Foibe, le voci del silenzio

10 febbraio - IL GIORNO DEL RICORDO. Nel 1945-46 i massacri comunisti nelle Terre Irredenti della Venezia Giulia – Un capitolo amaro della storia italiana silenziato a lungo dal P.C.I. – Anche nell’Isola d’Ischia presenze Istriane nel fosco panorama dell’esodo da Fiume, Pola, Trieste…

Dobbiamo essere grati all’ingegnere navale Admeto Verde, foriano doc ma residente nel Comune di Monte di Procida, se siamo venuti a conoscenza di preziose notizie riguardanti “vicende fiumane e dalmate” che ben si collegano in quel contesto più ampio delle “Foibe” della Venezia Giulia di cui il dieci febbraio si celebrerà in tutta Italia l’annuale ricorrenza che va sotto il nome di “Giorno del Ricordo”. Trattasi di intere famiglie di origine Istriana, giunte a Ischia fin dai primi anni dell’anteguerra e che anticiparono il vero e proprio esodo dalle terre giuliane di italiani perseguitati, scacciati dalle loro case e uccisi barbaramente in molte località del Friuli Venezia Giulia dai comunisti jugoslavi e italiani per poi essere gettati nelle cavità carsiche dette “Foibe”.

Dopo la Shoah, un altro genocidio di esseri umani, “colpevoli” soltanto di rivendicare i territori italiani carpiti con la forza dall’Austria e dalla Jugoslavia e nello stesso tempo tenaci oppositori del regime fascista, fu portato a termine con inaudita ferocia e consapevole determinazione dal Partito Comunista di Tito e dal PCI di Togliatti, Amendola, Ingrao e Pajetta in quell’anno cruciale del 1945-46 che viveva la fine del secondo conflitto mondiale.

Un’anedottica rigorosa e particolareggiata, raccontata da testimoni sopravvissuti alla furia bestiale dei carnefici, fiorita dopo alcuni anni di “misterioso silenzio” su quello che sembrò a prima vista un regolamento di conti fra comunisti e fascisti, ha portato alla luce una realtà storica ben diversa, complessa e dolorosa (una vera e propria guerra civile) che molti storici, giornalisti, politici e perfino sopravvissuti agli eccidi avevano in qualche modo coperto con il velo pietoso dell’oblio!

Istriani a Ischia

Già nel corso del conflitto mondiale (1942-43) Italiani dell’Istria sono presenti a Ischia non per persecuzioni, ma per motivi di lavoro. Il rappresentante di commercio Auro Perusco, fiutato i venti di tempesta in arrivo nella Venezia Giulia “riparò” a Napoli con la moglie Adriana evitando le future persecuzioni dei comunisti. Qui conobbe il medico foriano Francesco Verde, già sindaco di Monte di Procida, con cui strinse una forte amicizia e si avvalse anche di cure specialistiche che il valente professionista non gli fece mai mancare. Particolare curioso: la moglie del dottor Verde, Anniria Garofalo, era figlia di un istriano doc, il militare finanziere Piero, trasferito da Rovigno a Sant’Angelo, paesello di pescatori, dove nacque Anniria nel 1943. Un altro finanziere, Cristoforo Budicin ,sempre di Rovigno fu trasferito a Panza (Casale di Forio) dove costruì dopo la guerra la Pensione “Miralisa”.

Per un caso fortuito altri istriani –dopo la guerra- si stabiliranno a Ischia, come buona parte dell’equipaggio della nave Abbazia noleggiata e infine acquistata dalla Span dalla società di Navigazione Fiumana nel 1946.

Gli eccidi nelle cavità del Carso

Tutto ha inizio alla fine del mese di aprile del 1945; , le armate tedesche si sono arrese agli Alleati e nel territorio Istriano, a Trieste e Gorizia dilagano le truppe del maresciallo Tito che si danno subito ai saccheggi e alle esecuzioni capitali sotto gli occhi dei complici “partigiani comunisti” italiani, che incitano alla soppressione dei loro stessi fratelli. Il Partito di Togliatti ha già in mano le liste di proscrizione degli avversari politici da liquidare, ma intanto lasciano fare a quelli della stella rossa iugoslava, belve autentiche assetate di sangue e di bottino a buon mercato. Iniziano i rastrellamenti nelle città della Venezia Giulia e nei paeselli delle periferie, non molto dissimili da quelli operati dai nazisti e dai fascisti nel corso della guerra.

Migliaia di infelici vengono arrestati, caricati sui camion e avviati verso le borgate di Bosovizza, Semez, Gropada, Cernovizza, Raspo, Zavni, Vines, Surani, Odolina, Capodistria… Centinaia di crepaci, pozzi, voragini attendono di essere colmati dalle vittime designate e da persone innocenti fatti arrestare da delatori che approfittano del momento favorevole per vendicarsi di qualche offesa patita. In seguito anche i comunisti italiani completano gli eccidi seguendo le stesse modalità di esecuzione sommaria; una scarica di mitra sui morituri allineati sui ciglioni dell’abisso. Donne , soldati, sacerdoti, funzionari, ex amministratori comunali, impiegati e gente comune vengono giustiziati senza un processo regolare, senza ascoltare ragioni, senza indagare su quella moltitudine, rea di essere anticomunista e di rivendicare l’appartenenza alla nazione italiana in quelle terre di frontiera che Tito vuole strappare con la forza e la tacita acquiescenza degli Alleati.

Nel 1946-47 , sulla scorta delle testimonianze di molti sopravvissuti e dei familiari e parenti delle vittime, presero avvio le indagini della magistratura e della…”politica”! Palmiro Togliatti, ministro della giustizia, varò i famosi Decreti per l’amnistia dei “delitti di guerra” e salvò in modo ignominioso gli assassini delle Foibe. Pochi pagarono a caro prezzo l’uccisione di tanti innocenti per merito di qualche magistrato coraggioso che volle andare fino in fondo e scovare i criminali protetti dal partito comunista.

La pagina rossa che gronda sangue italiano non è stata ancora chiusa, nel senso che molti storici lavorano ancora per dare un nome alle vittime e un volto agli assassini, non tanto per assicurarli alla Giustizia (ormai sono tutti morti!) quanto placare con ottanta anni di ritardo le cosiddette “Voci del Silenzio” che hanno atteso, semmai dalla Storia e dalla umana Pietà, il Ricordo del loro martirio.

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