Continuano i conflitti interni, sull’isola. In ogni amministrazione, quasi fosse una malattia cronica e accettata da molta della classe dirigente che siede nei governi comunali e che spesso la confonde con la dialettica tra le parti, c’è qualcosa che non funziona. È figlia d’interessi contrastanti o di personalismi che trovano sbocco nella gestione delle proprie aree di competenza, come l’acqua delle fogne sgorga dai tombini nei giorni di pioggia. Si potrebbe pensare che sia normale e invece no, non dovrebbe esserlo. Specie poi in clima elettorale, bisognerebbe evitare dichiarazioni per pubblicizzare prodotti o persone – o amministrazioni – e fare qualcosa che valga davvero la pena di esser seguito. A poco meno di un anno dalle elezioni di Ischia si fanno largo idee, progetti e squadriglie di personaggi con l’intento di stringere relazioni e di mettere le mani e il culo sulle sedie in consiglio comunale. Poche volte riusciamo a esser testimoni di risultati che vale la pena citare. Scusate una breve parentesi. Voglio rinnovare gli auguri a Gianni Sasso che ha partecipato alle para olimpiadi di Rio. Siamo tutti orgogliosi del suo risultato come della tenacia che ha dimostrato non solo durante una durissima gara ma negli anni che hanno accompagnato la sua preparazione meticolosa. È stato l’attore delle nostre emozioni in cui trova spazio pure il sentimento di comunità. Se pensate che sia facile passare in modo repentino da uno sport all’altro, cercando di non perdere ma anzi guadagnare tempo e istanti preziosi, sbagliate. Gianni, il “nostro” atleta, ha affrontato la sfida più dura. Vale a dire quella con se stesso. Badate, non ho detto “contro se stessi” che va in opposizione. Si tratta invece dell’affermazione di se a dimostrazione che è possibile raggiungere risultati impossibili e che forse lo sono solo nella nostra testa. Che il concetto di ”normalità” è relativo e ci limita nella capacità di poter superarne i confini, sia individuali e sia quelli che hanno il fulcro nel benessere collettivo, con azioni che hanno un senso. Questa in sintesi dovrebbe essere la lezione e forse si tratta di quella più importante che ci ha dato il “nostro” Gianni e varrebbe la pena di applicarla, sempre. Chiusa parentesi. Mentre c’è chi tenta di inaugurare una nuova stagione di ripascimenti – la cifra tra i 64 e i 90 milioni di euro fa venir fame tanto ai comuni quanto agli amici degli amici e compagni di merende, comprese spiagge e parchi termali –, un’altra notizia passa da bocca a orecchio tra la gente. Riguarda l’ipotesi, chiamiamola così per il momento, di realizzare un piccolo porto – forse con pontili galleggianti – “sotto” al Castello Aragonese perché si vorrebbe favorire l’attracco dei Mega Yacht. Luigi Di Vaia attraverso la sua pagina facebook ha detto che «non esiste un progetto ma solo uno schizzo dell’ufficio tecnico allegato a una vecchia richiesta di parere all’autorità marittima». Non voglio entrare nel merito se non dopo aver visto qualcosa di più preciso. La prima riflessione che si fa spazio, però, è la certezza, in questo caso, che si rischierebbe di compromettere la storia del borgo che anzi andrebbe tutelato dando enfasi proprio all’aspetto identitario. Per far ciò bisogna abbandonare qualsiasi desiderio di scimmiottare un porto qualsiasi della Costa Azzurra. Un progetto di qualche anno fa, che prevedeva colate di cemento a Ischia Ponte sempre per farne un porto, fu bloccato dagli abitanti e dalle associazioni del borgo. E menomale. A quanto sembra invece la voglia di materializzare la bruttezza è una tradizione che abbiamo scolpita nel DNA. Parafrasando Dario Della Vecchia pensate cosa accadrebbe se ai capresi venisse il guizzo creativo di realizzare un porto sotto i Faraglioni! Sarebbero idioti, aggiungo io, fornendo prova di un’inefficienza su più lati. In linea con un pensiero già espresso da altri, sono d’accordo all’opposto con la possibilità di dare attenzioni e rivisitare la zona dove oggi sorge quel “meraviglioso parcheggio”, per farla diventare “porticciolo” e renderla a dimensione di ciò che ci serve. Si potrebbe completare l’opera lasciando il Borgo interamente pedonale mentre a esaudire le esigenze di residenti e turisti, potrebbe istituirsi un servizio navetta. Ci troveremmo di fronte a una vera rivoluzione democratica che per affermare se stessa fa a botte con vecchie maniere tese soltanto alla ricerca del profitto. Lo stupro del Fungo con la famosa gestione del porto, come degli abitanti di Lacco Ameno, è un fulgido esempio di una tradizione diffusa, fondamentalista e clientelare che ancora non abbiamo imparato ad eliminare alla radice. Il segno, comunque, che ci contraddistingue è la mancanza d’indignazione nelle politiche interne. In cui la corruzione nella certezza di far bene a volte si declina e rovina le relazioni e il pensiero. Mentre a Capri gli amministratori di concerto con la locale Federalberghi e le associazioni di categoria, prolungano la stagione delle vacanze fino a dicembre, introducendo una graduale destagionalizzazione dei flussi turistici e tutelando allo stesso tempo l’identità ampliando i servizi, a Ischia pensiamo alla costruzione di porti, ai profitti che porterebbero e al desiderio di usare uno scenario unico per snaturarlo e farlo diventare un’altra cosa. A dimostrazione che siamo bravi a farlo e che invece di affrontare la sfida con noi stessi e cercare il bello con l’affermazione funzionale di opere ma senza pretese di trasformazioni inutili, siamo pieni di un energico vitalismo autolesionista. Purtroppo dimostra pure che continua a mancarci una vera e propria idea sulla politica di sviluppo e di quei disegni progettuali che popolavano le campagne elettorali di qualche tempo fa abbiamo perso definitivamente le tracce.