bottega” o centro di potere legato ad altri poteri fuori dell’isola non vuole? A causa della miopia, in parte indotta, restiamo ciechi sulle reali occasioni di crescita. Ci dicono “non si può fare” e ci caschiamo! Non è escluso che una delle cause che la provoca – citando Giosi Ferrandino in una conferenza stampa di qualche anno fa al Calise – sia che «a Ischia abbiamo la certezza del mare, delle spiagge e del sole e i turisti continueranno a venire». In quest’affermazione, triste e infelice o positiva dipende da come si legge, c’è una verità che nessuno può negare. Gli ospiti sbarcheranno sulle nostre coste, per la gioia di tassisti che a ogni corsa potranno chiedere dai 50 ai 70 euro. Non saranno trascinati però dal richiamo per le bellezze naturali – che peraltro non abbiamo neppure imparato a comunicare al resto del mondo, costituendo una task force di professionisti – ma dalla congiuntura internazionale. Parole come «congiuntura» e, in qualche caso, timidamente, «geopolitica», finora estranee alla nostra dimensione, le ritroviamo in certe interviste nel vocabolario di qualche imprenditore. Segno che qualcosa sta cambiando e per capirlo non bisogna per forza conoscere il significato dei termini che si usano. È necessario, comunque, che il nostro apparato produttivo si dia una regolata (“svegliata”, è meglio) e chieda con forza il coinvolgimento dei governi locali. I membri delle associazioni degli albergatori, oltre alle conversazioni e dichiarazioni informali, che programma hanno? Se ne hanno uno cosa prevede? In altre parole occorre rendere l’impresa turistica il volano per rilanciare il territorio e produrre gli anticorpi per contrastare il vuoto di prospettive sul futuro e sull’economia. Darsi un regolamento con standard da raggiungere e che preveda forti sanzioni interne per chi non vuole arrivare agli stessi scopi comuni potrebbe essere un primo passo. La qualità, contrariamente a quanto erroneamente si creda, si sostiene aumentando i prezzi. Tenere le strutture ricettive aperte d’inverno potrebbe poi corrispondere, da parte dei comuni, a misure di riduzione della pressione fiscale (con tagli ai costi alle imprese o una serie di sconti). Questa una strada da percorrere ma non certo l’unica per tornare alla qualità di cui abbiamo bisogno. In un ragionamento semplicistico, più turisti arriveranno più il flusso della tassa di soggiorno aumenterà e le risorse potranno convogliarsi sull’ammodernamento dei servizi. Ergo, ancora una volta qualità. Ci serve perciò un nuovo modello sviluppo a livello locale. Ci servono persone capaci di leggere in certi fatti la drammaticità del presente e pensare alle soluzioni. Ci servono menti aperte in grado di abbandonare i vecchi modelli perché obsoleti. Ci serve creatività. Ancora. Prioritario è costruire la relazione tra «mobilità», «urbanistica» e «ambiente», e tra i sotto temi introdurre il recupero delle zone urbane più marginali per riqualificarle, il car sharing e progetti di economia partecipativa, come dimostrato dal «Festival dell’economia civile e della felicità pubblica» che si è svolto nei pressi di Firenze dal 17 al 19 novembre. Argomenti nuovi, insomma, in prossimità delle amministrative, l’anno prossimo a maggio, devono entrare nell’agenda se chi si appresta a governare Ischia vuole essere credibile. Altrimenti lasciatelo stare. L’idea deve passare non solo per la buona volontà dell’amministratore – che da sola non basta- ma per una buona capacità di applicazione e relazione chiamando perciò gli altri amministratori a intervenire. Perché i destini dei comuni sono legati e ragionare solo entro i termini del proprio non fa bene a nessuno dei quasi 70 mila cittadini di questo scoglio.
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