Festa della Donna sempre: “L’eterno femminino ci trae in alto” di Goethe
“Dio è papà, più ancora è madre” all’Angelus 10.09.1978 di Papa Giovanni Paolo I
di PASQUALE BALDINO e i suoi Tralci
L’8 marzo ricorda la significativa tradizione della “Festa della donna” per commemorare le operaie morte durante un incendio nella fabbrica di New York in cui lavoravano: il triste episodio avvenne proprio l’8 marzo 1908. Le 129 operaie morirono, arse dalle fiamme. Successivamente Rosa Luxembourg propose questa data come giornata di lotta internazionale a favore delle donne in ricordo della tragedia. L’8 marzo assume dunque importanza mondiale, divenendo la ricorrenza-simbolo delle vessazioni che la donna ha subito nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il loro riscatto. In Italia la giornata della donna è diventata una celebrazione regolare solo a partire dal 1946 e furono proprio le donne italiane a dare un tocco di originalità a questo giorno associandolo ad un fiore.
Il suo fiore è notoriamente la mimosa, un fiore economico che cresce spontaneamente e sboccia a fine inverno e con il loro colore giallo paglierino smorzano il grigiore dell’inverno per portare l’allegria di vita della primavera e, quindi i fiori della mimosa significano forza feconda e delicato profumo di femminilità capace di fiorire anche in terreni difficili, alla resilienza delle donne per la capacità di rialzarsi dopo ogni difficoltà. Infatti, nonostante la sua fragilità apparente riesce feconda in ogni condizione d’ambiente. Da anni per la ricorrenza della Festa della donna gli appassionati si recano -con nostro piacere- a raccogliere i rametti per dono verso chi come la donna: “L’eterno femminino (latino ‘femininus’= femminile) ci trae in alto”, espressione ideata dallo scrittore tedesco Johann W. Goethe (28.08.1749 – 22.03.1832) nel quinto atto del “Faust”, il cui spirito viene assunto in Cielo e Goethe richiama quale causa della sua salvezza la figura di Margherita, che s’innamora di Faust. L’amore e la donazione di sé costituiscono per Goethe “l’eterno femminino” che ci fa salire in Cielo: l’eterno femminino è simbolo della trascendenza dell’amore umano. Del resto lo ripetiamo volentieri: amore deriva dal latino “ad-mori”= a immolarsi, a morire. L’Assunzione di Maria SS celebra la Donna come cooperatrice privilegiata di Cristo nell’opera della Redenzione: quindi Maria SS Corredentrice. E’ la Donna dell’Apocalisse (cap. 12) vestita di Sole con la luna (storia, ndr) sotto i piedi e la corona di dodici stelle (i salvati) intorno al capo, che mette in salvo il figlio minacciato dal dragone rosso. E’ la Donna di cui Dante scrisse nel 33° canto del Paradiso: “Donna se’ tanto grande e tanto vali/che qual vuol grazia e a te non ricorre/sua disianza vuol volar senz’ali”. Forse gli adoratori consumistici di oggi non guardano al cap. 12 dell’Apocalisse, ma a quello 17 della “grande meretrice”. All’Angelus del 10.09.1978 parlò il Papa Servo di Dio Giovanni Paolo I (durò circa un mese: “De medietate lunae”), il quale disse: “Dio è papà, più ancora è madre”. Nel Protovangelo del Libro della Genesi 3,15 il Signore Dio disse al serpente: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu se insidierai il calcagno”. L’uomo ingannato e ribelle a Dio, perde i suoi privilegi ed è ridotto ai suoi limiti. La Nuova Eva, la Donna vestita di Sole è destinata dal Disegno di salvezza e redenzione a restaurare quello stato primitivo nella Nuova Creazione di Gesù Cristo suo Figlio Divino. E questa è l’autentica Festa della donna cooperatrice di Gesù e Maria ! Maranathà !